Finalmente è arrivata anche la puntata di The Walking Dead 10×16, il tanto atteso finale di una stagione davvero turbolenta.
L’episodio si intitola “Una morte certa” ed è proprio l’ultimo della decima stagione di The Walking Dead. Anzi, se proprio vogliamo dirla tutta, è l’ultima puntata della penultima stagione di The Walking Dead. Sì perché in tutti questi mesi di programmazioni rimandate, decisioni importanti, contratti firmati e strappati, si è anche deciso che l’undicesima stagione sarà la “epic final season” del nostro mondo di sopravvissuti.
Ci eravamo lasciati con l’episodio 10×15 qualche mese fa (qui la recensione per chi volesse rispolverarsi un po’ la memoria), quando i nostri personaggi si trovavano nel bel mezzo di una situazione più che complicata. Fin dai primi secondi di video siamo stati ributtati nel vivo dell’azione, senza neanche la possibilità di assaporare l’aria introduttiva di un episodio atteso così a lungo. Lo spettatore si trova un po’ spiazzato, ma va bene così, perché rende immediatamente l’idea di ciò che lo aspetta.
Non c’è tempo per le preparazioni, non c’è tempo per i saluti, per i rancori, per le scuse. Bisogna agire e basta. Subito. L’aria è tesa nel mondo di The Walking Dead, ma è tesa anche per noi che non vedevamo l’ora di assaporare la conclusione del capitolo “Sussurratori”. In 44 minuti si concluderà tutto, ci sarà “Una morte certa” (o più di una) e ogni secondo passato in mezzo all’orda renderà più instabile l’attesa del risultato.
C’è un problema, rappresentato dai Sussurratori, quindi bisogna trovare la strada per risolverlo.
“Trovare la strada” è un po’ il tema della puntata che viene ripreso in più momenti. Bisogna trovare tecnicamente la strada per uscire dall’orda dei vaganti, per liberarsi dai Sussurratori, trovare la strada per raggiungere Stephanie o nuove persone da assimilare, trovare la strada psicologicamente come singoli, cioè il proprio posto nel mondo. Trovare la motivazione per andare avanti e non smettere mai di farlo.
La prima soluzione al quesito “come ne usciremo vivi?” spetta a Gabriel. Lui ha la risposta da dare ai bambini e a noi.
“Noi siamo così. Alexandria, Hilltop, Oceanside, il popolo del Regno, tutti gli Altri. Quelli che non sono qui, quelli che potrebbero trovare aiuto da noi o venire qui ad aiutarci. Insieme lotteremo. Ed è così che noi sopravviveremo.”
E’ un discorso di incoraggiamento che funziona, che ci serve per capire che lo svantaggio teorico è solo un punto di partenza, esattamente come quello a cui sono andati incontro Eugene e il suo gruppo. Sono proprio loro, infatti, ad aprire la prima vera storyline della puntata.
Piove. L’atmosfera è cupa nel rifugio di Gabriel almeno tanto quanto lo è sulla loro strada. E’ evidente che abbiano avuto qualche incidente, che le biciclette siano fuori uso e che non possano arrivare in tempo all’appuntamento “scolpito sulla pietra” con Stephanie. Ancora una volta è necessario trovare una strada alternativa, avere fede, essere consapevoli che trovarsi in un vicolo senza uscita non significa dover smettere di cercare una soluzione.
“Il tuo viaggio deve essere completato, non solo per te, ma per tutti noi e per chi non ce l’ha fatta. Dobbiamo provare.”
E viene aggiunta la conclusione: “è la spinta che ci ha fatti arrivare fino a qui, in questo viaggio e in questa vita“, quindi non avrebbe senso mollare tutto.
Questa sensazione di sicurezza e di forte volontà la ritroviamo anche nel dialogo tra Lydia e Carol, tanto intenso quanto atteso. Era inevitabile un confronto tra i due personaggi. La morte di Alpha non ha risolto nulla, vista anche la situazione che si trovano a dover affrontare; ha solo messo a tacere alcune delle emozioni provate. Lydia riesce ad ammetterlo, Carol forse non è ancora pronta.
