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Il nuovo giorno di The Walking Dead

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Recensione della puntata 7×16 di The Walking Dead – Il primo giorno del resto della tua vita.

“Perché Glenn ha deciso di aiutarti quel giorno, tanto tempo fa. Quella è stata la decisione che ha cambiato tutto.”

Quel giorno, tanto tempo fa in The Walking Dead. Il giorno due uomini ‘armati solo di buone intenzioni’ scappavano tra i palazzoni d’Atlanta. Quel giorno in cui un vice sceriffo ha ritrovato la sua famiglia grazie ad un perfetto sconosciuto che ha deciso di parlare in una radiolina.

Perché spero che un giorno qualcuno faccia lo stesso per me. Forse sono più idiota di te

Quel giorno. Il primo giorno del resto della vita di tutti. Lo stesso giorno che Sasha e Maggie hanno guardato sorgere nel bosco quella mattina della quinta stagione. Un giorno nuovo. Un giorno senza le persone che si amano vicine (prima Beth e Tyreese, ora Glenn, Abraham e la stessa Sasha). Un giorno che sorge più luminoso dopo una notte di tempesta passata in un fienile scricchiolante. Un giorno rinnovato in una sola promessa ‘combattere gli uni per gli altri‘. Il giorno in cui Aaron spalancò loro le porte di Alexandria. Il giorno in cui quella radiolina ha permesso ad una città e ad una famiglia di non cadere sotto il peso del nuovo mondo di The Walking Dead.

Benvenuta al primo giorno del resto della tua vita, Sasha

Paradossalmente il giorno di cui parla Negan arriva davvero. Ce lo aveva preannunciato nella scorsa puntata e, come sempre fa, mantiene la promessa.

Il primo giorno del resto della vita di Sasha è stato ripercorso nel suo viaggio all’interno della tomba, silenziosa e isolata. Con indosso la divisa di Bob, rappresentante il momento in cui ha rischiato di affogare nel mondo di The Walking Dead. Con nel volto il sorriso rivolto a Maggie di quella mattina in cui sarebbe cambiato tutto. Con la scena inedita del suo ultimo momento intimo con Abraham in cui ci viene raccontato come e perché quel giorno si sono ritrovati nel cerchio di Lucille. Con la musica che canta Donny Hathaway ‘Someday we’ll all be free‘ (un giorno saremo tutti liberi) nei versi “keep on walking tall, hold your head up high” (continuare a camminare a testa alta).

Un altro primo giorno è quello di Dwight che ‘era di Negan, ma ora non più‘.

Dwight si scopre e si lascia mettere a nudo dalle stesse persone a cui ha fatto la guerra. Lo fa perchè della sua vita precedente non è rimasto più niente, perchè della sua vita come Salvatore non vuole niente. La birra, i pretzel e la lettera firmata Honey si stanno dissolvendo.

Sherry ha liberato Daryl, ma, forse inconsapevolmente, ha liberato anche l’uomo che amava un tempo. Ciò che rimane di Dwight è nella mano furente di Daryl, nella punta del coltello che tiene ad un centimetro dal suo volto. E’ nella statuetta di legno intagliata con scritto ‘didn’t know‘ (non lo sapevo), già simbolo di una promessa da mantenere.

Se quella promessa non verrà mantenuta, allora ‘è già finita’. Ma se Daryl avrà ragione, allora l’ennesima concessione a Dwight non sarà stata vana e verrà dimostrato, ancora una volta, che lo scommettere sulla bontà degli altri è il motivo per cui sono ancora vivi. 

In sostanza questa puntata finale della settima stagione di The Walking Dead chiude un cerchio. Lo stesso cerchio che si era aperto nella notte di Lucille, con il sacrificio di Abraham e Glenn.

Il richiamo all’epilogo della comparsa in scena di Negan sono tanti. I camper, gli alberi che sbarrano la strada come messaggio di prepotenza e potenza. Una conta a due tra Rick e Carl e il ‘io ti ucciderò‘ che tutti aspettavamo. Gli avvertimenti che diventano punizioni e la corazza di un ragazzino che un uomo adulto deve indossare per sentirsi ancora vivo.

Con la sua frase ‘con le punizioni noi abbiamo costruito tutto quello che abbiamo’ Negan autocondanna la sua missione al fallimento. Non sopravvive chi ragiona così, non sopravvive fino alla fine. La punizione non è una base solida su cui costruire un nuovo mondo. Una famiglia invece sì. 

Se la precedente puntata di The Walking Dead era la puntata in cui bisognava scegliere da che parte stare, allora questa puntata è la puntata delle conseguenze.

Non si può voler bene a qualcuno, ma voltargli le spalle alla prima comodità. Il caso Eugene è emblematico. Lui ha scelto, quindi Rick e Rosita, con le lacrime agli occhi, riescono a premere quel pulsante. Egli si è schierato contro il gruppo, ha tradito la famiglia, quindi si merita giusto qualche secondo di incertezza.

