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The Sandman -La Recensione dell’ambiziosissima Serie Tv Netflix

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L’umanità si adagia sulla convinzione che il mondo della veglia sia il “mondo reale”. Che tutto ciò che accade quando posiamo la testa sul cuscino e ci abbandoniamo all’inconscio sia un piccolo e irrilevante frammento, un margine trascurabile rispetto alla vita che viviamo da svegli, con gli occhi aperti e i piedi saldamente poggiati a terra. Invece, quello che esploriamo quando ci addormentiamo è tutto un altro mondo: il regno del Sogno, uno sconfinato non-luogo dominato da libertà e avventura, popolato da incubi e fantasie, un reame senza confini in cui tutto diventa possibile e in cui paure e speranze assumono forme, colori, sembianze umane. The Sandman apre le porte di questo mondo sterminato e pieno di sorprese e ci mostra il volto del suo sovrano, Sandman appunto, o più semplicemente Sogno, Morfeo. Comunque lo si voglia chiamare, il personaggio a cui dà il volto Tom Sturridge è un combinato di mitologia, dark novel e fantasy attorno al quale è disegnata tutta l’opera.

Erano trent’anni che i fan di Neil Gaiman aspettavano questo momento. The Sandman è il suo fumetto più bello, una pietra miliare nell’universo dei graphic novel, un lavoro che ha rivoluzionato la produzione di fumetti e che ha lasciato i suoi lettori in paziente attesa per quasi trent’anni. La serie, disponibile dal 5 agosto su Netflix, è la riuscitissima trasposizione televisiva delle tavole di Gaiman, che è stato interpellato qui come sceneggiatore e produttore esecutivo. Riuscitissima perché la fedeltà al fumetto è tale da convincere i fan, solitamente pronti a storcere il naso quando si tratta di riadattamenti televisivi di opere letterarie, che le imperfezioni siano talmente minime da poter essere trascurate. E che i punti di forza di questa serie superino abbondantemente quelli deboli. Era il 1988 quando usciva il primo albo della serie di graphic novel su Sandman, il primo di oltre settanta che hanno accompagnato una folta schiera di appassionati lettori per tutta la prima metà degli anni Novanta.

Ora Netflix, in accordo con la Warner Bros. che ne deteneva i diritti, vorrebbe fare di The Sandman la nuova The Witcher, cercando di infilarsi con un titolo spumeggiante nella serrata concorrenza di fine estate, che vede House of Dragons e Il Signore degli Anelli come le proposte più attese.

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La serie vanta un cast folto e con un paio di nomi noti, a partire da Gwendoline Christie e Charles Dance (Game of Thrones), ma anche Kirby Howell-Baptiste (Cruella) e Boyd Holbrook (Narcos), spaziando per un vasto campionario di interpreti più o meno conosciuti. Allan Heinberg invece, che ha lavorato a film come Wonder Woman e a serie tv come The O.C., Sex and the CityUna mamma per amicaGrey’s Anatomy e Scandal, ha curato la sceneggiatura insieme a David S. Goyer (Call of Duty, Batman, Fundation, Dark City). The Sandman si riallaccia al fumetto di Gaiman riproponendone fedelmente le trame: il sovrano del regno dei Sogni viene catturato e imprigionato nel 1916 da uno stregone che lo aveva evocato per sbaglio in un rito esoterico. Sogno trascorre oltre un secolo in cattività, prima di essere liberato e di avere la possibilità di tornare nel proprio regno. La sua assenza si è fatta sentire non solo nel mondo reale, dove centinaia di migliaia di persone sono rimaste intrappolate nel sonno senza avere la possibilità di risvegliarsi, ma anche nel Regno dei sogni, abbandonato da quasi tutte le creature e destinato ad un lento declino.

Una volta liberato, Sogno cerca di recuperare i propri strumenti – la sabbia magica, una maschera e un rubino speciale – e di rimettere ordine nel suo reame. E dunque la prima parte della serie è tutta orientata in quella direzione. The Sandman è però un’opera stratificata, che si scinde in piccoli nuclei narrativi che prendono corpo e forma nei singoli episodi di pari passo con la trama principale. La storia si frammenta e si moltiplica, lasciando il protagonista libero di muoversi tra dimensioni, epoche e situazioni diverse. Il principale filone narrativo si chiude inaspettatamente già al quinto episodio: Sogno recupera tutti i suoi strumenti e fa ritorno nel proprio reame dopo aver battuto Lucifer in una brillante singolar tenzone “poetica”. Il resto del racconto si discosta dall’incipit e segue strade diverse, come se la serie fosse effettivamente divisa in due parti, con la principale tutta concentrata nei primi cinque episodi e la restante nelle puntate successive. L’apparizione di Morte, i salti nel passato di Sogno, la ribellione di Corinto, il tragico destino della giovane Rose Walker – il “Vortice” – e la complicata relazione tra i Sette Eterni – Morte, Sogno, Destino, Desiderio, Disperazione, Distruzione e Delirio – sono tutte sottotrame che occupano gli ultimi episodi della serie – e che, molto probabilmente, apriranno le porte alla seconda stagione.

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The Sandman può sembrare un’opera dispersiva per chi non ha confidenza con le tavole di Gaiman, ma riserva ugualmente momenti di struggente profondità. Momenti nei quali può perdersi chiunque, perché in fondo questa è una storia che parla a noi, alle nostre granitiche speranze e alla nostra immensa vulnerabilità.

Per i fan del graphic novel, The Sandman è manna dal cielo. Negli ultimi trent’anni sono stati abbozzati vari tentativi di trasposizione del fumetto di Gaiman. Già negli anni Novanta si parlava di un film ispirato alle tavole del fumettista britannico – tentativo poi abortito definitivamente – e a più riprese le case di produzione avevano mostrato interesse al progetto. Persino la HBO parve lavorarci in un periodo, poi non se ne fece più nulla. Trent’anni dopo dunque, uno dei pilastri della cultura pop di fine secolo ha trovato finalmente la via della televisione. E che via: Netflix, che deve fare i conti con un calo degli abbonati, ha puntato su The Sandman per battere un ulteriore colpo – dopo il successo di The Witcher – nel campo della mitologia fantasy. La serie entrerà nella disponibilità non solo dei lettori di Gaiman, ma di un pubblico notevolmente più vasto. E questo potrebbe essere un problema perché, per chi è a digiuno delle trame del graphic novel, The Sandman potrebbe risultare alla lunga un prodotto un po’ noioso e dispersivo.

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Il grande punto di forza della serie è il fascino visivo che rispecchia del tutto quello delle tavole del fumetto. La storia è semplificata per arrivare a un pubblico più vasto, ma per chi non ha mai visto una sola vignetta di Sandman, dieci episodi così frammentari sono eccessivi. Il rischio per Netflix è che lo show finisca per rivolgersi solo a un pubblico di nicchia, faticando invece a conquistare l’ampia massa di utenti dai gusti più variegati che si riversa sulla piattaforma. The Sandman è quindi un’ottima serie per gli appassionati del fumetto, che anzi saranno elettrizzati per il buon risultato venuto fuori dalla trasposizione televisiva. Ma la restante fetta di pubblico potrebbe guardare a questo prodotto con un misto di curiosità e rigetto, perdendosi tra i mille rivoli della trama. Al di là di valutazioni di questo tipo però, Netflix è stata in grado di mettere a segno un altro punto notevole nella sua offerta di prodotti di qualità e certamente ne saranno contenti gli appassionati del genere fantasy in generale. È presto per parlare di nuova The Witcher, ma a The Sandman qualità e originalità non mancano di certo.

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