Vai al contenuto
Home » Recensioni

Tutta Colpa Di Freud: quando l’amore è tormentato dall’incomunicabilità

Tutta Colpa Di Freud
Ma prima di continuare con la lettura abbiamo entusiasmanti novità da condividere con te. A breve sarà disponibile Hall of Series Plus, il nostro servizio in abbonamento che ti permetterà di accedere a moltissimi contenuti esclusivi e in anteprima.

Inserisci il tuo indirizzo email e clicca su ‘Avvisami’ per essere notificato quando Plus sarà disponibile.

* campo obbligatorio

Da poco sbarcata su Amazon Prime Video, Tutta Colpa Di Freud – la Serie Tv tratta dall’omonimo film Tutta Colpa di Freud – sta già facendo parlare di sé. Le aspettative riguardanti questa comedy, visto il successo della pellicola con a capo Marco Giallini, erano davvero alte. Via il dente e via il dolore, ve lo diciamo subito: se le vostre intenzioni sono quelle di guardare ciò che avete visto al cinema nel 2014, allora rimarrete delusi. La serie, nonostante metta in prima linea la stessa dinamica – padre psicologo con tre figlie – sceglie di distaccarsi totalmente dal film per creare una storia completamente diversa, fresca e autentica.

Non esisteranno, dunque, paragoni con la pellicola. Paolo Genovese – ideatore del film e della serie – crea due ambienti totalmente diversi che in un certo senso non possono coesistere insieme.

Tutta Colpa Di Freud – la serie – racconta in otto puntate la difficoltà dei rapporti e di come la fine di questi sia segnata dalla loro nemica per eccellenza: l’incomunicabilità.

Tutta Colpa Di Freud

Francesco Taramelli (Claudio Bisio) è un psicoterapeuta, padre single di tre ragazze ormai adulte: Emma, Marta e Sara. Le tre sono cresciute solo con il supporto del padre fin dalla loro prima infanzia a causa della scelta della madre di girare il mondo per lavorare nell’ambito ambientale.

La prima puntata ci mette di fronte quattro storie ben definite: Sara sta per sposarsi con il proprio fidanzato, Marta chiude una relazione con un suo collega che diventerà suo acerrimo nemico all’interno dell’università in cui lavora ed Emma sta cercando di capire cosa voglia fare davvero nella propria vita. In mezzo a tutto questo caos c’è anche Francesco, un padre che guarda le proprie figlie crescere e che – per via dell’ansia – avrà un attacco di panico che gli farà comprendere di dover andare in terapia. Da quel momento le carte in tavola all’interno della famiglia iniziano a mischiarsi: Francesco inizia a vedere oltre le figlie, scoprendo che fuori esiste ancora la possibilità di vivere e di innamorarsi.

Tutta Colpa Di Freud mette al centro di tutto i rapporti sottolineando quanto l’incomunicabilità sia la loro nemica più pericolosa. In ogni interazione – sia quelle sentimentali che familiari – vigerà la regola del silenzio. Ogni personaggio, così, sembra vivere due guerre: quelle con gli altri e quelle con se stesso. Perché di base tutti hanno un’unica certezza all’interno di questa Serie Tv: non sono bravi, non sono perfetti. Sono imperfetti, disastrosi, irresponsabili.

Tutta Colpa Di Freud

Sara deve sposarsi ma il suo incontro con la sua wedding planner mette tutto in dubbio: tra le due scatterà immediatamente un’attrazione infermabile che manderà il matrimonio a monte. Ed è su questa base che iniziano i problemi della serie: lo spettatore, neanche per un attimo, riesce a comprendere cosa voglia fare Sara o cosa provi. La sua confusione sarà una barriera tra lei e il pubblico che – al termine delle otto puntate – non saprà effettivamente chi sia davvero. Per tutto il tempo, anche quando ottiene ciò che vuole, non sarà mai felice o soddisfatta e chiariamolo subito: non si tratta di carattere, ma di una costruzione forse troppo superficiale dell’individualità del personaggio.

Questo problema non è un caso isolato, lo si riscontra anche nelle altre sorelle. Emma viene mostrata come la tipica giovane superficiale che nasconde fragilità e intelligenza, ma questi aspetti vengono intravisti dando solo spazio alla sua storia d’amore con il capo. Marta ricopre un ruolo nevrotico, quasi fastidioso: tutto gira intorno alla sua ultima relazione da cui sembrerà uscire distrutta. Niente panico, riuscirà a superare il dramma innamorandosi di un (finto) avvocato in cura da suo padre. Anche in questo caso tutto si limita a un racconto superficiale dell’individualità della protagonista: chi è davvero? cosa vuole? A parte i frangenti sentimentali, la sua essenza non viene studiata ma superficializzata a pochi momenti in cui vivrà sempre la stessa zolfa: si innamora a prima vista. Fine.

