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This Is Us 2×11: ognuno di noi indossa una lente sul mondo

This Is Us
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Ogni episodio di This Is Us ci restituisce qualcosa di nuovo. Qualcosa di unico e originale. Non finisce mai di sorprenderci questa Serie grazie al realismo e allo sguardo critico con cui riesce a penetrare nell’animo umano. In questo undicesimo episodio ci sono tutte le contraddizioni della vita. C’è l’immagine distorta che spesso abbiamo delle cose. La visione attraverso delle lenti che ingigantiscono o alterano la nostra percezione. C’è anche la miopia di chi non si accorge dei bisogni di un figlio. O delle preoccupazioni e delle difficoltà di una madre. Ci sono le infinite prospettive soggettive di ognuno di noi.

Non esiste una realtà assoluta, ci dice This Is Us. Non esiste una vita oggettiva. Esiste la nostra realtà personale fatta di emozioni e sensazioni. Fatta di esperienze e dolori. Fatta di momenti. È il modo in cui ci poniamo di fronte alle circostanze e di fronte agli altri che porta a una visione piuttosto che a un’altra. È anche la nostra capacità di non lasciarci andare al vittimismo e allo scoramento. La forza che troviamo dentro di noi, la carica a rialzarci che può condizionare tutto. Kevin non è vittima né colpevole. Non è però esente da colpe come pure tutte le persone che lo circondano.

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Su di sé ha il peso del Numero Uno.

Del figlio perfetto che non ha bisogno di attenzioni particolari. Ma è proprio questo a renderlo, come afferma lui stesso, “la ruota di scorta della famiglia”. “Quando ero piccolo credo di essermi sempre sentito messo al secondo posto dopo voi due con mamma e papà”. In parte è così. Come il figlio, anch’egli primogenito, di una famosa parabola Kevin non riesce ad accettare quell’amore tutto particolare riservato agli altri suoi fratelli. Non capisce quell’assenza di attenzioni nei suoi confronti. L’amore di Jack e Rebecca per lui non è inferiore. È solo diverso. Meno pressante ed esplicito. I due genitori sono troppo concentrati sui problemi degli altri due figli per pensare a Kev. Così quel vuoto emotivo nel bambino si tramuta in rabbia.

Quando il padre si allontana per seguire Kate, Kevin lancia la palla con l’intento di colpire il fratello. Quel Randall che gode delle attenzioni particolarissime della madre. È vero, come dice lo stesso Randall, che Kevin brama costantemente anche in età adulta attenzioni. La fama come pure il ruolo in un importante film lo pongono al centro della scena. Gli restituiscono quello spazio privilegiato che sente di non aver avuto nell’infanzia. Quell’interesse che gli è stato negato.

Ma è facile qui cadere nel vittimismo. Credere che tutto dipenda da qualcun altro.

No, Kev ha le sue responsabilità. Le sue drammatiche mancanze. Ed è solo colpa sua. Della sua incapacità di rialzarsi. Di rimettersi in gioco. Così si abbandona alla dipendenza. Riattualizza la figura del padre nel difetto macroscopico del genitore. “Credo che a causa dei miei sentimenti da piccolo si sia creata questa voce nella mia testa che mi continua a ripetere ‘non sei abbastanza’”, confessa. In lui si concentravano le aspettative di tutti. Del padre in primis che nella carriera sportiva del figlio credeva e si beava più di chiunque. La costante incapacità di essere all’altezza delle attese, di mettersi in mostra e rendere orgogliosi i genitori lo ha portato a cedere. Ad arrendersi di fronte al crollo di quel sogno da giocatore di football in cui si era crogiolato. Con il suo infortunio è venuta meno anche la speranza di riconoscimento e riguardo nei suoi confronti.

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Ma come ci ricorda Randall: “Penso che ognuno veda la sua infanzia con lenti diverse. Differenti prospettive”. Così è come se Kevin vedesse attraverso una lente di ingrandimento. Come se andasse a ingigantire il tutto. In lui quei piccoli segni di scarso interesse da parte dei genitori si tramutano in qualcosa di più. In un’occasione per mettere in dubbio il loro amore per lui. Soprattutto quello della madre, iperprotettiva e morbosamente legata a Randall. Rebecca non è esente da colpe. Come abbiamo visto le ha anche nei confronti di Kate.

