ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su The Regime, la serie di fantapolitica della HBO.
Quando abbiamo letto di una serie tv sulla politica, con Kate Winslet e Matthias Schoenaerts come interpreti principali, la HBO come casa di produzione e il Will Tracy di Succession come sceneggiatore, siamo saltati dalla poltrona e abbiamo contato i giorni che mancavano all’uscita di The Regime – Il palazzo del potere. Le premesse erano ottime, considerando il valore delle personalità coinvolte nel cast e nell’equipe della serie. Sei episodi, andati in onda su Sky Atlantic in Italia, che avrebbero dovuto mettere in luce le assurdità della politica, suggerendo riflessioni e alternandole con una bella dose di satira fatta bene. Era lecito dunque che le aspettative fossero piuttosto alte.
In verità, però, nessuno sapeva esattamente cosa fosse The Regime.
E forse non lo sappiamo neanche adesso, dopo aver visto le sei puntate andate in onda settimanalmente su Sky. La serie è ambientata in un regime fittizio del centro Europa, ai giorni nostri. Si parla di virus e contagi, di economia che crolla, di rivendicazioni territoriali, di disoccupazione e malcontento popolare. Ci sono i media con il loro potere di persuasione, le interviste “riparative”, la propaganda del palazzo. Gli Stati Uniti sono tacciati di superbia, alla Cina vengono addebitati tutti i mali del mondo. L’Europa approva le sanzioni, gli organismi di governo sovranazionali appaiono come ipocriti e infidi vassalli di una politica internazionale gestita da pochi autocrati. Il mondo immaginato da The Regime mette insieme le varie facce della nostra realtà.
Non solo: a guardare la scenografia, il design dei palazzi, l’abbigliamento dei personaggi o le frequenti citazioni, la serie sembra provare a pescare dalla storia europea i vari prototipi di governo autocratico. Accompagnando i personaggi nelle loro brevi passeggiate al di fuori del palazzo, si ha l’impressione di essere confinati talvolta nei cerimoniali della monarchia inglese, altre volte nella vecchia e assolutistica Francia, altre volte ancora in uno Stato nordeuropeo, come fosse la scenografia di Occupied, e così via. The Regime vuole parlare della politica. Di tutta la politica.
Pizzica spunti qua e là, tra argomenti scottanti e topoi vecchi di secoli, per provare a tratteggiare l’ascesa e la caduta di un piccolo governo tirannico all’interno dello scacchiere internazionale.
La protagonista assoluta di questa parabola discendente è Elena Vernham, interpretata da Kate Winslet. La Cancelliera è una donna instabile e volubile, piena di assurde fissazioni, come quella di misurare l’umidità delle stanze del palazzo prima di entrarvi. È eccessivamente ipocondriaca e ha un’influenza negativa su tutti coloro che la circondano e che finiscono quasi sempre per assecondarla. Paranoica fino allo stremo, la Cancelliera perde spesso il contatto con la realtà e preferisce confinarsi all’interno del proprio palazzo piuttosto che metterne il naso al di fuori. In The Regime non la vediamo quasi mai interagire col suo popolo. È tutto focalizzato su di lei, in una maniera così morbosa che tutto il resto semplicemente svanisce. Mentre le sue fissazioni, le sue paure e i capricci costanti vengono ingigantiti in maniera caricaturale.
The Regime finisce così per essere un’opera farsesca.
L’intento parodistico estremizza le assurdità, rende tutto una goffa commedia, uno scherzo. Le manie della Cancelliera vengono tamponate dal pugno fermo del caporale Herbert Zubak (Matthias Schoenaerts), soprannominato “il Macellaio” per aver ucciso dei lavoratori in una miniera di cobalto durante una protesta. Zubak entra in punta di piedi nel Palazzo del potere, ma poco alla volta riesce ad estendere la propria influenza sulla Cancelliera, fino a diventarne il più fidato consigliere. Nei primi episodi di The Regime, sembra essere Zubak quello che ha realmente il controllo della situazione. Sulla Cancelliera, così come sui suoi consiglieri.
Chi è l’oppresso e chi l’oppressore? Chi mantiene le redini del grande gioco? Se il rapporto di forza tra i due personaggi principali si capovolge costantemente, al di sopra della Cancelliera non si capisce chi ci sia veramente. Chi è il grande manovratore di pedine? Alla fine dello show, lo spettatore resta un po’ confuso. Ma è forse questa l’intenzione di The Regime. Il potere, quello vero, non ha un solo volto. È evanescente, onnipresente, immateriale e indefinito. Ma riesce a decidere del destino dei singoli e delle moltitudini. Il racconto assurdo di The Regime vuole mettere in guardia sulle devianze del potere. Quando sembra che tutto stia per cambiare, in realtà non cambia nulla.
È qualcosa che ha a che fare con la ciclicità della storia e la ripetitività di certe dinamiche.
Il potere conserva se stesso. È stasi, se non addirittura involuzione. Ma difficilmente miglioramento. Sembra essere questo il messaggio di fondo che The Regime vuole mandare. Perché un’opera di fantapolitica ha sempre un messaggio da lanciare. La serie HBO però non è brillante, non è corrosiva, non è geniale. I personaggi, forzatamente macchiettistici, non riescono a entrare in sintonia col pubblico. Il caporale di Matthias Schoenaerts, per quanto interessante, perde la sua complessità negli scatti d’ira, nelle perversioni e nelle insicurezze che mostra di continuo in maniera esagerata. Gli altri individui che popolano il palazzo di The Regime non hanno il tempo di essere approfonditi a dovere – malgrado la lunghezza delle sei puntate! – e finiscono per essere un condimento scialbo al servizio della pietanza principale.
Anche il personaggio della Cancelliera ha i suoi difetti. Ma una splendida Kate Winslet riesce tutto sommato a farli dimenticare.
L’attrice, che ha ricordato il successo dopo Titanic, sa essere tanti personaggi con una sola interpretazione: egocentrica e arrogante, fragile e insicura, divertente e dispotica, scaltra e manipolatrice. Ansiosa – e ansiogena -, la Cancelliera ha continui sbalzi d’umore, che la portano a passare dai toni drammatici a quelli demenziali nel giro di qualche scena. E Kate Winslet è riuscita a padroneggiare tutti i ruoli restando sempre credibile. Ma The Regime purtroppo non va oltre questo. La satira che vorrebbe tratteggiare alla fine risulta inefficace. I personaggi restano distanti dal pubblico – il cameo di Hugh Grant è infilato quasi a caso in una trama che non si dà il tempo per maturare – e la trama non attecchisce. The Regime non sa essere né una tagliente satira politica, né un prodotto che vira sapientemente su toni drammatici. Vorrebbe essere entrambe le cose, ma fallisce su tutti e due i fronti.