A parte questo evidente problema, è innegabile che le vicende in ogni caso si leghino bene tra loro. Le storie riescono a centrare l’obiettivo della serie: ci si rende immediatamente conto del nome che porta la reale problematica che attanaglia ogni personaggio: silenzio.

Tutta Colpa Di Freud

Il padre non dirà a Marta che il suo fidanzato è in cura da lui, Emma non affronterà mai le fragilità che l’abbandono della madre le ha provocato e Sara non renderà partecipe nessuno – neanche se stessa – della sua confusione.

Questa incomunicabilità segnerà anche il rapporto tra Francesco e la sua psicoterapeuta (Claudia Pandolfi) di cui si innamorerà. Tra i due si creerà un rapporto di silenzi, verità non dette e sentimenti nascosti. Una storia, in questo senso, non troppo diversa dal matrimonio fallito del protagonista: la sua separazione non è mai stata ufficiale per paura di darle un nome. Se non dai un nome alle cose e le chiami niente, allora niente finisce: più o meno questo è il concetto chiave che viaggia nella mente dello psicoanalista, troppo affranto dal presente per chiudere del tutto il capitolo passato.

Tutta Colpa di Freud – nonostante alcuni flashback – non è una serie che guarda al passato, ma un racconto che cerca di raccontare il presente devastato di tutti i personaggi.

Ognuno di loro cerca di fuggire dalle proprie responsabilità e lo fa non guardandole mai neanche per un attimo in faccia. Sono tutti bravissimi a supportarsi ma quando è di loro che si tratta allora non sanno che fare, e si sentono persi.

Si dice sempre non si possa sfuggire a noi stessi e ai nostri demoni, ma Tutta Colpa Di Freud sembra cambiare le carte in tavola. Ogni puntata ci dà modo di vedere come in realtà si possano trovare vari metodi per non affrontarsi, per guardare altrove. I guai individuali spesso vengono risolti dalle persone che stanno intorno al personaggio che li sta subendo: in questo senso possiamo definire questa una serie corale. Questo aggettivo non nasce solo per la coralità delle storie, ma anche per come tutte in questo modo vengano vissute da ogni individuo che cercherà di risolverle, a patto che non siano le proprie.

Il vero paradosso risiede proprio in Francesco, uno psicoterapeuta che dimentica di esserlo ogni volta che diventa un paziente o si tratta delle proprie figlie. Tutti i libri che ha letto sulla psicoanalisi, tutti gli insegnamenti si fanno da parte e lasciano spazio solo a un uomo che di fronte alle proprie fragilità non sa che fare, non sa analizzarsi.

Tutto viene gestito all’interno della confort zone della commedia, ma il dramma all’interno di Tutta Colpa Di Freud è dietro l’angolo e – puntata dopo puntata – urla per uscire e prendersi la scena e proprio quando sembra ormai averlo fatto, ecco che subentra di nuovo la confort zone. Non è un caso: sembra quasi che la serie agisca nello stesso modo dei protagonisti, scappando dunque di fronte a ogni problema, lacrima o dramma.

Tutta Colpa Di Freud è una serie che funziona. Riesce ad arrivare dove vuole arrivare e lo fa servendosi di ironia, sarcasmo, paura e amore. Quest’ultimo argomento viene sviscerato e portato in ogni ambito: da quello familiare a quello sentimentale e non risparmia nessuno, neanche chi pensa di essere invulnerabile.

Spesso si ci ritroverà in completo disaccordo con tutti i personaggi della serie. Ci ritroveremo a volere da loro altri esempi, altre azioni, scelte diverse. Paolo Genovese, però, non ci accontenterà perché questa – a prescindere dalla copertina – è una storia di vita quotidiana che non ha intenzione di insegnare qualcosa o lanciare un messaggio. Sono tutti devastati dai loro silenzi, dalle responsabilità da cui scappano e questo è forse uno dei motivi per il quale alla fine la serie ci ha convinti servendosi solo di otto episodi che, paradossalmente, non segnano alcun tipo di cammino. I personaggi non evolvono, rimangono esattamente come nella prima puntata e tutto ciò è tangibile soprattutto grazie al finale in cui le carte in tavola si rimescolano e tornano come prima.

Nessuna evoluzione, tanti silenzi, rapporti indefiniti e nessun modello a cui affidarci. In un certo senso Tutta Colpa Di Freud sembra il libretto di distruzioni più che di istruzioni, ma sotto sotto forse a noi piace ancora di più proprio per questo.

LEGGI ANCHE – Amazon Prime Video: tutte le novità in arrivo a Marzo 2021!