L’insalatiera della discordia e il fermento ideologico scatenato dalla decisione di partecipare alla finale della Coppa Davis del 1976 nel Cile di Pinochet. Inizia da quei giorni frenetici il racconto di Una squadra, la prima (“e certamente unica”) docuserie scritta e diretta dal produttore Domenico Procacci. I fan del tennis – primo fra tutti il produttore e fondatore della Fandango – aspettavano da più di quarant’anni un omaggio al quartetto formato da Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Antonio Zugarelli, capitanato da Nicola Pietrangeli. Perché, in effetti, nessuno aveva ancora raccontato le gesta della nazionale italiana di tennis che raggiunse quattro finali di Coppa Davis fra il 1976 e il 1980, vincendo la prima “insalatiera” proprio nel Cile sconvolto dalla dittatura. Ma la docuserie prodotta da Fandango, Sky e Luce Cinecittà non si rivolge solo ai fan del tennis o agli addetti ai lavori. All’anteprima, a cui noi di Hall of Series siamo stati invitati, durante la proiezione, in sala, regnava il frastuono, ma di risate e applausi divertiti. Il primo lavoro da regista di Domenico Procacci non è solo un esempio eccellente di docuserie sportiva (qui trovate quella su Maradona), ma è una commedia umana sorprendente, intensa, divertente e storicamente appassionante, capace di coinvolgere soprattutto coloro che di tennis non capiscono nulla. La docuserie Sky Original in sei episodi andrà in onda a partire dal 14 maggio su Sky Documentaries alle 21:15 e l’indomani su Sky Sport Uno mentre gli episodi saranno disponibili anche on demand su Sky e NOW.
In occasione del rilascio, senza fare spoiler, vediamo perché non dovete assolutamente farvela scappare.
Quattro esseri umani diversi, un quartetto formidabile
Il debutto alla regia di Domenico Procacci è un inno alle passioni. È una storia umana, fatta di visioni diverse, e tal volta contrastanti, di sogni, ideali, risate, follie improvvisate (di Panatta!) e sudore. Se vi aspettate il classico documentario celebrativo su una vicenda sportiva del passato, però, potreste sbagliarvi di grosso. I sei episodi ripercorrono soprattutto gli eventi sociopolitici e il costume degli anni Sessanta e Settanta. Mostrano le differenze, quasi bizzarre, tra il presente e un passato culturale e sportivo molto diverso. Un modo di vivere lo sport più umano, meno agonistico, dove la passione, la dedizione e la preparazione bastavano a portare dei talenti giovanissimi sulla vetta del mondo.
La storia raccontata è già entusiasmante di per sé e la direzione sapiente di Procacci, da vero direttore d’orchestra, la valorizza. Ma è il montaggio di Giogiò Franchini a segnare la differenza tra una docuserie sportiva, fatta molto bene, e un’opera straordinaria, divertente e di elevato valore artistico. Il montaggio, infatti, riesce a trasmettere con ironia e con un tempismo comico da maestro tutti i dissapori tra due coppie mai d’accordo, cioè Panatta-Bertolucci e Barazzutti-Zugarelli, e il capitano Pietrangeli. Un quintetto di comici mancati, riuniti da Procacci, che non hanno ancora perso la voglia di punzecchiarsi dopo 46 anni. Cinque artisti del tennis con stili diversi e con visioni antitetiche del mondo, ma sempre pronti a fare fronte comune nei momenti di difficoltà.
Una squadra è un’idea semplice e geniale. Quando Domenico Procacci ce l’ha raccontata la prima volta, ci ha convinti subito a co-produrlo. Il risultato è perfino superiore alle aspettative, è uno splendido racconto in sei puntate, scritto, diretto e montato con grande competenza, passione e ironia, che contiene tutto: la celebrazione di un successo complicato ma unico, l’epica sportiva, la storia politica, il costume italiano e internazionale del ventesimo secolo e cinque protagonisti strepitosi, dai caratteri diversissimi fuori dal campo, ma tutti irresistibili.
