Era alta l’aspettativa che aleggiava sull’uscita nelle sale del film diretto dalla regista Ishana Night Shyamalan e lanciato dalla Warner Bros in Italia il 6 Giugno. The Watchers – Loro ti guardano, si presenta come un racconto di suspense come gli altri, ma che sulle battute finali si risolleva energicamente in termini di stravaganza e qualità narrativa. Ci troviamo infatti alle prese con un prodotto che, seppur appartenente alla cornice horror, non fa salire il cuore in gola agli amanti del brivido estremo. Piuttosto, fa riflettere loro e tutti gli altri su alcuni suoi simboli e messaggi filtrati da uno slancio dalle tonalità thriller e addirittura drama, in alcuni specifici punti. Il noir la fa comunque da padrone e, seppur la trama possa sembrare semplice e banale inizialmente, in realtà nasconde degli artifici funzionali che la riconfermano lineare ma non priva di originali respiri.
Poco si può dire infatti in termine di scrittura e di fotografia stessa, in quanto in ogni film di tensione che si rispetti, è l’azione ovattata e impetuosa a emergere più delle parole. Nel secondo caso, invece, è scontato che la natura irlandese aiuti di gran lunga l’immagine. Tuttavia, se consideriamo che la maggior parte delle scene navigano nell’oscurità o sotto una luce fioca e strettamente funzionale alla storia, non appare fattivamente spettacolare.
È decisamente il montaggio che assume un ruolo preponderante, privato però di scelte troppo ardite o esasperate di effetti speciali. Chiaro però che a mancare non sono di certo gli irrisori ma puntuali jump scares e i ritorni al passato. Con analessi complici di uno dei principali parallelismi semantici della storia stessa. A questo proposito, adesso che la curiosità è giunta al perfetto punto di cottura, direi di entrare nel vivo di The Watchers e raccontare le visioni salienti di questo imprevedibile flusso narrativo.
Raccontiamo la storia di The Watchers
Il film ha inizio con un uomo che vaga in una foresta fitta di nebbia e strane presenze. Fino a quando, dopo aver raggiunto un certo punto di non ritorno, viene sovrastato da un rumoroso stormo di uccelli neri e poi rapito da una invisibile creatura che lo getta giù da un dirupo. Ma torniamo subito nel presente, dove conosciamo Mina, una ragazza di 28 anni che ha una passione per il disegno e lavora in un negozio di animali. Quel giorno il suo responsabile le chiederà se l’indomani fosse stata disposta a consegnare un pappagallo a un cliente in un luogo distante un’ora di strada dalla città.
La ragazza accetta e la sera prima di partire indossa una parrucca, dopodiché si reca in un bar a fare nuove conoscenze sotto mentite spoglie. L’indomani si metterà in macchina per partire e riceverà anche un messaggio in segreteria da parte della gemella Lucy. Questi le ricorda che il giorno prima si era tenuta l’annuale commemorazione per la morte della madre, sottolineando per l’ennesima volta come lei non desse sue tracce ormai da anni.
Il viaggio di Mina intanto prosegue
Fino a quando il navigatore sembra portarla nel cuore della foresta irlandese, scarsa di segnale Internet e punti di riferimento utili. Tra le altre cose, anche l’auto smetterà di funzionare e, una volta scesa a cercare aiuto, questa sembra sparita. Si incamminerà dunque tra gli alberi con il suo pappagallo – che chiamerà Darwin – fino a quando vedrà una strana donna anziana. Questa correndo le indicherà un varco attraverso una porta, che a suo dire era l’unica fonte di salvezza prima che facesse buio.
Mina si convince così a entrare, e si ritrova in una spoglia stanza chiamata “covo”. Questa era caratterizzata da una parete di vetro e abitata da quella donna di nome Madeline e due ragazzi, Kira e Daniel. La misteriosa donna dice a Mina che è impossibile uscire dalla foresta, per poi farla subito mettere in fila insieme agli altri davanti al grande vetro per permettere a “gli osservatori” di guardarli.
Si tratta di creature a loro sconosciute, che ogni sera dopo il tramonto pretendono di osservali attraverso il vetro. Le regole per sopravvivere sono semplici. Non voltare mai le spalle al vetro, non entrare nelle tane degli osservatori disseminate nella foresta, non aprire mai la porta del covo dopo il tramonto, non guardarli mai per poter sopravvivere e posizionarsi sempre sotto la luce. Tutto questo suona a Mina molto strano, tanto che l’indomani decide di andare via. Una volta raggiunto un nuovo punto di non ritorno e aver avuto un’allucinazione sinistra, verrà riportata al covo da Madeline. Successivamente, insieme a Daniel, deciderà di entrare in una delle tane, calandosi con una corda trattenuta dal ragazzo inizialmente contrario.
