“Il mondo esteriore è come collegato da un misterioso filo conduttore alle fibre della memoria e talvolta le risveglia, nostro malgrado”. Alexandre Dumas, Vent’anni dopo
Non si può non iniziare questa recensione della 2×03 di This Is Us con una citazione sulla forza della memoria e sul suo riaffiorare improvviso e involontario. Deja vu, titolo perfetto per questa terza puntata, ci restituisce l’ennesimo racconto capace di tessere in un filo unitario le diverse trame, di legare insieme i personaggi e le loro storie. I percorsi individuali di ognuno sono analizzati dalle prospettive soggettive dei protagonisti. In ogni puntata gli interpreti principali rispondono a uno stimolo diverso, si confrontano con un tema particolare.
La risposta che danno li definisce come persone. Ne contribuisce a plasmare la complessa psicologia mostrandoci tanto la loro forza quanto la debolezza nell’affrontare la questione.
Il merito di This Is Us risiede in questa straordinaria delicatezza e nello stesso tempo smaliziata visione del mondo e degli affetti che ne domina gli episodi. Dopo ogni puntata usciamo arricchiti di qualcosa. Consci che la storia ci ha ispirato una riflessione. Non dà risposte semplici, This Is Us. Non fornisce visioni rassicuranti. E non ha la leggerezza di semplificare le incongruenti psicologie dei suoi protagonisti. Espone tutto con garbo e serietà. Il risultato è un realismo impressionante e un continuo stimolo per lo spettatore.
Dicevamo: la memoria. “Ricordo” è un termine che deriva dal latino: re-cordis, ritornare nel cuore. Memoria è il passato che si fa presente nell’emozione della sua ri-evocazione. È il ri-cordo che riaffiora e si riattualizza. È forza ma a volte anche debolezza e ostacolo. Lo è stato per Kate nel primo episodio quando il ricordo dell’infanzia vissuta in solitudine e della sua inadeguatezza fisica l’ha portata ad abbandonare l’audizione canora. Lo è ora per Kevin, inebetito dal ricordo del padre. Da quelle costanti immagini in cui si vede in compagnia di Jack. È paralizzato e incapace di affrontare quella memoria.
Non è il ricordo in sé a bloccarlo quanto la sua difficoltà, ancora del tutto attuale, a superare il trauma della perdita.
Non importa quanto felici fossero quelle scene della sua vita. Esse sono irrimediabilmente macchiate dal senso di abbandono e dalla sofferenza per la morte del genitore. Starà a lui compiere un percorso tutto personale affrontando la sua difficoltà e riscoprendo la bellezza di un ricordo che riattualizza il passato. Che, per un instante appena, può restituire il profumo, l’immagine, il suono della voce e perfino l’amore del padre. Ma a ora la ferita è troppo viva: immerso tra le fiamme di una scena di guerra col compito di salvare Stallone, Kev rivede la morte di Jack.
La splendida sovrapposizione di immagini ci mostra l’impotenza che il ragazzo sente di fronte alla perdita del genitore. Come allora anche ora Kevin sente di non poter salvare il padre/Stallone. Come allora subisce un infortunio. Non può rialzarsi. “È una cosa che talvolta può capitare: un ricordo sgradevole che ci coglie all’improvviso, specialmente se è accompagnato da un sentimento di vergogna, ci può bloccare sul posto per qualche istante” (Fëdor Dostoevskij, L’idiota).
Ma il ricordo può diventare anche occasione di rievocazione felice.
Kate ripensa al padre con orgoglio e quei ricordi di infanzia si trasferiscono all’altro, al suo interlocutore. Così Stallone rivede le sue figlie, i bei momenti passati, la gioia del focolare domestico. “Ti giuro che vedo tutto così chiaramente che potrei raggiungerlo e… toccarlo. Kevin, per mia esperienza ti dico che non esiste una cosa come ‘tanto tempo fa’. Esistono solo ricordi che significano molto e ricordi che non significano niente”. La memoria diviene collettiva, si trasferisce all’altro, richiamandone una sensibilità diversa ma nello stesso tempo condivisa. Il ricordo diventa racconto. Condiviso e emotivamente partecipato.
È la stessa cosa che avviene con Randall. L’arrivo di Deja (che nel nome allude già al tema del ricordo) lo mette di fronte al suo passato.
Randall si rivede in quella bambina a cui sono stati sottratti i suoi genitori e che non desidera altro che l’affetto familiare. Randall come Deja voleva solo trovare le sue radici. Scoprire da dove viene. Conoscere i suoi genitori biologici. Il ricordo del suo passato diviene occasione per stabilire un fondamentale contatto emotivo con la bambina. Per superare lo stacco iniziale e farla sentire capita. L’esperienza di Randall diventa sostegno per Deja.
