The Serpent è appena atterrata nella piattaforma streaming Netflix e lo ha fatto facendo molto rumore. La sua storia – basata su eventi reali – si concentra sulla vita e le varie truffe di Charles Sobhraj, un truffatore omicida che uccideva i turisti che incontrava per rubare loro l’identità (se vi interessa il genere, qui troverete delle Serie Tv che fanno al caso vostro!).
Dare vita a una Serie Tv in cui si unisce una storia vera a un’omicida è sempre un’idea che scaturisce un ampio livello di interesse. Il livello di interesse per comprendere i fatti, la psicologia del killer e la ricostruzione della sua vita: tutto non fa altro che ancorarci alla storia che abbiamo di fronte.
Proprio per questo motivo The Serpent vince. Racconta una storia che coinvolge un numero illimitato di persone: chi è suo complice, chi è sua vittima, chi lo ama ma ne ha paura, chi lo disprezza e non sa come liberarsene, chi cerca di incastrarlo. All’interno della serie c’è tutto, ma proprio tutto. Forse troppo.
Qualcosa, infatti, è andato storto all’interno di The Serpent. Quel tutto di cui si è vestito a un certo punto gli si è voltato contro e l’ha disintegrato.
Come già anticipato, la serie segue le vicende di Charles Sobhraj, un assassino, ladro che negli anni ’70 si celava sulla via degli hippie in Asia. Sui suoi passi c’è Herman Knippenberg, il gatto che in The Serpent è pronto a catturare il topo in nome della giustizia e dell’umanità.
L’umanità: tutto quello che Charles non ha mai conosciuto. Di fianco a sé ha una moglie meravigliosa, devota a lui, che è pronta a sostenere tutto il peso dei suoi crimini pur di stargli accanto. E proprio lei, con questo trambusto di sentimenti contrastanti ma chiari di amore, diventa a tutti gli effetti il personaggio più interessante della serie. La sua paura è tangibile nonostante in ogni episodio venga ricoperta da tutto quell’amore disperato che prova per il marito che – sa benissimo – sarebbe pronto a sacrificarla nel nome degli affari. La guardiamo affascinati perché sembra sempre sul punto di scoppiare, di fare un gesto che mandi tutto all’aria. Non sappiamo quando accadrà o se accadrà, ma siamo consapevoli che il personaggio che abbiamo di fronte non è altro che un vulcano che sta per esplodere.
Marie-Andrée vince a mani basse contro tutti i personaggi, anche contro il protagonista per eccellenza.
Sappiamo quanto Charles Sobhraj sia apatico, privo di sentimenti, narcisista e pericoloso. Lo sappiamo perché lo vediamo, perché assistiamo ai suoi omicidi e lo vediamo mentre cerca di raggiungere i suoi obiettivi fingendosi amico delle sue vittime con il solo scopo di fregar loro l’identità. Ma tutto quello di cui siamo a conoscenza è, di base, un fattore scontato. Spiegandoci meglio: siamo consapevoli che il serial killer sia così, perché è così che deve essere. Diamo per scontata la sua apatia perché l’interpretazione che abbiamo di fronte è sempre uguale: pacata, calma, infrangibile. L’attore – Tahar Rahim – riserva sempre la stessa zolfa che però, sappiamo bene, sia completamente diversa dal personaggio reale di Charles che nella sua vita non ha mai cercato altro che il brivido, la festa, l’allegria senza alcun rimorso per le sue azioni.
Thar Rahim in un certo senso cambia l’anima di Charles e ci dà in pasto un’interpretazione statica che non ci rivela nulla del truffatore. Ciò che sappiamo lo diamo per ovvio dati i numerosi silenzi, per la sua totale assenza di parole che non costruiscono nessun’essenza psicologica.
The Serpent sceglie di raccontare la propria storia con dei viaggi all’interno del tempo che, scena dopo scena, ci portano in momenti totalmente diversi.
Questa struttura – che viene utilizzata per l’intera durata della serie – non fa altro che interrompere i momenti che The Serpent costruisce. Distrugge la continuità e ci estranea dalle vicende che si susseguono una dopo l’altra. Veniamo catapultati in momenti che respirano un’aria completamente diversa e ci costringono a perdere il filo della narrazione.
Riuscire a mantenere un’atmosfera coerente è fondamentale all’interno di una Serie Tv. Cercare di destreggiarsi in momenti opposti che raccontano due punti di vista diversi (da una parte abbiamo la vita di Charles; dall’altra quella del suo inseguitore) non è sempre semplice come potrebbe apparire. Nonostante il filo conduttore tra i diversi luoghi temporali ci sia, l’atmosfera della serie sembra sempre escluderci, farci sentire un in più. Nulla è mai familiare, e le facce che vediamo non si soffermano mai sulla propria identità.
Chi sono tutti questi personaggi? La serie non lo dice. Nessuna identità, eccetto quella di Marie-Andrée viene effettivamente sviscerata, studiata e analizzata.
Eppure, nonostante questa superficialità, The Serpent ha un asso vincente: la sola esistenza della trama. La Serie Tv original Netflix si propone l’obiettivo di raccontare una storia che alla fine viene raccontata (qui troverete il racconto della storia vera dell’omicida). Lo fa servendosi di lentezze che non covano nessuna profondità da cogliere, lo fa destreggiandosi tra momenti in cui non succede assolutamente nulla e altri in cui tutto capita tutto insieme. Vince perché racconta una storia che interessa e non è importante come effettivamente decida di raccontarla per lo spettatore.
Lui voleva solo conoscere la storia di Charles Sobhraj e The Serpent lo accontenta. Gli dà una serie di informazioni che tra di loro riescono nell’effettivo a legarsi e formare realmente una storia. Non lasciano spazio ai dubbi sugli eventi che si susseguono e portano a compimento la narrazione che si erano prefissati di mettere in scena. Lo hanno fatto in maniera superficiale, sicuramente spesso anche confusionaria, ma lo hanno fatto e questo basterà per suscitare l’interesse nel telespettatore. La vera sfida, però, sarà riuscire a fargli finire tutti e otto gli episodi.