Un’imbarcazione scandinava scivola silenziosa sulle acque. Intorno a sé, una distesa di ghiaccio bianca e infinita. Sopra di sé, fiocchi di neve vorticano e cadono dal cielo insieme a una Valchiria, mentre macchie di sangue rosso acceso, sature e nitidissime si stagliano sul terreno gelato. L’aurora boreale danza con le sue meravigliose sfumature verdi e azzurre. Questi sono i minuti iniziali di Twilight of the Gods. Un’esperienza visiva che promette bene, anzi benissimo. L’ambientazione, suggestiva e avvolgente ma anche cupa, spesso notturna e impostata sui toni freddi, è interessante e originale. Assolutamente dominante. Il vero punto di forza di questa serie animata disponibile su Netflix dal 19 settembre.
Tutti gli elementi di cui è composta l’animazione e la scenografia riescono nell’intento di evocarci le storie e le leggende che abbiamo sentito raccontare sulle civiltà norrene e sulla loro affascinante mitologia, legata al mondo naturale e alle sue forze misteriose. Miti in cui l’intero creato pulsa all’unisono, donando la vita e togliendola a suo piacimento. In Twilight of the Gods però i creatori hanno cercato un ribaltamento. Una sorta di vendetta e di riscatto per l’umanità, in cui è Sigrid, guerriera figlia del re dei Giganti, a decidere il destino degli dèi e di uno in particolare: Thor. Accanto a lei, il suo innamorato e promesso sposo, il re mortale Leif.
C’è poi lo zampino di Zack Snyder. Lo stile del co-ideatore e regista di due degli 8 episodi di questa serie, si rivela immediatamente già nelle prime sequenze di combattimento. Proprio come nel suo lavoro meglio riuscito, il film 300, la violenza e lo splatter vengono rappresentati al punto giusto. Sappiamo che le civiltà del passato erano per necessità belliciste e brutali. Il più forte sopravviveva e per diventare forti bisognava essere addestrati alla guerra e preparati alla morte.
Queste tematiche, gli autori Zack Snyder, Eric Carrasco e Jay Oliva le conoscono bene e si vede da come hanno deciso di rappresentare Twilight of the Gods e la sua atmosfera dura e spietata. Contemporaneamente, le vicende dei personaggi vengono accompagnate da una colonna sonora epica ed eterea, composta dal due volte Premio Oscar Hans Zimmer. Ci sono persino delle più o meno celate citazioni a edifici e personaggi della trilogia de Il Signore degli Anelli di Peter Jackson. Un esempio, senza anticiparvi troppo, è la dimora di Odino, disegnata come un ibrido tra Minas Morgul e Barad-Dur.
Fino a qui dunque tutto bellissimo. O quasi. Se consideriamo positivamente l’idea di partenza della trama e la grafica spettacolare, è il pretesto per cui viene sviluppata la storia a farci storcere un po’ il naso. Così come i dialoghi tra i personaggi, inutilmente scurrili per non dire fuori luogo. Incastrati a forza per fare colpo sugli spettatori più giovani o per ricercare il volgare a ogni costo. Un contrasto troppo stridente con l’epicità e la grandezza degli argomenti affrontati. Lo stesso discorso vale per alcune scene d’amore di nudo integrale e lievemente spinte. Sequenze che non aggiungono nulla né alla narrazione né ai rapporti tra i diversi protagonisti. Alcuni di loro vengono introdotti troppo velocemente e si ha la stessa sensazione in merito ad alcuni avvenimenti.
Gli dèi sono invece il vero piatto forte, in particolare Odino e Loki. Il primo inizialmente appare attraverso i suoi emissari, i corvi. Vi ricorda qualcosa? Se vi dicessimo Vikings? In effetti gli autori della serie sono rimasti fedeli alla realtà storica, secondo la quale per le civiltà norrene il re degli dèi era davvero impersonato da questi uccelli intelligentissimi. Lo vediamo prendere sembianze umane solo da un certo punto in avanti ma moltiplicato per tre. Tre versioni diverse della stessa divinità.
Loki invece è una figura ambigua, complessa, camaleontica e astuta. È allo stesso tempo avversario e alleato sia di Sigrid che degli dèi. Un personaggio perennemente in evoluzione, contradditorio ma bellissimo, fino al momento in cui viene rivelato il suo passato drammatico. Il suo essere diviso tra bene e male lo rende l’ago della bilancia per la vita tanto delle divinità quanto degli esseri umani. È lui secondo noi la vera rivelazione di Twilight of the Gods. Un antagonista, un capro espiatorio, ma con il quale riusciamo a empatizzare. A differenza di Thor, che mal sopportiamo per la sua arroganza e per la sua crudeltà spesso immotivata.
Il ritmo serrato della narrazione subisce un arresto improvviso quando si arriva all’episodio 6, il più originale e forse meglio riuscito per il livello di introspezione. Infatti non ci sono combattimenti né spargimenti di sangue, ma viene esplorato il passato del gruppo di protagonisti, seduti intorno al fuoco. Finalmente! Quella che sembrava una scrittura solamente superficiale viene qui approfondita tramite il racconto di storie folcloristiche, tramandate oralmente di generazione in generazione. Grazie a questa puntata capiamo che i creatori hanno studiato la materia per bene, tanto da far dire a uno dei personaggi com’è avvenuta l’origine del mondo (Midgard, la Terra di Mezzo) secondo i norreni. Una perla per nulla scontata e che pochi conoscono.
Attenzione alla verità storica, all’aspetto visivo e al girato delle scene di battaglia. Secondo noi sono queste le qualità di Twilight of the Gods. E il puro “stile Snyder”? Si limita solo ad alcune, brevi scene di combattimento? Per i fan del regista che se lo stanno chiedendo dall’inizio di questo articolo, la risposta è no. L’intero episodio finale è una lunga ed epica sequenza di guerra sotto le mura di Asgard.
Una carneficina di corpi, ma anche di idee. E sì, perché Zack non si è risparmiato nell’inserire tanti, troppi filoni narrativi che si accavallano ma non convergono. Ogni personaggio è qui impegnato nel raggiungimento del proprio obiettivo personale, e si salta quindi da una storia all’altra creando un po’ di confusione. Tra creature mitologiche, lupi, soldati, Valchirie, divinità e umani, noi spettatori finiamo con l’essere disorientati. Ad esempio Ulfr, il misterioso uomo-lupo di poche parole, diventa sé stesso solo negli ultimi minuti della puntata. Così, senza troppe spiegazioni. Mentre lo scontro tra Thor e Sigrid si conclude e non si conclude. Un finale abbastanza aperto e che potrebbe condurre a una futura stagione due? Chissà! Nel frattempo vi lasciamo con un consiglio: se potete, guardate Twilight of the Gods in lingua originale. Il doppiatore di Ulfr è quel mostro di bravura di Peter Stormare, il John Abruzzi di Prison Break.