Sai cosa ho pensato la prima volta che ho sentito il tuo nome? Ho pensato all’espressione ‘déjà vu’. Perché mi ricordi un po’ me stesso, quando avevo la tua età. […] Per tutta la mia infanzia sono stato in conflitto con me stesso. C’erano queste persone con cui vivevo. E poi c’erano i miei genitori naturali, che non avevo mai conosciuto. Ma pensavo a loro continuamente. […] Se rivedo me stesso in te e vedere te mi dà questa dolcissima sensazione di déjà vu penso che questo significhi che accadrà lo stesso anche a te.
È questo il ricordo partecipato che diventa esperienza. La sovrapposizione di Randall ragazzo al primo piano di Deja sottolinea anche scenograficamente questa comunanza.
La ragazza per Randall sarà anche motivo per vedere scombussolate le sue sicurezze. Come nota l’assistente sociale “Siate pazienti, non aspettatevi niente e non cercate di predire come andranno le giornate. Non è nella sua indole, vero?”. La risposta è lapidaria ma serissima: “Ci sto provando”. Come anticipato nella precedente recensione Deja sarà l’occasione per Randall per venire meno alle sue nevrosi e manie perfezioniste di controllo. Così come già lo era stato il padre biologico William. L’associazione tra Deja e William non è casuale: in questo episodio il parallelismo è ripreso con una finezza straordinaria. Un flashback ci riporta al primo giorno dell’anziano nella casa del figlio. Pronto ad andarsene viene sorpreso dalla piccola Annie, la figlia di Randall. Anche qui è un ricordo a convincere William a restare.
“Una volta sono andata a dormire dalla mia amica Lucy. E ho avuto paura. Quindi i miei genitori sono venuti a prendermi. Tornata a casa sono stata triste perché forse mi sarei divertita se fossi rimasta. Quindi magari se resti qui, ti divertirai”. Anche in questo caso, come in quello di Randall, il ricordo diventa esperienza. Diviene memoria che forma ed educa. Occasione per imparare dagli errori del passato. La paura è ciò che accomuna i protagonisti di This Is Us in questo episodio che guarda al passato. È la paura di William nella nuova casa. Che richiama quella di Deja. Un rimando accentuato dalla frase che entrambi pronunciano. “Questa casa è pazzesca”. Annie sorride quando la sente pronunciata da Deja perché subito la sua mente ritorna a William. In cuor suo sa che come il nonno anche la sua nuova sorellastra si integrerà.
La paura è anche quella di Kevin, come abbiamo visto. Così come quella di Jack che si trova ora nella difficoltà di condividere con la moglie il suo problema di alcol mettendo da parte l’orgoglio e la vergogna.
Rebecca nel suo amore per il marito riesce gradualmente a superare l’ostacolo. A saltare il muro e a ricongiungersi emotivamente con Jack. Non attraverso la rievocazione della loro “prima volta”. Quel ricordo per Jack non può essere riattualizzato senza provare dolore. Senza ripensare alle sofferenze di quel periodo. Al dramma familiare del padre alcolizzato e della madre succube. Allo svilimento costante di cui era fatto bersaglio dal disastrato genitore. Serve allora dell’altro. Bisogna abbandonare il passato nelle sue componenti esteriori (il drive-in, l’hamburger, il sesso) per recuperarlo interiormente. Attraverso la riscoperta del dialogo. L’importanza di aprirsi all’altro, alla persona amata. In quel mettersi lì e lasciar fluire i pensieri liberandosi catarticamente dalle proprie nevrosi e sofferenze. È questo rapporto che Jack e Rebecca riescono a far proprio di nuovo. “Torno in macchina perché mi manca parlare con te e non sono ancora pronto a smettere [di parlarti ]”.
Ancora una volta This Is Us ci ha restituito un episodio in cui dalla tematica unitaria (la memoria e il ricordo) si dipanano i molteplici modi di affrontare il problema da parte dei protagonisti. Tutti condividono paure e aspettative. Si trovano nella necessità di fare un salto nel buio: William (a suo tempo) per restare, Jack per riuscire a condividere il suo problema con Rebecca, Randall per accettare l’impossibilità di controllare la situazione e l’esito del rapporto con Deja, Kevin per superare le difficoltà a parlare della morte del padre. Ognuno ha un suo percorso da intraprendere, scelte da compiere, incertezze da vincere. Ognuno nella sua drammaticamente quotidiana umanità.