ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Un inganno di troppo, la miniserie Netflix uscita il primo dell’anno!!
Fool me Once – questo il titolo originale della miniserie britannica appena sbarcata su Netflix – è l’ennesima trasposizione televisiva di un’opera letteraria di Harlan Coben. Lo scrittore statunitense, vincitore del Premio Edgar e del Premio Shamus nel 1996 per il suo romanzo Fade Away, è infatti ormai piuttosto avvezzo alla pratica della televisione, considerando l’ormai consolidata collaborazione con Netflix e le più recenti trasposizioni dei suoi libri. Dal 2020 a oggi, il colosso dello streaming ha trasformato in serie tv ben sei romanzi dell’autore, dando vita a produzioni di successo come The Stranger o Stay Close. Più recente è invece Shelter, la miniserie thriller che fonde azione e mistero e che è andata in onda questa estate su Amazon Prime Video. Coben è però tornato subito a casa, offrendo a Netflix il materiale narrativo per produrre Un inganno di troppo, un’altra mystery story carica di tensione e ottima per il binge watching di inizio anno. Il romanzo – Fool me Once – è del 2016 e parla della storia di un ex militare che indaga sull’omicidio di suo marito. La trama del libro è ambientata negli Stati Uniti, ma – come spesso è accaduto per la trasposizioni televisive dei romanzi di Coben – la miniserie trasloca in Europa e le vicende dei suoi protagonisti avvengono sullo sfondo di un’Inghilterra grigia e angosciante, il background perfetto per un thriller psicologico ad alta tensione.
Un inganno di troppo è il titolo con cui Netflix sceglie di inaugurare il 2024 sul fronte del genere giallo e di suspence.
Gli otto episodi della miniserie scorrono via in maniera molto fluida, giocando con la psiche dello spettatore, confondendolo e facendo leva sulla sua macabra curiosità. Un inganno di troppo (Fool me Once) è una storia di misteri e segreti che si evitano e si rincorrono per tutto il corso della narrazione. La protagonista è Maya Stern (Michelle Keegan), un ex capitano dell’esercito allontanata dal fronte in seguito all’uccisione di civili innocenti dopo lo sgancio di una bomba. Maya è perciò una ragazza ostinata, madre di una bambina dolcissima, sposata con Joe Burkett, rampollo di una ricchissima famiglia impiegata nella sperimentazione e commercializzazione di farmaci in tutto il mondo. È facile prevedere lo scarso feeling tra Maya, una donna di umili origini scaraventata dall’altra parte del globo a combattere per l’esercito di Sua Maestà, e la famiglia di suo marito, così avida e corrosa da segreti, bugie, silenzi, gelosie e domande insidiose rimaste per troppo tempo senza risposta. Quando Joe Burkett viene brutalmente ucciso in un parco, sua madre Judith (Joanna Lumley), così come sua moglie Maya, cercano di fare i conti con la verità ed elaborare il lutto. Ma in un contesto così denso di misteri e non detti, nulla è scontato e il colpo di scena sconvolgente è sempre dietro l’angolo. Così Maya riesce a vedere suo marito Joe, dopo l’uccisione, in un video di una micro camera installata nella stanza di sua figlia per tenere d’occhio la babysitter. Come è possibile che un uomo morto e sepolto appaia in un video mentre coccola sua figlia?
Le domande iniziano a rincorrersi nella testa di Maya e dello spettatore. Non si capisce quale sia il confine tra la realtà e la finzione, tra ciò che è vero e ciò che accade solo nella testa della protagonista.
L’indubitabile viene messo in discussione. Ciò che ci appare certo, dalla nostra prospettiva di osservatori, all’improvviso diviene dubbio. Le verità si incrinano, la chiarezza vacilla e iniziamo a sospettare di tutti. È così che si costruisce un giallo ricco di suspense. O almeno, è così che è abituato a farlo Harlan Coben, che infittisce il mistero con una serie di sfumature che mettono in dubbio non solo il giudizio dei personaggi, ma anche quello di chi guarda. A seguire il caso dell’omicidio di Joe Burkett c’è il detective Sami Kierce (un credibilissimo Adeel Akhtar), confuso, disordinato, in preda ai tremori, alle visioni e alle allucinazioni. All’inizio non possiamo saperlo, ma c’è una linea che intreccia il destino di Sami con il caso che sta seguendo. È tutto organizzato per confondere, per attorcigliare i fili di un intreccio volutamente ambiguo, sospeso. Fino alla fine, non si capisce se Joe sia effettivamente vivo o morto. Gli autori ci lasciano fare i conti con l’incertezza, dubitiamo per tutto il tempo di ciò che vediamo. All’omicidio del rampollo dei Burkett si affianca quello di Claire, la sorella di Maya, avvenuto anche questo in circostanze poco chiare e dense di mistero. Non è facile raccapezzarsi nelle trame grigie di Un inganno di troppo.
La miniserie di Netflix è un accalappia fan del genere thriller.
Attraverso i flashback e i sogni agitati della protagonista, riusciamo a ricostruire la psicologia di Maya Stern, a intravedere i fantasmi che la perseguitano e a condividerne paure e ossessioni. Un inganno di troppo sa bene come conquistare l’attenzione dello spettatore, attraverso una fitta rete di plot twist, personaggi interessanti di cui dubitiamo costantemente e una trama di segreti indicibili che sappiamo, presto o tardi, verrà a galla. D’altronde, Coben è ormai un maestro del genere e la sua abilità nel creare suspence è uno dei motivi che rendono i suoi romanzi perfetti per gli adattamenti televisivi di serie tv thriller. Ogni episodio si chiude con una rivelazione importante o una scoperta scioccante. Tra cliffhanger e colpi di scena, si va avanti fino all’ultimo episodio senza accorgersene, scavando nel passato dei personaggi e acquisendo ogni volta un elemento in più per avere un quadro più completo della situazione. Da questo punto di vista, Un inganno di troppo è una serie perfetta, capace di trattenere lo spettatore davanti allo schermo fino alle sconcertanti rivelazioni finali. Lo è un po’ meno quando vorrebbe affrontare una serie di tematiche attuali che però sono già state sviscerate da altri prodotti di successo. Gli scandali delle case farmaceutiche diventano insospettabilmente uno degli argomenti attorno ai quali ruota la trama della serie Netflix, che con Painkiller, una serie tv tragica e arrabbiata, ha già detto qualcosa in proposito. L’arco narrativo del detective Sami è legato a questo tema, la sua storia serve a raccontare il disagio e la sofferenza delle vittime degli effetti collaterali di medicinali sperimentali commercializzati con troppa facilità, insabbiando verità scomode.
Ma in Un inganno di troppo si parla del disagio analizzato da diverse prospettive: il disagio di Maya, vittima di un disturbo da stress post traumatico dovuto alle missioni militari svolte lontano da casa; il disagio e le disfunzioni di una famiglia ricca e stimata, abituata a mettere a tacere gli scandali a qualunque prezzo; e ancora le disuguaglianze sociali, il percorso di recupero di un alcolista che cerca di rimettersi in piedi, i tentativi di un giornalista hacker di far emergere la verità: c’è tanto in Un inganno di troppo, qualche volta messo insieme in maniera un po’ bulimica, ma comunque funzionale alla trama. Se state cercando un titolo con cui inaugurare l’anno e siete fan del genere thriller, Fool me Once potrebbe essere la serie perfetta per voi. Palpitante, accelerata, destabilizzante e piena di colpi di scena: arriverete all’ultimo episodio senza rendervi conto del tempo che è passato.