Sasha aveva scelto di introdursi da sola nel Santuario. Ha scelto che ‘soltanto una persona doveva morire‘. Ha scelto di essere lei, di andarsene combattendo come aveva promesso ad Abraham, come il suo spettro le ricorda. Così ingoia la pillola della sua decisione e contribuisce alla resistenza di Alexandria atterrando Negan. Ha mantenuto le sue parole occupandosi di Maggie dopo quella notte, difendendo la vita e il futuro che lei porta in grembo.

“Se qualcuno muore è per le scelte che ha fatto”.

Lo stesso vale per Ezekiel, Carol, Morgan, Maggie, Jesus, Enid, Hilltop e il Regno. La loro decisione è stata quella di schierarsi al fianco di Alexandria, di unire le comunità e di combattere per la libertà. Maggie prende la sua decisione finale seguendo l’esempio di Glenn e guardando il sorriso di Judith. Per questo devono marciare verso la guerra a testa alta e per questo arrivano nel momento migliore in assoluto. Per questo sono disposti a morire e a veder morire.

La teoria delle conseguenze è valida anche per Rick.

Accettando la sfida e il guardare in faccia Negan senza abbassare sguardo, egli accetta di perdere Carl e di sentir precipitare Michonne (dopo uno scontro che ricorda tanto quello con il Governatore a Woodbury e in cui la ragazza viene ferita proprio all’occhio). Accetta di perdere le persone che ama, accetta di perdere lo strumento della salvezza (le sue mani) perchè sa che qualcuno manterrà la sua promessa. Perché se è vero che tutti i Salvatori sono Negan (e non è vero, lo sappiamo), è ancora più vero che tutti sono Rick.

Non importa se ad uccidere Negan sarà Maggie o Carl, o Rosita. Non importa se sarà qualcuno del Regno o una ‘stramaledetta tigre’ (cit.). Non importa perchè ognuna di quelle persone è Rick, il leader che sta insieme ma in mezzo a Ezekiel e Maggie. 

‘Puoi farlo proprio davanti a me, ti puoi prendere le mie mani. Te l’ho già detto: io ti ucciderò. Vi ucciderò tutti. Magari non oggi, magari non domani ma niente cambierà questo fatto. Niente. Siete già tutti morti.’

“…che sia sul campo di battaglia o sulla spiaggia o da qualche parte lì fuori oggi […] rischiare il culo per qualcun altro, farsi un quattro per loro, questo è vivere”.

E’ questo che rende Rick e il suo gruppo più umani dei mostri che hanno dentro e di fronte. E’ questo che rende Rick e il suo gruppo vittorioso a discapito di chi vive basandosi sull’inganno e sulle punizioni.

Il tradimento di Jadis insegna. Il prendere senza dare e il vendersi al miglior offerente non ti permettono di sopravvivere per sempre. Anche il fallimento di Negan è maestro (la senti Simon la puzza di merda?). Puoi togliere tutti i pilastri che vuoi, ma non puoi distruggere una torre indistruttibile fatta di amore e lealtà. Nemmeno se sei Negan. “Alexandria non potrà cadere”.

L’omaggio finale a Glenn è la perfetta conclusione per questa stagione tanto criticata, quanto incompresa.

Tutto quello che è stato fatto e trasmesso è servito per arrivare fin qua. Ogni dialogo, ogni puntata ‘noiosa’, ogni dedica a personaggi secondari ci ha concesso di assaporare fino in fondo l’emozione delle parole pronunciate da Maggie.

Il viaggio nel tempo attraverso le stagioni, dal carro armato ad Atlanta, alla fattoria, alla prigione fino ad Alexandria, ad Hilltop e al Regno ha permesso anche a noi di ricordare perchè siamo ancora qui. 

“La decisione è stata presa molto tempo fa, prima che tutti noi ci conoscessimo, quando eravamo tutti estranei. Prima che il mondo finisse ci saremmo ignorati per strada e ora significhiamo tutto l’uno per l’altro. Eri nei guai, eri in trappola, Glenn non ti conosceva ma ti ha aiutato. Si è messo in pericolo per te e così è iniziato tutto. Da Atlanta, alla fattoria di mio padre, alla prigione, fin qui, in questo momento, adesso. Non come estranei, ma come una famiglia. Perché Glenn ha deciso di aiutarti quel giorno, tanto tempo fa. Quella è stata la decisione che ha cambiato tutto. E’ iniziata con voi due e si è allargata a tutti noi. Sacrificarci l’uno per l’altro, soffrire e sopportare, affliggersi, dare, amare, vivere, combattere l’uno per l’altro. Glenn ha preso la decisione, Rick, io stavo solo seguendo il suo esempio.”

Non credo serva aggiungere altro.

L’episodio è stato dedicato a Bernie Wrightson, fumettista statunitense morto il 18 marzo 2017.

The Walking Dead

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