Ma tanto Kate quanto Kevin riversano su di lei i loro problemi personali. Le loro debolezze e incertezze.

Così scopriamo che quella madre tanto odiata in realtà non ha fatto altro che cercare disperatamente un contatto con ciascuno dei suoi figli, relegata al ruolo di “cattiva”. Costretta a essere matura e responsabile di fronte a un marito “perfetto” ma incapace di impartire un’educazione più severa. Rebecca è stata rifiutata dai figli. È stata isolata e abbandonata nel momento del massimo dolore, della perdita di quel marito così tenacemente amato.

Ha riversato il suo amore su Randall perché quel bimbo le permetteva di farlo. Ricambiava il sentimento. Si mostrava più ricettivo nei suoi confronti. Avrebbe certo dovuto essere più presente per Kevin, più vicina a lui. Eppure, non possiamo negare che ci abbia provato. Che nonostante le sue umanissime mancanze non abbia mai amato meno nessuno dei suoi figli. Non ha mai smesso di cercare l’abbraccio di ciascuno di loro. Così dopo che nella 2×09 di This Is Us avevamo visto la stretta riconciliatrice con Kate ora assistiamo a un nuovo abbraccio. Un abbraccio di cui forse Kev non ha memoria ma che pure rappresenta un simbolo dell’amore incondizionato di una madre per tutti i suoi figli. E allora cambiando di nuovo lente ci accorgiamo che la visione del mondo diventa ancora diversa.

Togliamo la lente di ingrandimento indirizzata a minuziosa ricerca delle mancanze di Rebecca e scopriamo che nel quadro generale la situazione è in fondo diversa.

Che non esiste un colpevole e una vittima in senso assoluto. Ma che ognuno ha vissuto le sue difficoltà e i suoi dolori. Le delusioni e i momenti di sconforto. Che quella famiglia è rimasta condizionata dagli eventi. A volte incapace di reagire, di dare una risposta credibile. Non lo ha saputo fare Kate, ricaduta nuovamente nella dipendenza dal cibo dopo il dolore della perdita di un figlio. Non è riuscito a Kevin dopo aver perso il ruolo nel film. C’è insomma una difficoltà di fondo a rialzarsi. A rimettersi in gioco. La scarsa funzionalità familiare emerge tutta qui. “Siamo una famiglia piena di dipendenze”, prorompe Kevin. La dipendenza per la famiglia Pearson diventa il luogo del conforto. Il porto sicuro in cui rifugiarsi e affogare i problemi. In cui sottrarsi alle difficoltà.

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Ecco il vero, grande errore del padre e marito “perfetto” di This is Us, Jack. La sua incapacità di dare per primo l’esempio. Di lottare veracemente. Di trasformare il dolore in qualcosa di positivo. In lotta attiva, combattiva. Jack ha lasciato in eredità ai suoi figli questa debolezza. E Kevin ha finalmente il coraggio di rompere il muro del silenzio. Di infrangere quell’aura di santo che ormai domina l’immagine di Jack. Non era un padre perfetto, né un marito perfetto. Era un uomo con le sue forze ma anche debolezze. Ma sempre con l’amore sconfinato di un genitore che avrebbe dato tutto per i suoi bambini.

L’amore in fondo lo ha salvato ancora una volta dalla sua fragilità.

La volontà di risollevarsi per amore della moglie e dei figli è stato per lui uno sprone nonostante le ricadute. Così è in quell’amore che mai è mancato nella famiglia Pearson che i fratelli potranno ritrovare se stessi. Randall aprendosi ancora a una nuova vita, a una nuova adozione. Kate ad un nuovo tentativo di gravidanza sconfiggendo così la sua paura di un altro aborto. Infine, Kevin sottraendosi alla perversa logica della dipendenza, di quella soluzione facile che ha ereditato dal padre. Dovrà però riuscire a scrollarsi di dosso il peso delle responsabilità che sente ancora gravare su di sé.

A metà stagione, This Is Us non sembra restituirci soluzioni. Non ce ne ha mai date di facili, d’altronde. Nella sua complessità questa Serie ci ha sempre restituito il dramma della quotidianità. Il realismo di dualismi familiari irrisolti. This Is Us mette in scena la vita, episodio dopo episodio. Lo fa miscelando buoni sentimenti e violente liti. Restituendoci così ancora una volta la complessità di una visione del mondo capace di mutare continuamente a seconda della lente che si indossa.

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