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Una Poltrona per Due – L’atipico classico natalizio della rivalsa

Una poltrona per due
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Ebbene sì, avete letto bene. Una poltrona per due, il classico dei classici di Natale praticamente subentrato al Piccolo Lord come anticipatore generale delle feste natalizie. Come è possibile che una commedia sgangherata su un esperimento sociale sia diventata il classico di Natale per antonomasia? Ironicamente il film uscì per la prima volta al cinema negli Stati Uniti nel giugno 1983, mentre in Italia arrivò solo l’anno successivo proprio a gennaio. Vista l’ambientazione natalizia che fa da sfondo all’intera vicenda, il film fu programmato per la prima volta in tv il giorno di Natale del 1989 e dal 1997 fu programmato costantemente come film della vigilia, diventando a tutti gli effetti un classico natalizio.

Anche se il Natale fa solo da sfondo temporale, riconoscibile a volte solo per la neve o per alcune decorazioni nell’appartamento di Ophelia e in strada, è lo spirito natalizio che permea l’intera pellicola che lo rende il perfetto film del periodo festivo. Oltre però al sudato e meritatissimo lieto fine per tutti i protagonisti, compreso il maggiordomo simpatico, Una poltrona per due è un film natalizio atipico: innanzitutto parte con una premessa decisamente cattiva, ossia quella di una scommessa tra i ricchi finanzieri Mortimer e Randolph Duke sulle motivazioni che spingano un uomo al successo o alla criminalità. Secondo Mortimer esiste una sorta di predisposizione genetica, mentre secondo Randolph è tutta una questione ambientale. Dopo aver assistito allo scontro tra i ricco Louis e l’imbroglione Billy Ray (chiamato per cognome nel film, Valentine), decidono di scambiare le loro vite e vedere chi ha ragione.

Alla base c’è quindi l’idea classica del Il Ricco e Il Povero ma l’atipicità qui sta nel fatto che i due sono inconsapevoli del cambiamento. La differenza tra questo e altri film natalizi pregni di buoni sentimenti è che quasi tutti i personaggi sono estremamente negativi: la fidanzata e i presunti amici ricchi di Louis, i due Duke, il poliziotto corrotto che aiuta i Duke a scambiare le due vite. Gli unici altri due personaggi positivi sono la prostituta Ophelia, assoldata per incastrare Louis ma poi genuinamente interessata ad aiutarlo, e il maggiordomo Coleman anche lui assoldato per il piano ma poi riluttante a eseguirlo. Ancora altra peculiarità (che era tipica dei film con alla base l’idea del ricco/povero) e che nessuno dei “cattivi” de film si ravvede, tutti rimangono sulle loro caratteristiche iniziali.

L’insegnamento di base non è quindi, come spesso accade a Natale, che c’è sempre del buono in chiunque ma che non bisogna rinchiudersi in un’etichetta perché dentro di noi i può essere molto di più e che… i cattivi vanno puniti!

Il sentimento di base che rimane alla fine del film non è tanto quello della dolcezza natalizia quanto quello della rivalsa verso l’ingiustizia, la soddisfazione di aver punito i cattivi (persino il poliziotto che finisce in Africa con un gorilla, il destino più infausto di tutti) e di aver vinto proprio tutto: soldi, amore, una vita onesta. Persino il fatto che gli unici personaggi positivi siano, guarda caso, i più “poveri” fa parte di questa soddisfazione: l’idea non solo di aver raddrizzato un’ingiustizia ma anche di aver visto compiere una sorta di scalata sociale (per Coleman, Ophelia e Valentine) ai personaggi che se lo meritano. In questo modo è come se il film parlasse a tutti noi, dicendoci che la cattiveria prima o poi viene scoperta, e che la bontà e l’aiutare gli altri ripagano sempre.

Eppure questo messaggio è comunque veicolato nel modo meno “natalizio” possibile, senza drammi esagerati o dialoghi troppo zuccherosi. Persino la storia d’amore tra Ophelia e Louis è tenuta molto leggera. Questo lo rende un film piacevole da rivedere ogni anno perché chi vuole può approfondire le interessantissime dinamiche che ci sarebbero dietro all’esperimento e al colpo di coda finale della finanza o alla vita di Ophelia, ma anche no. Il film è costruito in modo da potersi anche godere semplicemente la fantastica dinamica tra i due protagonisti, le loro assurde vicende e le situazioni al limite del paradossale. Una poltrona per due è talmente leggero e genuino nelle sue premesse che anche tutta la parte in treno è per ora riuscita a sfuggire alle maglie del revisionismo degli ultimi anni, pur presentando delle mosse che potremmo definire unpolitically correct. La “black face” di Louis e lo stereotipo africano di Valentine, quello della tedesca facile di Ophelia o del prete ubriacone di Coleman… sono tutte macchiette al limite ma nessuno si sognerebbe di toccarle o lamentarsene perché Una poltrona per due è Una poltrona per due!

A oggi rimane comunque chiaramente un film figlio degli anni Ottanta, un’epoca distesa e tendenzialmente leggera, dove i film erano spesso davvero pure intrattenimento e tutto il resto – immaginazioni, riflessioni, approfondimenti – erano completamente lasciati al pubblico. Ed è per questo che Una poltrona per due rimane un classico e non solo un classico di Natale. Perché ci riporta istantaneamente a quei tempi molti diversi dai nostri, lasciando alla nostalgia il compito di scavare nei nostri ricordi di bambini (per chi li ha vissuti) o di immaginare un modo diverso di vivere (per chi è più giovane). E nella sua semplicità ci fa ridere genuinamente, senza tentare di impartirti la classica lezione buonista di molti film natalizi ma lasciando a te la scelta di cosa farne.

Se proprio proprio vogliamo fare una recensione classica e parlare anche dei punti negativi, il film è figlio degli anni Ottanta non solo per i suoi pregi ma anche per i suoi difetti. Se la leggerezza è un punto positivo, il risvolto della medaglia è una certa faciloneria che rende alcune gag molto datate e ormai straviste. Se la semplicità è una caratteristica di quell’epoca, il risvolto è una certa superficialità dei personaggi, che vengono tratteggiati velocemente e con poco approfondimento psicologico. Anche Valentine e Louis, prodotto dei loro contesti, sono costruiti nel qui e ora senza dare troppo spazio a background psicologici o sociali che ne sfaccettino di più le personalità. Stessa cosa vale per Ophelia, della cui vita che pure sembra interessante sappiamo ben poco. Di conseguenza il finale è un po’ le stesse caratteristiche, con un lieto fine assolutamente ripagato ma caricaturale ed esagerato come d’altronde è la stessa pellicola. Ma la verità è che forse ci interessa poco perché non appena tornerà a fare in tv, torneremo a guardarlo come la prima volta.

Perché Una poltrona per due fa parte ormai delle nostre tradizioni natalizie e in un periodo di incertezza sotto tutti i fronti, lasciarci abbracciare da ciò che è conosciuto, confortevole e amato è importante. Perché è nostalgico ma bello ritornare con la mente a un passato spensierato e genuino. Perché è bello, anche solo per un’ora e diciassette minuti, staccare la spina dai pensieri negativi.

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