ATTENZIONE: l’articolo seguente potrebbe contenere spoiler su The Terminal List!!
Un Navy Seal in missione nei peggiori teatri di guerra del mondo sa perfettamente che un giorno potrebbe non rivedere più sua figlia. Glielo spiegano durante l’addestramento, lo capisce da solo ogni volta che mette piede su un campo di battaglia, tutte le volte che si imbarca per una nuova missione. Allo stesso modo, lui tenta di raccontarlo a sua figlia, seduto sul divano di casa, cercando di non traumatizzarla troppo, di renderle la realtà il meno cruenta possibile. Le parla di bandiere e di eroi, di uomini buoni e di giuste cause, di onore e di bare avvolte tra i colori degli Stati Uniti. Ma difficilmente un Navy Seal in attività può immaginare di sopravvivere alla propria bambina. A James Reece, il protagonista di The Terminal List, la nuova serie tv disponibile dal 1 luglio su Amazon Prime Video, succede invece proprio questo. Il dolore più disumano caricato sulle spalle di un comandante che in guerra ha conosciuto sofferenza e sacrificio. Nelle storie dei reduci, il dolore ha una funzione portante. Non si può raccontare un personaggio che ha attraversato l’inferno senza scaraventargli addosso il lato peggiore del mondo, vedere l’effetto che fa sulla sua psiche traballante.
The Terminal List è la trasposizione televisiva del primo romanzo di Jack Carr, che è un ex Navy Seal e che, al personaggio drammatico di James Reece, ha già dedicato altri tre libri. Il regista è Antoine Fuqua, specialista del genere che ha diretto action movie e film di guerra come L’ultima alba, Training Day, Attacco al potere – Olympus Has Fallen, The Equalizer e altri e che con Chris Pratt, protagonista della serie, aveva già lavorato nel 2016 in I magnifici 7. Il tocco del regista lo si scorge nell’abilità con cui maneggia i dettagli tecnici, le scene d’azione e le sequenze di guerra, oltre che nell’occhio con cui seleziona armi, equipaggiamenti, attrezzature da combattimento e tutto il resto. Come live action, The Terminal List è un prodotto di altissima fattura. Gli appassionati del genere si divertiranno a guardarlo, nonostante i tempi non siano quelli canonici del film d’azione, ma quelli inevitabilmente più dilatati del formato serie tv. Anche la sceneggiatura è interessante.
Chriss Pratt è il protagonista accentratore attorno al quale ruotano tutti gli intrecci dello show.
Comandante di un plotone di Navy Seals, James Reece cade in un’imboscata in Siria mentre è sulle tracce di un pericoloso terrorista. Il soldato sarà l’unico sopravvissuto della missione – l’unico altro superstite lo trovano morto qualche giorno più tardi, al rientro dalla Siria – e questa non è certo una buona notizia, perché Reece sarebbe dovuto morire insieme a tutti gli altri, lontano da sguardi indiscreti. Tornato a San Diego, il comandante si rende conto che qualcosa non funziona, nella ricostruzione dell’agguato come pure nella sua testa. I disturbi post traumatici da stress e le strane allucinazioni che iniziano a tormentarlo gli fanno perdere per un attimo la lucidità e lo spingono a dubitare di se stesso e persino dei suoi ricordi. Mentre all’inizio si convince che il nemico che lo aveva attirato in una trappola fosse un nemico esterno, più passa il tempo – più i dubbi si sommano – e più Reece percepisce la minaccia come qualcosa di molto vicino. Quando poi cercano di ucciderlo in ospedale e gli sterminano la famiglia, il comandante capisce che i suoi dubbi hanno un fondamento di verità e si pone la domanda che prima non aveva avuto il coraggio di porsi: c’è qualcuno, negli Stati Uniti e nel sistema delle forze armate, che ha voluto la sua morte e quella dei suoi uomini?
The Terminal List è un thriller d’azione che unisce le sequenze di combattimento ai tormenti psicologici del protagonista.
In alcuni passaggi, si fa persino fatica a capire su quale piano temporale siamo collocati, se tutto si stia svolgendo nella realtà o solo nella testa di Reece. L’abilità di Fuqua sta anche nel rendere perfettamente credibile questo aspetto. Le inquadrature caotiche, le immagini disturbate, i colori sempre cupi dello show non sono una scelta casuale, ma riflettono lo stato mentale del protagonista, sono studiati per mettere lo spettatore a disagio, per fargli avvertire un certo senso di insofferenza e per entrare in simbiosi con le sensazioni confuse di Chris Pratt.
La storia butta nel calderone tutti grandi temi d’attualità e cerca di incastrarli in un unico contenitore in cui si parla delle grandi lobbies di potere, della sperimentazione medica sui soldati in missione, di guerra, di giornalismo di inchiesta, di corruzione e insabbiamenti, di pezzi deviati dello Stato che fanno gli interessi di ristretti cerchi di potere e così via. L’impasto del thriller è ben condito, con scariche di adrenalina qua e là che fanno sobbalzare dalla sedia e plot twist a volte prevedibili, altre volte completamente fuori controllo. The Terminal List è una lunga ricerca della verità che coinvolge piani alti e manovalanza. Nessuno si salva, specie ai massimi livelli. James Reece rappresenta un po’ l’antieroe americano che smonta un pezzo alla volta la grande retorica del patriottismo a stelle e strisce.
The Terminal List è soprattutto una storia di vendetta.
Reece prova a rimettere insieme tutti i pezzi, cercando di combattere la sua stessa memoria, che gli gioca brutti scherzi. Chi gli ha ucciso la famiglia deve pagare. Chi ha mandato al massacro il suo plotone deve morire. La lista di nomi da eliminare è un espediente che ci ricorda Arya Stark e la sua sete di vendetta. Qui il contesto è diverso, ma l’ansia di placare dolore e rabbia con la morte dei propri nemici è la stessa. Reece è un giustiziere decorato a cui è stato tolto tutto e non ha più nulla da perdere. Il confine tra buoni e cattivi è perciò molto labile, la stessa contrapposizione bene/male è solamente una menzogna, sin dall’inizio. Ma dove conduce la sete di sangue? L’uccisione dei propri nemici (e degli amici?) riesce a placare la sofferenza?
In The Terminal List, Pratt è affiancato da Taylor Kitsch e Constance Wu, rispettivamente un amico agente della CIA e una giornalista ansiosa di far venire a galla la verità. Ma i personaggi che si affollano sul set sono tanti, così come le situazioni ogni volta diverse che vengono a crearsi: si passa dal teatro di guerra agli attentati nel centro della città, dalle incursioni furtive dentro casa all’inseguimento stile Rambo nella foresta. The Terminal List muta spesso scenario riuscendo a mantenere alto il ritmo. Otto episodi – tutti da più di cinquanta minuti – sono però un tempo eccessivo per una serie tv d’azione, che da questo punto di vista paga un piccolo scotto. In alcuni punti, The Terminal List è infarcito di retorica e di anti-retorica.
È esattamente l’action che ti aspetti, tutto muscoli, sparatorie, manovre segrete, inseguimenti, bombe che esplodono e plot twist che riscrivono la storia. Una vera goduria per gli amanti del genere, niente di così sorprendente per chi si aspettava di guardare una serie d’azione diversa dalle altre.