Roberto Pisoni, Director Sky Entertainment Channels
I retroscena, la storia della “maglietta rossa”, i punti di vista e i fraintendimenti
Il primo episodio di Una squadra – intitolato La battaglia di Nicola – ci trascina di colpo al centro delle polemiche circa la decisione di volare in Cile per disputare la finale di Coppa Davis. Un inizio frenetico, burrascoso, che crea la tensione giusta, come prima di una finale. Nel secondo, La gente buona, ripercorriamo gli internazionali di Roma, la vittoria contro la Spagna a Barcellona, la sconfitta del 1974 e il Sudafrica dell’apartheid e i gesti simbolici contro il razzismo. Il cambio della guardia, il terzo episodio, ci parla degli anni della formazione del quartetto nel centro di Formia, sotto la guida di Belardinelli; le frizioni tra Pietrangeli e i giocatori e l’ammirazione crescente del pubblico.
Nel quarto, intitolato Non sentiamo più per te, siamo nel 1978, quando la squadra decide di destituire Pietrangeli. Viviamo così i tradimenti, i problemi personali, le sconfitte, i cambi coppia e le tragedie. Con gli ultimi due episodi, intitolati rispettivamente Pugni Chiusi e Santiago, torniamo all’infanzia del quartetto: all’origine della passione per il tennis; e ripercorriamo la finale di Davis del 1980 in Cecoslovacchia. Dopo un bilancio delle loro rispettive carriere, il cerchio si chiude: torniamo così alla vittoria della Coppa Davis del 1976 per un finale emozionante, ricco di retroscena, dall'”accoglienza” del regime cileno fino alla spiegazione della “maglietta rossa”.
La storia si apre e si chiude, dunque, da un unico momento significativo.
Una squadra inizia dalla delicatissima decisione della nazionale di tennis di recarsi in Cile, a due anni dal golpe di Pinochet, e termina con un nuovo punto di vista sull’accaduto tanto contestato dall’opinione pubblica quanto dagli intellettuali dell’epoca. Il quartetto fu addirittura accusato di simpatizzare per il regime. Domenico Procacci ha voluto offrire a quei quattro ragazzi, allora poco più che ventenni, l’occasione di raccontare il loro punto di vista. Adriano Panatta, ad esempio, confesserà:
Io vissi davvero con disagio quei momenti. Non stavo bene pensando a quello che era successo solo due anni prima. La comunicazione all’epoca era certamente diversa, meno immediata, ma le notizie che arrivavano da lì erano orrende, orribili.
Il documentario copre quindi un arco temporale che va dalla fine degli anni Sessanta all’inizio degli anni Ottanta. Un capitolo di storia narrato da Panatta, Barazzutti, Bertolucci, Zugarelli e Pietrangeli che, invecchiati ma sempre combattivi, ci permettono di andare in profondità e di guardare al di sotto della punta dell’iceberg da un punto di vista privilegiato:
Studiando la vicenda sportiva della vittoria italiana in Coppa Davis del 1976 ho capito che era solo la parte emersa di un iceberg ben più grande. Ho trovato molto altro che meritasse di essere raccontato e ho cercato di farlo al meglio e con l’aiuto di persone più capaci di me. Volevo che fossero proprio i protagonisti a raccontare la loro storia. Nessuno avrebbe potuto farlo meglio
Domenico Procacci
Una squadra è una storia scritta da Domenico Procacci con Sandro Veronesi, Lucio Biancatelli e Giogiò Franchini che aspetta solo di essere riscoperta da una nuova angolazione. Una grande storia sportiva italiana arricchita da materiale audiovisivo e testimonianze dirette, emozionanti e divertenti. Un viaggio attraverso i ricordi, spesso sbiaditi, raccontati da quei (non tanto più) giovani ragazzi che hanno segnato la storia del tennis, insieme al loro capitano, descritto simpaticamente come il villain della vicenda.
Prodotto da Domenico Procacci e Laura Paolucci e prodotto per Sky da Roberto Pisoni, Dino Vannini e Gaia Pasetto, con il patrocinio del Coni, Una squadra vi aspetta con sei episodi spassosissimi a partire dal 14 maggio su Sky Documentaries alle 21:15 e su Sky Sport Uno domenica 15 maggio, mentre dal 14 maggio gli episodi saranno disponibili on demand su Sky e NOW. Una squadra è una panoramica emozionante e divertentissima su un capitolo di storia italiana narrato da una prospettiva inedita.