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C’è una cosa che ho sempre notato delle Serie Tv distribuite settimanalmente: a cambiare non sono solo i personaggi. Se ripensassi a chi ero io durante la prima puntata di The White Lotus 3 (da adesso disponibile per intero su NOW e Sky) mi accorgerei di quanto io adesso sia cambiata. Meglio, peggio, non è questo che conta. Ma adesso che scrivo, e che lo faccio dopo aver compreso che cosa la terza stagione volesse dirmi, mi accorgo che a cambiare non sono stati soltanto i personaggi principali o secondari. Li ho seguiti a ruota. Quando li ho conosciuti per la prima volta, avevo tutto. E ora scopro di aver perso un pezzo. Uno di quelli che la vita te la cambiano, e che quando vanno via ti ricordano con la loro assenza che sei meno di quel che credevi. Meno forte, adulta, cresciuta. Più bisognosa di non perdere i pezzi man mano che cammini.
Come i personaggi di The White Lotus 3, insomma. Che per tutto il tempo hanno perso pezzi di loro, che credevano di essere pronti al tracollo. E che poi, quando questo si è verificato, hanno scoperto di non esserlo proprio per niente. Ma è normale anche questo. Sapere che qualcosa accadrà, allenarsi per affrontarlo, e poi scoprire di essere incapaci. C’è chi si allena per vincere. Io e i personaggi di The White Lotus 3 ci alleniamo per imparare a perdere meglio.
The White Lotus 3 giunge al termine con uno dei finali di stagione più impattanti mai visti nella Serie Tv HBO. Un finale che si pone tra la vita e la morte, scrivendo la parola fine al tramonto di un’esistenza che non sempre si dimostra gloriosa

Tutto questo giro, per arrivare a questo? Sì. Per arrivare a questo. Più volte The White Lotus 3 è stata criticata nel corso di questi mesi. Era fuori tempo, si diceva. Non andava al passo giusto. Bugie. The White Lotus 3 ha camminato con il suo passo. Ha girato, sterzato, è andata indietro e poi avanti. E lo ha fatto per arrivare qui. Per testimoniare, almeno un’ultima volta, che cosa facessero i personaggi di The White Lotus 3 al momento della fine. In alcuni casi, hanno smesso di fingere. In altri, hanno chiuso gli occhi per non riaprirli mai più. E in ognuno di questi casi, comunque, c’era qualcuno accanto a loro che piangeva la loro morte. Che si è buttato nel mare insieme a loro.
Ed è lì che forse le persone intorno hanno preso coscienza dell’essenza dell’altro. Lo hanno guardato nella sua miseria, negli ultimi istanti prima del tramonto, e hanno compreso chi davvero fosse. Forse, niente di meno che un essere umano che nella vita ci ha provato e non ci è riuscito. E poco importano i soldi, il lusso, gli errori e le migliori cose fatte fino a quel momento. Quel che resta, è soltanto un corpo senza vita che nella vita ha commesso tanti errori tanti quanti gli anni che ha campato. Un essere umano tale e quale a chi ha continuato a vivere.
In questa ultima puntata di The White Lotus 3 abbiamo visto personaggi, come Timothy, redimersi. Ne abbiamo visti altri diventare il male che condannavano, come Belinda. Abbiamo visto altri ancora scoprirsi più miserabili di quanto credessero, come nel caso di Piper. E abbiamo visto un uomo decidere di perdere tutto per un ultimo atto di vendetta. Come se, in qualche modo, la vendetta possa bastare per aggiustare una vita in frantumi passata nell’assenza di un padre. Il finale di stagione di The White Lotus 3 è stato un fiume in piena di rimorsi e rimpianti.
Non c’è stato personaggio che, in questo ultimo atto, non si sia chiesto cosa potesse fare nel corso della sua vita per aggiustare le cose. Che cosa potesse dire per far sì che chi si stesse addormentando, lo facesse con la consapevolezza di essere al tramonto della vita. Perché prima di questo, c’è stato tutto il resto. E tutto il resto è stata la vita amata, sofferta e sofferente, come nel caso di Rick, e spensierata ma mai leggera di Chelsea.

Sembrava aver fatto pace con il suo destino, Rick. Sembrava essersi tirato fuori da quella spirale che ha condannato la sua vita fino alla fine. Ma a volte basta un attimo per far sì che il dolore ripercorra tutto il percorso da capo, arrivando da noi come una scheggia pronta a rompere il vetro frangibile che ci separa dalla disperazione. E così, Rick si è rotto. E con lui anche Chelsea. Un finale amaro, ma simbolico, che dimostra quanto labile possa essere l’esistenza. Quanto un rimorso di cui ci siamo appena accorti possa cambiare la traiettoria portandoci a fare la scelta più dannata di tutte.
Ed è forse questo ciò che The White Lotus 3 ha voluto urlare in questo ultimo episodio di stagione: chiunque tu sia, la vita si conclude nello stesso modo per tutti. Gli occhi si chiudono, e tu resti lì disteso, con la sola presenza del tuo corpo, mentre tutti intorno a te si chiedono se hanno fatto abbastanza. Se sono stati abbastanza. E la risposta il più delle volte è no. Perché soltanto quando non possiamo più fare niente ci accorgiamo che avremmo potuto fare di più. The White Lotus 3 va così via chiudendo il cerchio di una stagione che ne è valsa la pena. Che ci ricorda che pazientare, di fronte a questo prodotto, è necessario per riuscire a scoprire tutto quel che si nasconde dietro la mente geniale di questa storia.
E’ stata una grande stagione. Lo è stata anche quando sembrava che non lo fosse. Lo è stata anche quando quel penultimo episodio (qui recensito) sembrava non dovesse mai finire. E lo è stato anche per me, che ho scritto ogni recensione cercando di trovare un significato a ogni silenzio, a ogni simbolo nascosto, paesaggio della Thailandia. Quando ho iniziato questo viaggio facevo tutto con la fretta di essere in ogni dove e in ogni luogo, di trovare una spiegazione a ogni cosa che accadesse in The White Lotus 3 e nella mia vita. Sempre con quel turbo, quell’accelerazione che mi permettesse di fare ogni cosa e di essere in ogni luogo. Ma proprio adesso che The White Lotus 3 finisce, io scopro di avere di nuovo tutto il tempo del mondo.

Ma come ho detto all’inizio, insieme ai personaggi di questa Serie Tv HBO qualche passo l’ho fatto anche io. Ho visto, nella Serie Tv come nella mia vita, mutare diverse cose. E ho visto persone andare e venire. E per tutta la stagione non ho fatto altro che vedere un padre preparare la sua famiglia alla vita che cambia, cercando di proteggerla dalla disperazione che stava per abbattersi.
Quello stesso padre è valso per me l’intera stagione. L’intera storia, e adesso per me anche l’intera stessa vita. E sono i silenzi finali della famiglia Ratliff a dire probabilmente più di quanto io stessa possa scrivere ancora. La chiusura perfetta di chi ha provato a proteggere il prossimo ma non ci è riuscito. Di chi ha cercato di far sì che la finzione potesse, per un attimo, offuscare la realtà che avrebbe atteso tutti alla fine del viaggio. Di qualsiasi viaggio poi si tratti, non è importante. Perché siamo tutti di passaggio. Come una Serie Tv di Mike White che ci racconta meglio di qualsiasi altro trattato di sociologia, soltanto perché riesce a descriverci miserabili, vulnerabili e malinconici come siamo sempre stati.
A mio padre, che non si è mai perso un articolo
e che leggerà anche questo