Una volta scesa, troverà dei vecchi oggetti come una bicicletta e una telecamera
Rimanendo sempre alla luce mediante la fiamma di un accendino, eviterà di essere aggredita dalla forte e ignota presenza che si nasconde nella tana. Una volta portati i reperti nel covo, Madeline comincerà ad avere dei sospetti e inizierà dunque di fare domande a Mina. Quest’ultima, naturalmente, non le dirà la verità. La stessa sera, dopo aver pensato bene di collegare la telecamera al televisore e porla davanti alla porta per inquadrare gli osservatori, un uomo busserà alla porta.
Kira si allarmerà in quanto il marito, che viveva insieme a lei nel covo da mesi, era scomparso da circa sei giorni. Penserà dunque a lui, perché la telecamera inquadrerà proprio delle gambe da uomo. Madeline però le vieterà in tutti i modi di aprire la porta, poiché i the watchers sono furbi e hanno sicuramente architettato una farsa per entrare.
Dopo poco, infatti, i the watchers inizieranno a colpire con disumana forza il vetro
Cedendo però dopo poco senza riuscire a sfondarlo. Passerà il tempo e, arrivato l’inverno, la sopravvivenza nella foresta diventerà sempre più difficile. In particolare, sarà Daniel ad accusarla e a litigare spesso con Madeline, tanto che una sera prima del tramonto, dopo una lotta con la donna, scapperà via seguito da Kira mentre Mina aiuterà l’anziana ad alzarsi da terra.
Dirette verso il covo, trovano però la porta chiusa e si nascondono in un riparo di vegetazione, dove vedranno ergersi delle creature smisuratamente alte e amorfe, rapide e rumorose come non mai. Fortunatamente i mostri non le troveranno, e dopo essersene andate Mina convincerà Daniel a farle rientrare nel covo con un discorso sul suo passato.
Sarà in questa occasione che anche Madeline racconterà la sua verità
Lei era infatti venuta nella foresta volontariamente, poiché insegnava all’università Storia del folklore e della mitologia. Questa era certa che gli osservatori fossero quelle che comunemente erano chiamate fate o creature alate, che abitavano quelle foreste dalla notte dei tempi. La sera dopo, sarà Daniel a fare però una sensazionale scoperta. Infatti, in preda al solito attacco delle creature, troveranno sotto al tappeto della stanza una botola blindata.
Riescono ad aprirla e calandosi di sotto troveranno niente meno che un bunker arredato di tutto punto e un computer contenente ben 300 video rinominati come giorni. Mina inizia dal primo e a comparire sarà un uomo di mezza età che si presenta come il Professor Rory Kilmartin, le cui tracce erano presenti in alcuni oggetti del covo e della tana. È da qui in poi che il film comincia a svelare parte dei misteri e a raccontare le sue più profonde metafore.
Cosa si cela dietro ai The Watchers?
Soltanto dopo aver collegato tutti i puntini della storia si riesce ad avere un quadro completo della grande metafora che vuole trasmetterci l’ideatore del film. Qual è, infatti, la creatura che può farci più paura di noi stessi? Soprattutto, qualora ci sentiamo in colpa per aver commesso un grave errore. Mina ha vissuto un’intera vita con il magone e l’inquietudine di una figlia che aveva causato la morte della madre.
Era stata lei a distrarla dalla guida per uno dei tanti banali capricci che era solita fare da bambina e per colpa sua quel camion si era scontrato con la loro auto. Questo Mina riuscirà a raccontarlo ad alta voce a Daniel in quella sera in cui aveva deciso di non fare entrare nel covo lei e Madeline. In quel preciso istante in cui era convinta di non riuscire a sopravvivere, ecco che i suoi demoni (a proposito di demoni, vi lasciamo qui la recensione di Evil 4) ancestrali vengono fuori e si auto-esorcizzano in maniera quasi indolore.
Appare dunque evidente come la leggenda e il mito diventino il romanzo di qualcosa di più profondo, che tocca le corde della psiche, dell’animo e alla fine del reale. Siamo noi i veri mostri di noi stessi. Lo specchio è infatti la chiave simbolica di tutto il film, poiché ci mostra che siamo noi i subdoli e perfidi voyeur giudicanti noi stessi. Sembra impossibile liberarsi dagli scheletri che abbiamo tenuti nascosti nell’armadio dei ricordi da tempo immemore. Eppure, arriva quel momento di pericolo estremo accompagnato da sensazioni incontrollabili che si riconduce poi alla paura di morire. È in questo momento che l’uomo capisce come non possa finirla così, senza aver affrontato le creature che lo osservano, lo seguono e lo intrappolano ormai da un tempo indefinito e cerebrale.
