ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulle prime due puntate di The Studio!!
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La risposta della serialità americana alle varie versioni di Call My Agent? Ci ha pensato Apple TV+, con una serie tv diretta dalla coppia Seth Rogen ed Evan Goldberg. Un prodotto frizzante, allegro, luminoso. Una satira morbida, leggera, che riesce a essere incisiva anche se non è cattiva e dissacrante. The Studio è il racconto del dietro le quinte della più mastodontica industria delle arti visive: Hollywood. Di solito siamo abituati a guardare quello che c’è davanti. Questa serie tv invece sbircia dietro le telecamere, si intrufola sui set, negli studi di montaggio, negli uffici della produzione. Inquadra gli attori non in quanto personaggi ma come interpreti di se stessi.
In The Studio c’è una serie impressionante di guest star, volti noti dello spettacolo che si sono prestati al progetto. Già il pilot ne sfodera un paio di altissimo livello, ma basta leggere la lista completa dei cameo per capire che ci sarà da divertirsi. Attori, registi con troupe al seguito, agenti, produttori e responsabili del marketing: lo show è costellato di figure che popolano lo sfavillante mondo dell’industria cinematografica. Figure perlopiù invisibili agli occhi del pubblico, ma che invece sono fondamentali nel processo di realizzazione di un film.
Tutte rotelline di un grosso ingranaggio che produce a un ritmo martellante.
E a capo di questa catena di montaggio ci sono i direttori dello studio, quelle persone che hanno il potere di decidere quali storie diventeranno un film e quali rimarranno solo un progetto abbozzato. Matt Remick è uno degli uomini che contano a Hollywood. Il pilot di The Studio, attraverso un lungo piano sequenza, ci mostra come il protagonista della serie venga promosso a capo della Continental Studios. Una promozione da sempre agognata. Uno scatto di carriera cercato, sudato, bramato con tutte le forze. Matt si ritrova a dirigere uno dei più grossi studi di produzione di Hollywood. Per chi ha lavorato per decenni in quel campo, è la realizzazione di un sogno.
Se come Matt hai sempre amato il cinema, si tratta dell’occasione della vita. In qualità di capo dello studio, il protagonista ha la chance di apporre la propria firma su qualcosa di grande, qualcosa che possa segnare la storia del cinema e delle arti visive in generale. Le ambizioni romantiche di Matt Remick fanno però a cazzotti con un’altra esigenza dell’industria cinematografica: fare soldi. Tanti soldi. Griffin Mill (Bryan Cranston) ha scelto di mettere Matt alla guida dello Studio perché gli garantisca un avvenire di successi al botteghino. E ciò che fa strappare i biglietti e lievitare gli incassi non sono necessariamente i film d’autore. Anzi, non sono quasi mai i film d’autore, “che non guarda più nessuno“.
Le case di produzione sono alla ricerca di belle facce, storie abbastanza avvincenti da intrattenere il pubblico e progetti che facciano breccia tra le masse.
È un po’ la filosofia del Dottor Cane di Boris, la stessa che ha avvinghiato il povero René Ferretti in una spirale di frustrazione artistica. In pratica: al diavolo la qualità se c’è da fatturare milioni. A questa logica materialista e così poco romantica, Matt non vorrebbe proprio piegarsi. Fanno un po’ tenerezza i suoi tentativi di conciliare qualità e fatturato, di mettere insieme le sue funzioni di imprenditore cinematografico e amante del cinema. E infatti non ci riesce granché. The Promotion, l’episodio pilota di The Studio, segue le sue rocambolesche fughe in avanti, gli espedienti fantasiosi con cui riparare agli errori fatti e le piccole crisi di nervi che caratterizzano questo tipo di mestiere.
Griffin chiede a Matt di produrre un film su Kool-Aid, la famosa bevanda americana. Un film che spacchi, che sappia coinvolgere il pubblico e che possa emulare il successo di fenomeni di massa come Barbie e Supermario. Non proprio ciò che aveva in mente Matt come capo della Continental Studios. Lui che è un amante del cinema in pellicola e dei progetti artistici, soffre a ragionare solo in termini di fatturato. E allora prova a ritagliare per il progetto un’anima artistica che però non riuscirebbe mai ad avere. Sono divertenti e movimentati gli sketch del primo episodio di The Studio con Martin Scorsese, che interpreta magnificamente se stesso.
Le prime due puntate cercano di tratteggiare il profilo psicologico dei personaggi, figure che si muovono dietro le quinte e che sono spinte da impulsi e motivazioni diverse.
L’interpretazione di Seth Rogen è molto convincente. L’attore ha diretto e interpretato un soggetto nel quale crede molto e a cui, per il momento, sembra aver dato il meglio. Ma anche la prova dei comprimari è pienamente superata, almeno in questi primi due episodi. Ike Barinholtz è il braccio destro operativo di Matt, la persona che lo accompagna sui set, che cerca di frenare i suoi ingiustificati slanci di entusiasmo. Poi ci sono ancora Patty Leigh (Catherine O’Hara), la mentore ed ex capo del protagonista, la persona di cui ha praticamente preso il posto. Kathryn Hahn, nelle vesti di una cinica e sprezzante addetta al marketing e Chase Sui Wonders.
Le scene sono tutte concitate. C’è sempre un vociare chiassoso, un rumore di sottofondo che scandisce la routine degli addetti ai lavori. L’ironia di The Studio è sottile e intelligente, il suo umorismo vuole essere dissacrante, ma lo fa con piglio bonario. Una serie come Boris, che verrà spesso associata a questo show, risulta più corrosiva e incisiva, specialmente per noi italiani. Ma la comedy di Apple TV+ fa un’operazione simile, prendendosi gioco dell’industria cinematografica e delle sue straordinarie contraddizioni. The Studio è divertente, frizzante, concitata, sarcastica. Ma se da un lato posta la narrazione su un tono leggero e autenticamente ironico, dall’altro cura nel dettaglio tutto l’aspetto estetico.
Quella qualità che sembra prendere in giro nei primi episodi, diventa poi la cifra stilistica di uno show che ha una regia brillante (da notare i piani sequenza del primo episodio di The Studio) e una scenografia e una luce sempre all’altezza.
Due episodi sono troppo pochi per poter dare un giudizio entusiastico e promuovere appieno la serie. Ma per gli amanti del cinema e di un certo tipo di comicità, questo show potrebbe essere un esperimento sufficientemente interessante da meritare una certa attenzione. Qui intanto la classifica delle migliori serie tv di marzo 2025!