Nella giornata di venerdì 3 maggio ha fatto la sua comparsa su Netflix un film di cui si sentiva parlare ormai da qualche mese. Stiamo parlando di Unfrosted: storia di uno snack americano stralunata commedia scritta e diretta da Jerry Seinfeld, noto al pubblico italico soprattutto per l’omonima serie tv, ma che in America è una vera e propria istituzione non solo come attore, ma anche e soprattutto come comico e scrittore. Un uomo che non ha mai avuto paura di dire la sua opinione e che, presentando il suo primo film da regista ha annunciato la “morte del cinema”. Cosa rappresenta dunque Unfrosted per la sua carriera?
Per scoprirlo vi lasciamo alla nostra recensione senza spoiler di Unfrosted: storia di uno snack americano.
Anni ’60. Mentre la NASA si appresta a far sbarcare il primo uomo sulla Luna, in America c’è una lotta ben più importante di quella della Guerra Fredda: quella per la Colazione. Post e Kellogg’s, eterne rivali nella produzione di cereali per i bambini del Paese, acuiscono la loro rivalità nella speranza di trovare la formula per lo snack perfetto, gustoso, che crei dipendenza e che si possa ben conservare. Per imporsi sul competitor ognuna delle due aziende è disposta a fare di tutto: è così che il duo di responsabili della Kellog’s Cabana (Seinfeld) e Stankowski (McCarthy) radunano le “menti più geniali” della loro epoca per riuscire in un’impresa che sembra impossibile. Tra intrighi, complotti e tanta comicità si dà quindi il via a uno scontro che cambierà per sempre le vite dei bambini d’America.
Insomma, parliamo di una pellicola che vuole andare a rivisitare e a inventare le origini di una tra le più iconiche merende americane, la Pop Tart, tramite una narrazione a dir poco fantasiosa. Date tali premesse, Unfrosted: storia di uno snack americano prometteva infatti di essere ben più di una classica commedia. Una divertente satira sociale che, tramite il ricorso a questa specie di “Guerra fredda dolciaria“, prometteva di ironizzare su quelli che sono i limiti della società americana. Un film che, potendo contare su grandi nomi e su parecchie risorse, puntava molto in alto.
Ebbene, dopo un’attenta visione della pellicola di Jerry Seinfeld, lo possiamo dire: il risultato finale non è dei più convincenti.
Unfrosted si riduce infatti a essere più una grande “marchettata” che un vero e proprio film. Nonostante abbia alcuni buoni elementi dalla sua e presenti alcune gag e battute divertenti e azzeccate (una fra tutte quella con Jon Hamm), nel complesso l’operazione non riesce nella maggioranza di quelli che erano i suoi obiettivi: intrattenere divertendo e lanciando qualche frecciatina alla società americana. Questo si verifica perché, al contrario di quello che dovrebbe fare una commedia, il film finisce spesso e volentieri per annoiare il suo pubblico o, comunque, per non lasciargli nulla. Nonostante sia una commedia piena zeppa di comici, il film fa molto meno ridere del previsto.
Il grosso problema di Unfrosted risiede infatti in quello che potenzialmente doveva essere un suo punto di forza: il surrealismo che trasforma quello che doveva essere un film in una sequela di citazioni e scene sopra le righe che si dimenticano subito dopo la visione. Un’eccessività che quindi non ripaga, se non in pochi momenti chiave.
Dipingendo uno scenario favolistico il film racconta la lotta di due grandi marchi rivali che si sfidano a colpi di dolci, marmellate e merendine (impossibile non pensare al più riuscito Cartello del cioccolato visto recentemente in Wonka). Quella che poteva essere una buona trovata porta però la pellicola a non dare alcuna profondità ai suoi personaggi e alle loro storie.
Il film diviene infatti solo un’accozzaglia di scenette e di bizzarrie, di gag ora simpatiche, ora incapaci di suscitare il minimo sorriso.
Certo, i tantissimi cameo (forse troppi) di attori famosi, dei quali un paio faranno saltare sulla sedia i più accaniti serializzati, fanno il loro dovere. Tuttavia, essi non bastano a salvare la pellicola. Essa si appoggia infatti su basi poco solide o poco approfondite per concentrarsi su singole battute e su interpretazioni caricate che lasciano ben poco allo spettatore.
La comicità che oscilla tra demenziale, surreale e nonsense non sempre riesce a essere efficace e finisce alla lunga per risultare ripetitiva.
Vedendo la pellicola, il nostro pensiero ci ha fatto subito correre a Barbie di Greta Gerwig, per molti versi assimilabile al film di Seinfeld. Entrambi caratterizzati da ambientazioni e personaggi sopra le righe, entrambi volti a raccontare in chiave parodica un importante pezzo della storia americana. Eppure, nonostante non abbia trovato riscontro positivo da parte di tutto il pubblico, Barbie, a differenza di Unfrosted , è riuscita in una cosa: creare una storia, che, per quanto semplice, fosse in grado di risultare a suo modo divertente e con alcuni messaggi da veicolare.
Il film Netflix, invece, non può contare da parte sua su una storia altrettanto coesa.
Troppi i personaggi introdotti come riempitivo. Troppe le storyline che ci mettono troppo a carburare e che poi si risolvono in un nonnulla. Troppe le situazioni lasciate al caso. Molti tra i principali snodi di trama vedono infatti trovare una risoluzione per vie traverse e davvero poco sensate: certo, esse sono dovute al surrealismo delle situazioni presentate ma, come già detto, un film non può poggiare solo su questo.
Non aiutano poi le interpretazioni caricate da parte di quello che è il cast principale della serie. Uno tra tutti lo stesso Jerry Seinfeld, che si conferma essere più un bravo comico che un bravo attore. La stessa cosa può dirsi delle performance di Melissa McCarthy, che sembra dover recitare sempre nello stesso genere di ruolo, e di Amy Shumer, anche se nella versione doppiata, questo problema riesce in parte a essere risolto.
Nonostante ciò, la pellicola non è un disastro su tutti i fronti: troviamo infatti ottimi costumi e ambientazioni, così come alcune trovate registiche. Punto di forza del film come già detto sono i cameo, anche solo di pochi minuti, che rendono comunque Unfrosted degno di una visione. Vi ritroverete infatti spesso ad additare lo schermo di fronte al riconoscimento dell’attore di turno, da Peter Dinklage a Jon Hamm, passando per Hugh Grant, James Marsden e Christian Slater.
Insomma, al netto di alcune buone trovate, la pellicola di Netflix rimane un’occasione sprecata dal lato comico. Una pellicola da cui ci saremmo aspettati di più ma che riesce comunque a riservare alcune chicche.