Il covo rappresenta in The Watchers un Panopticon interiore
Al cospetto di quest’ultimo compariamo sempre noi, nei due lati del vetro, contemporaneamente. Osservatori e osservati, vinti e vincitori, umani e bestie. Figli dunque dello stesso male. Non è un caso inoltre che un altro simbolo siano gli uccelli, probabilmente corvi, presagio di nuove funeste, dolore e morte. Nella foresta-prigione è come se questi annunciassero l’avvento dei the watchers, ma allo stesso tempo indicassero la via verso la salvezza, la barca e l’acqua cristallina. Proprio come Mina, che in un punto di morte simbolico ritrova il coraggio di affrontare il mostro dentro di lei. E di non nascondersi mai più con parrucche o moine da bar che non le appartengono davvero.
Trova così nell’oscurità la luce di una rivalsa, sintomo di una resilienza che la porterà a ricongiungersi con l’altro pezzo della sua famiglia. Vittima come lei per la perdita della stessa madre. Questa rinascita è simboleggiata dal simpatico Darwin, che sin dal principio non poteva rimanere soltanto un innocuo espediente da mantenere sullo sfondo. Il pappagallo giallo si sostituisce ai corvi. E anche se silenzioso durante quasi tutto il film, diventa forse la star più caratterizzata e dinamica nell’economia della narrazione.
Invece degli altri personaggi poco possiamo dire
Questo accade non per negligenza di Shyamalan, anche sceneggiatrice del suo prodotto, ma proprio perché il suo genere di appartenenza non poteva lasciare spazio anche ad una loro introspezione psicologica o approfondimento sulle origini. C’è già abbastanza mitologia, paura, ansia e allucinazioni nel flusso narrativo, che l’idea di una più efficace connotazione dei protagonisti sarebbe apparsa come una sottotrama superflua. Riguardo a Madeline avremmo potuto dire di più rispetto agli altri tre, se solo non si rivelasse proprio una di quelle creature che danno il titolo al film. Abbiamo però avuto l’onore di conoscerne una appartenente ad una specie ormai rara e antica, che ci rende davvero partecipi di una della più affascinante tradizione locale.
Su Mina possiamo dire a primo impatto che sembra una ragazza un po’ insofferente alla vita, a tratti frigida ma comunque disponibile e sensibile. Solo in un secondo momento capiamo il motivo per cui fosse coperta da un velo d’ombra. E arrivati al finale, dopo aver scongiurato il dolore che covava dentro, possiamo vedere la vera Mina attraverso il volto della gemella Lucy. Senz’altro una ragazza affabile e una madre amorevoli dei suoi bambini. Daniel sembra invece lo stereotipato personaggio di questo genere di film, che sembra bollire in una pentola a pressione ormai da troppo tempo.
L’esplosione arriva sotto forma di ribellione dei confronti di Madeline
Ma è durante il liberatorio ballo con Kira a Wonderland che, senza alcun contesto, racconta di quanto il padre ubriacone fosse stato violento con lui da piccolo. E se non fosse scappato via da quella casa, asserisce commosso che lo avrebbe anche potuto uccidere. Da qui la sua perenne calma apparente e il suo rabbioso e inquietante cipiglio.
Kira si presenta invece come il personaggio più bidimensionale, se non fosse che attraverso la perdita del marito John capiamo quanto si impegnasse ad essere una moglie devota e si sentisse ancora più fragile e incompleta senza di lui. Dalla scena in cui vede l’osservatore con le sembianze di John alla porta, vediamo quanto sia volubile e quindi corruttibile. Tuttavia, è dal rapporto con Daniel che emerge tutta la sua magnanimità e gentilezza. Nient’altro da giungere per tutti e tre i sopravvissuti a quella foresta fatta di oscuri occhi e lunghi artigli. Questo ci basta e niente ci sembra lasciato in sospeso o sul punto di non compiersi come dovrebbe.
In conclusione, le opinioni di The Watchers potranno pure essere contrastanti
Tuttavia, è fuor di dubbio che abbiamo assistito a una oculata rappresentazione del romanzo omonimo di A. M. Shine. La soluzione di presentarlo al cinema rimarca inoltre l’obiettivo della regista di amplificare tutte le percezioni. Queste sono così sottili e soffuse che necessitavano senza ombra di dubbio della giusta amplificazione, sia in senso letterale che figurato. Sul finale di The Watchers siamo così volati anche noi insieme a Madeline. E l’idea che avevamo coltivato fino a quel momento sugli antagonisti del racconto, si è innegabilmente modificata in positivo.
Quando i plot twist non vengono disseminati casualmente ma a rigor di coerenza narrativa, riescono davvero a migliorare le sorti di un prodotto. Dopo qualche sbadiglio iniziale, ci siamo successivamente piantati sulla sedia e siamo più volte rimasti a bocca aperta. Questo è il potere delle immagini che incontrano le sinapsi attraverso i nostri occhi, che in questo caso sono diventati i soggetti metanarrativi dell’intera sorprendente pellicola.