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The White Lotus 3×02 – Tutto resta immobile prima di un uragano

Rick in una scena di The White Lotus 3
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Non tutto si presenta. Non tutto ti dà degli indizi. A volte tutto resta immobile anche se già si sta distruggendo, ma tu non lo sai. Come avviene nel corso della seconda puntata di The White Lotus 3. Quando l’inquadratura si allarga, i titoli di coda arrivano e sullo sfondo solo la pace di un’oasi di benessere in cui tutto sembra destinato a rimanere immutato nella sua perfezione. E’ tutto avvolto nella pace, in quell’ultimo secondo. Tutti i mali sono ancora al sicuro, dentro le ville, dentro lo stomaco di chi cerca di mettere in luce l’apparenza della normalità, ammutolendo come meglio riesce tutto quel che sta per essere spazzato via.

Come quella bugia che è costata la morale. Come quell’omissione che aveva l’unico obiettivo di lasciare la vita scorrere naturalmente. O come quel passato che bussa alla porta anche se fingi non essere in casa, perchè lo sa che prima o poi dovrai tornare. In questa seconda puntata (disponibile come sempre su Sky e NOW) di The White Lotus 3 quel che conta è quel che nessuno ha il coraggio dire all’altro, il modo con cui si maschera. E conta il modo con cui, invece, tutti si prendono il diritto di asserire di conoscere l’altro.

E’ troppo frustrato, non è felice, si vede che ne soffre: sono tutte illazioni di personaggi che sono sordi rispetto alla propria realtà e che, come antidoto alla loro vigliaccheria, utilizzano le vite degli altri per distrarsi. Per allontanarsi ancora, quanto basta, da quel che sono davvero. Da tutto quel che li attenderà quando saranno costretti a venire a patti con se stessi.

Nessuno ha il coraggio di confrontarsi con quello che succede al di fuori delle vite degli altri in The White Lotus 3. Nessuno tranne Rick

Rick in una scena di The White Lotus 3
Credits: HBO

“Io non ho un’identità. Non devo staccarmi da niente. Sono già niente. Se nessuno mette benzina il serbatoio resta vuoto. Quella non è un’illusione: la macchina non parte. Dal nulla non nasce niente.” A volte basta poco per dire la verità. Per zittire le banalità delle frasi motivazionali che incoraggiano la tua rinascita. E a volte basta un personaggio che nella prima puntata (qui recensita) non avevamo neanche considerato a dovere. Si confondeva in mezzo a quel lusso tanto da dare l’impressione di essere un altro pezzo d’arredamento formato persona. Ma Rick non è come gli altri. Non in questo secondo episodio, almeno. Meglio, peggio: non importa. Quel che importa è che è vivo. Sente qualcosa di autentico. In questo caso, un dolore che si porta dietro fin da quando era troppo piccolo per capirne il peso.

Perché è così che funziona, no? Anche se non ne capisci il peso, quel che ti succede quando non sei in grado di capirlo ti massacra la vita comunque. Ti farà capire il suo peso a tempo debito. Come se capire il valore del dolore fosse un debito che prima o poi va sanato. E Rick lo sta scontando. Con una madre tossicodipendente morta quando lui aveva solo dieci anni, e un padre morto ancora prima che lui nascesse. Alla voce famiglia, Rick lascia il foglio in bianco. E tutto quel dolore è diventato qualcosa. Si è trasformato in uno sguardo che sfugge agli occhi del prossimo, in poche parole, in una compagna più giovane che non chiede mai più di quanto sia disposto a dare. Perché quando sei abituato a ricevere poco, forse restituire qualcosa agli altri è l’ultima cosa che impari durante la tua vita.

Non si può pretendere, soprattutto in una Serie Tv come The White Lotus 3, di comprendere l’anima, gli sguardi e quanto forti siano le ossa dei personaggi già alla seconda puntata. Ma è scattato qualcosa in questa seconda puntata con il personaggio di Rick. E’ stato invadente, nel senso più positivo del termine. Ci ha avvicinato in modo particolare alla sua sofferenza. Ce l’ha fatta intendere parlando il minimo indispensabile. Perché è sempre il solito discorso: per comunicare non serve dire tutto. Basta scegliere le parole giuste. A volte, perfino stare in silenzio.

Jason Isaacs in una scena di The White Lotus 3
Credits: HBO

Come nel caso dei Ratcliff che parlano, parlano, parlano ma senza dire nulla. Solo parole che vanno via come il vento, talmente deboli da essere dimenticate già quando vengono pronunciate. Come quei pettegolezzi della matriarca. Come quelle risate nevrotiche, prive di una carezza per i figli se non la banalità dell’apparenza. O come quel pettegolezzo che circola dalla bocca di un fratello all’altra circa la vita degli altri, nessuno escluso. E gli altri, in questa istituzione in cui è bene essere sempre presentabili, comprendono anche la sorella. Un altro personaggio di The White Lotus 3 che sembra brancolare nel buio, nascondendo qualcosa che forse non ha ancora ammesso neanche a se stessa. Segreti che interessano i due fratelli che, come da regola, scelgono di concentrarsi sui segreti altrui per non concentrarsi su quelli che custodiscono e che li riguardano.

Ma anche in questo caso, l’uragano non ti prepara al suo impatto. Non ti aiuta a costruire la tua fortezza. E i Ratcliff dovranno cercare di farlo, provando in tutti i modi a resistere all’umiliazione di scoprire che tutti siano adesso a conoscenza del loro niente. Dei conti bancari riempiti con le maniere sporche. Del fratello spregevolmente avido. Di una madre che scoppia in fragorose risate solo per far sentire a chi la circonda che si sta divertendo. Che nella sua vita è tutto perfetto, anche se un urgano sta per imbattersi. Un po’ come nel caso delle tre amiche. Tre donne irrisolte che non vedono l’ora di raccontare la prossima bugie su se stesse. Fingendo di non essere, come chiunque altro in questo mondo, fatte di porcellana. Una parola sbagliata e casca tutto. Una mossa sbagliata, e tutto è distrutto.

Quei sorrisi nervosi, addolciti dalla pillola della finta gentilezza, stanno per spezzarsi. Per lasciare le tre con l’unica cosa che non hanno mai voluto: la verità. Perché sono consapevoli di non essere quel che raccontano, ma non sono pronte a comportarsi in tal modo. Hanno bisogno di fingere ancora. Ancora un altro po’. Altre dieci vite, se possibile. Fino a quando l’uragano non spazzerà via tutto. Ancora un altro po’, un ultimo ciak. Per sentirsi ancora una volta quel che non sono mai state.

Annalisa Gabriele