L’unica verità è che Henry non tornerà più, che l’occhio per occhio non restituisce le persone amate. Sotto un certo punto di vista però, la morte di Alpha può dare a una figlia la possibilità di uscire dall’ombra della madre una volta per tutte e può dare a una madre la possibilità di essere un nuovo tipo di guida per una figlia. Anche in questo caso si tratta solo di trovare la strada giusta.
Se è vero che a ogni problema deve corrispondere una strada per risolverlo, allora è vero anche che la strada non è praticamente mai ovvia e invitante.
E’ particolare il modo in cui gli autori abbiano deciso di inserire quel tipo di porta da aprire. Quella porta piena di zombie è uno scoglio. Un passaggio di quel tipo in The Walking Dead è sempre stato evitato, ma andare incontro alla morte, a quelle mani così imperfette che sfregano e insistono per entrare, sembra inevitabile. E lo è. Così come è inevitabile la realtà della frase di Daryl “non ce la faremo tutti, ma è l’unico modo“.
E’ l’unico modo, appunto.
Nell’attimo in cui quella porta viene aperta lo spettatore è portato a chiedersi perché nessuno, a parte Kelly, indossi una maschera per confondersi ancora meglio nell’orda. La risposta, oltre che tecnica (rendersi più riconoscibili agli occhi dei protettori), è morale. Loro non sono Sussurratori, loro non indossano i volti dei morti. Questo li eleva dal punto di vista umano, ma li rende più consapevoli. Non sono Sussurratori, quindi proprio per questo non è così semplice camminare in mezzo ai morti. Non sono a loro agio, non si fondono con i vaganti e quando l’orda si stringe ciò che avvertiamo è solo un profondo senso di soffocamento e oppressione.
Da quel cerchio che si stringe intorno ai nostri personaggi comincia un circolo pericoloso: il gruppo viene scovato, Beta prende il controllo, esplode la prima cintura di protezione nell’edificio, lo svantaggio cresce. Quel circolo può essere spezzato solo da quel quinto elemento descritto all’inizio da Gabriel, da “gli Altri” che non sono altro che tutti quei personaggi accolti e non respinti nel corso della storia.
“Non sono un eroe”
“Ma potresti“
“Forse è quello che sto facendo ora”
E così Negan sceglie di scendere in campo, Lydia sceglie di indossare la maschera di sua madre e di raccogliere quello zaino che altro non è che l’eredità di un membro storico del gruppo.
Beatrice è spacciata, Carol lo sa. Si può sopravvivere a un taglio sulla coscia, ma non a un urlo in mezzo a un’orda di morti che camminano. Si può tenere stretta una mano finché si sta in piedi (come Luke fa con Jules), ma la mano che cade in mezzo ai morti non può essere afferrata, deve essere lasciata cadere sull’asfalto e mangiata.
Lo zaino di Beatrice è come un passaggio di testimone. La ragazza non si fidava di Lydia, non si sarebbe trovata a suo agio insieme a lei nell’orda, ma la fiducia dei membri storici era ben riposta. Il testimone sarebbe stato perso se non fosse stato per il “quinto elemento“, in questo caso Lydia, che, raccolto quel fardello si riunisce a Carol, congelando quel “può essere qualcos’altro” dettole nei minuti precedenti.
Così, mentre i Talking Heads cantano Burning Down The House (titolo abbastanza eloquente), le parole ci ricordano che “There has got be a way…” (ci sarà un modo) e “fightin’ fire with fire” (combattere il fuoco con il fuoco).
Con il buio ovviamente le cose si complicano. Già alla luce del giorno non era facile distinguere i morti dai vivi; nelle tenebre per i Sussurratori diventa ancora più semplice arrivare vicini alla preda prima di farsi scoprire. Infatti il carro viene fermato e silenziato.
Un’altra opzione è saltata, un altro ostacolo è stato posto sulla “strada“.
