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True Detective – 1×05: “l’errore” che ha cambiato tutto

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Quando si parla di serie tv antologiche, la serie di Nic Pizzolatto targata HBO è una delle prime a venirci in mente. In particolare la prima stagione ha raccolto moltissimi consensi da parte del pubblico e della critica, con una narrazione intensa, dialoghi sublimi e l’iterpretazione magistrale di Matthew McConaughey e Woody Harrelson nei panni dei due protagonisti Rustin Cohle e Martin Hart. Il quinto episodio della prima stagione di True Detective si intitola “Il segreto destino di ogni vita” e ci conduce in un labirinto di misteri, lancia in noi il seme del dubbio, mentre ci attira con riflessioni profonde sul senso della vita, tanto che quasi ci sembra di sentirla scivolare via tra le dita della mano.

Abbiamo paure, e non è solo per le ambientazioni macabre a cui ormai Pizzolatto ci ha abituato in True Detective

True Detective
True Detective (640 x 360)

Improvvisamente abbiamo paura di vivere male o di non vivere affatto. Mentre Rust gioca con le sue lattine di birra, e Marty parla di quegli anni felici del passato, ci ritroviamo a ragionare su noi stessi. Quali sono gli anni migliori della nostra vita? Li stiamo vivendo? Li abbiamo vissuti già? Il futuro fa così dannatamente paura.

Il crimine intreccia il passato, il presente e tutto ciò che è scivolato via nel mentre. Come i rametti di legno che abbelliscono il mistero, così gli arzigogoli di una relazione complessa vengono a galla davanti ai nostri occhi, mentre Rust e Marty raccontano ancora una volta le favolette che hanno imparato a memoria. È tutta una metafora. Le voci narranti dei protagonisti ci fanno ripercorrere una bugia mentre le immagini ci mostrano la realtà. La dinamica vera si sovrappone a una storia raccontata, collaudata, a cui forse hanno finito per credere anche loro. Un po’ come le voci narranti dell’apparenza che sovrapponiamo alle nostre vite quando il loro andazzo non ci piace. Raccontiamo la nostra versione finchè non sembra plausibile o verosimile. Illusione.

Rispetto ai precedenti episodi di True Detecitve ci sembra di conoscere i due protagonisti per la prima volta, o di non conoscerli affatto

stranger things
True Detective (640 x 360)

Si dice che il battito d’ali di una farfalla possa generare un uragano dall’altro lato del mondo, allo stesso modo in True Detective vediamo quanto i piccoli e grandi errori possano presentare il loro conto quando meno ce lo aspettiamo, anche quando non ricordiamo neanche più di quella distrazione.

Perchè la distrazione in sè è un errore tanto quanto la fretta. In sè anche le emozioni umane sono una sotto specie di errore del sistema, una falla che ci porta a essere impulsivi, stupidi, terribilmente umani quali siamo. True Detective è un’analisi cinica e sporca di questo concetto, e lo è anche il quinto episodio della serie tv.

Al termine dell’episodio ci chiediamo chi sia Rust Cohle, quasi vogliamo vederlo come un villain anche se in fondo non ci crediamo neanche noi. Eppure non è altro che il villain di se stesso: scompigliato, in disordine, vittima di traumi passati che rendono lo scorrere della vita una nuova ruga sulla sua fronte corrucciata. La caccia è l’unica cosa che lo tiene in piedi, tra il sapore del luppolo e l’ennesima sigaretta. Lui entra dentro le persone, va oltre ciò che si vede sulla superficie e pensa come loro. Non ci sono trucchi nei suoi interrogatori, perché ha annullato il suo Io al punto tale da poter interpretare chiunque voglia. È un involucro, che si appoggia alla vita con la stessa sfacciata noncuranza con cui la cenere si mantiene in equilibrio sul bordo di una sigaretta che brucia lenta, tra un tiro e l’altro.

Dall’altro lato abbiamo Marty, con la solita cravatta appesa al collo, e la convinzione di poterla fare sempre franca. Si mantiene in bilico su una pretesa instabile di perfezione, mentre tutto ciò che immagina si frantuma sotto le sue mani. Vorrebbe gestire le redini di una famiglia modello, ma le redini non le ha mai avute. Le ha dimenticate per strada tempo fa, e non le ha più recuperate. Così il tempo scivola, l’orologio continua a ticchettare e le figlie crescono. Mentre distratto mangia la sua cena e il tempo sghignazza sornione, come un diario lasciato sul fondo di un cassetto, e un discorso del passato abortito in un non detto.

La regia centra ancora una volta il bersaglio in True Detective

true detective
True Detective (640 x 360)

Mentre siamo sballottati tra presente, futuro, reale e distorto, i colori ci trasportano in un mondo desaturato e tetro. Di nuovo abbiamo paura. I dialoghi sono come lame affilate. Dobbiamo tendere l’orecchio per carpirne ogni sfaccettatura, e un secondo dopo vorremmo già tornare indietro per ascoltarli ancora e ancora per godere di questo capolavoro di scrittura.

Se abbiamo imparato che la distrazione è un peccato, questo vale anche per il nostro “lavoro” di spettatori. True Detective, in particolare il quinto episodio della prima stagione, ci fa comprendere che non possiamo permetterci di essere distratti. Dobbiamo godere del lento gocciolare dei discorsi, lasciare che la narrazione ci assorba in quel loop spettrale che è la storia. Ci svuotiamo come Rust, ci svestiamo e diventiamo involucro per la storia stessa. Non possiamo commettere errori in questo avanzare concentrico, in fondo abbiamo l’esistenza intera che ci osserva dall’altro, vedendoci come il cerchio perfetto di una lattina di birra spiaccicata tra i palmi sudati di una mano al sapore di tabacco.