Quando la strada si fa ulteriormente tortuosa, arriva il momento dei sacrifici.
I nostri personaggi di The Walking Dead hanno già dato prova più volte di potersi sacrificare senza problemi. Nessuno si è mai tirato indietro da una missione impossibile con la speranza di poter salvare qualcuno di caro. Convivere con la morte ti fa apprezzare il suo gusto, se è il prezzo da pagare per dare una possibilità a coloro che ami. Ecco quindi che Lydia si fa avanti per condurre l’orda, che Gabriel si offre di coprire le spalle ai fuggitivi, che Negan cerca un modo per affrontare Beta.
Perché? Perché difficile non è morire, difficile è rimanere, proprio come dice lo sguardo di Judith per tutta la puntata. E’ più dura rimanere quando le persone ti lasciano e tu sai che potresti non rivederle mai più.
Così arriva il momento di ricevere un po’ di speranza, ancora una volta messa in campo da “gli Altri”. Mentre Gabriel sta per essere letteralmente crocifisso a terra, due figure famigliari fanno il loro trionfale ingresso. Ed ecco che quel pugno, quelle persone di cui Gabriel aveva parlato all’inizio, quel famoso quinto componente si rivela fondamentale.
Il ritorno della nostra signora Rhee è tanto provvidenziale, quanto simbolico. L’abbraccio tra i due personaggi non può che ricordarci la puntata 5×16 “Conquistare” in cui Maggie riuscì a scongiurare la precipitosa discesa agli inferi di un Gabriel in piena crisi di identità.
“Sai chi era quello stronzo?”
“Sì, nessuno”
Lo scambio tra Negan e Daryl sembra irrilevante, ma si presta a un’interpretazione più grande di quanto non ci possa aspettare. Beta era un personaggio famoso nel vecchio mondo, una di quelle persone che sarebbe stata riconosciuta da chiunque per strada (non da Daryl, ovviamente).
Nel nuovo mondo ha scelto di indossare una maschera, una maschera che per tanto tempo lo ha tenuto in salvo, una maschera con la quale si è creato una nuova identità (vi ricorda per caso un certo Negan?). Una maschera che, però, avrebbe potuto togliersi in qualsiasi momento, dopo tanti eventi e tante possibilità.
Beta ha scelto di non farlo, quindi alla fine ci hanno pensato i vaganti. Gliel’hanno strappata prima che potesse decidere di togliersela da solo, quindi è morto come nessuno, da solo, senza niente, con le sue certezze a rendere meno amara una sconfitta già segnata. E’ morto con un nome che non gli apparteneva, con una faccia a metà tra ciò che era e ciò che voleva essere, tra ciò che amava e ciò che lo aveva definitivamente distrutto.
Nel finale della puntata si delineano quelle che saranno le strade da percorrere in futuro.
Il gruppo di Eugene riceve la tanto attesa visita dal gruppo sconosciuto, mentre Lydia diventa Alpha per un po’ guidando l’orda sull’orlo del precipizio dove ancora una volta qualcuno è pronto a sacrificarsi. Qualcuno come Carol, tanto per cambiare.
La donna cerca una spinta dai morti perché non vuole fare davvero quel passo. Il tema della mano da afferrare ritorna e per una volta non si tratta di un abbandono. Lydia la prende e la riporta dove deve stare, nel suo posto, nel suo gruppo.
“Mi avevi detto di trovare la mia strada”
Ed è commovente che sia proprio Lydia ad abbracciare Carol prima di buttare via la maschera di sua madre. Con gli zombie che cadono giù dalla scogliera, cade anche quel loro bisogno di liberarsi dall’incubo chiamato Alpha.
E così, per un po’, sull’onda positiva della vittoria e dei ritrovamenti torna a splendere anche il sole nel mondo di The Walking Dead che verrà messo in pausa per un po’, mentre nuove strade (Virgil e Connie, Eugene e Stephanie) si delineano all’orizzonte.
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