Il tempo è nemico della verità ed è amico di chi la verità la nasconde. Arriva su Netflix Vatican Girl: La scomparsa di Emanuela Orlandi, la docuserie che riaccende i riflettori sul più grande scandalo della storia contemporanea della Chiesa.
22 giugno 1983. La giovane quindicenne Emanuela Orlandi esce di casa per recarsi alla sua scuola di musica. È una giornata di caldo torrido a Roma e, dall’unica televisione della casa, è possibile scorgere le immagini di Papa Giovanni Paolo II appena arrivato in Polonia. In quella casa, Emanuela non vi farà più ritorno. Al contrario, le immagini trasmesse dalla tv e la voce alla radio che annuncia i 37 gradi, accompagneranno la narrazione per tutta la durata della docuserie, sottolineando il senso di asfissia provato dalla famiglia Orlandi in quei traumatici e torridi giorni, e la presenza tanto costante quanto indistinta, come quel ronzio della tv in sottofondo, della Chiesa nella vicenda. Emanuela Orlandi, infatti, non è una ragazza qualunque: è una cittadina vaticana, e questo cambia necessariamente tutto. Si apre così Vatican Girl: La scomparsa di Emanuela Orlandi, la docuserie Netflix che rivive uno degli episodi più sconvolgenti della storia italiana e vaticana, raccontato in prima persona dai fratelli di Emanuela e da tutti coloro che hanno preso parte alla parentesi più buia del nostro Paese.
Alle toccanti testimonianze dei protagonisti, che ripercorrono gli eventi nell’esatto ordine cronologico in cui sono avvenuti, sono affiancate le immagini di una Roma insolitamente deserta e buia: la generalmente caotica capitale appare vuota, spogliata di testimoni oculari e di tracce dei passi percorsi da Emanuela. Alla città spoglia si contrappone in perfetta antitesi il rumore di casa Orlandi. Ci sono infatti due suoni che caratterizzano la narrazione: il ticchettio dell’orologio che scandisce lo scorrere del tempo, quel tempo che “è nemico della verità”, e che allontana Emanuela da casa con l’avanzare di ogni lancetta, e lo squillare incessante del telefono. La ragazza è scomparsa da un paio di giorni quando alla famiglia Orlandi cominciano ad arrivare decine e decine di telefonate, che porteranno successivamente alle più incredibili teorie che chiunque avrebbe mai potuto immaginare, richiamando l’attenzione mediatica e perfino quella del Papa, che chiede direttamente ai responsabili di “restituire la ragazza alla famiglia”. Il giornalista Andrea Purgatori, la voce analitica della docuserie, nota le prime anomalie nel discorso del pontefice, le cui parole presupponevano sia la certezza che la ragazza fosse stata rapita, sia che fosse viva.
Questo lo spinge quindi a seguire una pista molto diversa da quella intrapresa dalla polizia, che riteneva (inizialmente) che quello di Emanuela rientrasse nella casistica di allontanamento volontario. Le telefonate successive al discorso del Papa conducono a una prima agghiacciante ipotesi: la scomparsa di Emanuela sarebbe collegata a movimenti terroristici internazionali.
Il rilascio di Emanuela – dirà una voce con accento americano dall’altro capo del telefono – è possibile solo a seguito della scarcerazione di Mehmet Ali Ağca, il terrorista membro del movimento turco ultra nazionalista dei Lupi Grigi, che due anni prima aveva tentato di uccidere il Papa. Incredibilmente, Ağca si riteneva però estraneo al rapimento della ragazza, dichiarando poi aver agito per conto dei bulgari e dei servizi segreti sovietici del KGB al momento dell’attentato. L’ipotesi di terrorismo internazionale appare sempre meno plausibile agli occhi di Purgatori, che riteneva si trattasse di un diversivo usato per distogliere l’attenzione da qualche segreto interno al Vaticano. A rimescolare ancora una volta le carte in tavola è la testimonianza di Sabrina Minardi, ex amante di Enrico “Renatino” De Pedis, boss della Banda della Magliana, che racconta in prima persona di aver prima ospitato Emanuela, per poi consegnarla a un prete in Vaticano. L’implicazione mafiosa nel rapimento di Emanuela sarebbe da ricercare nella mancata restituzione da parte del Vaticano di una somma di denaro arrivata alle loro casse e mai resa all’organizzazione criminale.
Vatican Girl: La scomparsa di Emanuela Orlandi estende così l’inchiesta aprendo una doverosa parentesi sul riciclaggio di denaro sporco.
Riciclaggio attuato da alcune personalità influenti dell’epoca, primo fra tutti Roberto Calvi, banchiere presso il Banco Ambrosiano, una banca privata strettamente legata alla Banca Vaticana, trovato poco tempo dopo morto “suicida” a Londra.
Il ripresentarsi delle immagini in tv di Giovanni Paolo II arrivato in Polonia proprio nel giorno della scomparsa di Emanuela, ci ricordano inoltre che siamo nel periodo della Guerra Fredda e che, a quel tempo, gli interessi del Papa erano affini a quelli del presidente degli Stati Uniti Reagan: bloccare l’avanzata sovietica. Il viaggio di Wojtyła nella sua terra d’origine era infatti finalizzata a riportare la fede cattolica in Russia; per fare questo, un’ingente quantità di denaro era stata donata dal Vaticano al gruppo politico anti comunista polacco Solidarność, operazione finanziaria che doveva però rimanere nascosta poiché al Vaticano non è concesso finanziare organizzazioni politiche.
“È tutto un gioco di potere”
Terrorismo internazionale, mafia, riciclaggio di denaro, politica, molestie sessuali, Vatileaks: la docuserie sviscera uno per uno tutti gli elementi che hanno fatto da sfondo alla vicenda più misteriosa dei nostri tempi, rilasciando la giusta quantità di informazioni nel giusto tempismo, suscitando un sempre crescente interesse anche in chi era già a conoscenza della triste vicenda, arricchita tuttavia di dettagli grazie alle testimonianze di chi l’ha vissuta sulla propria pelle. La produzione Netflix, infatti, non si pone come obiettivo quello di rivelare sconvolgenti ed inedite novità, quanto quello di riaccendere i riflettori sul caso, richiamando l’attenzione sull’unica costante della vicenda in cui confluiscono tutte le strade: il Vaticano. Come suggerisce il Rasoio di Occam, in un ventaglio tanto ampio di ipotesi la soluzione è sempre la più semplice, e quello che è successo alla ragazza vaticana può essere rivelato solo dal Vaticano stesso, a cui Pietro Orlandi (fratello di Emanuela) si rivolge direttamente sul finale della docuserie, implorando di ricevere finalmente la verità.
“L’analisi dei costi e dei benefici fatta dal Vaticano è tra la verità sul destino di Emanuela e il segreto che non possono rivelare. È il potere della Chiesa contro una sola vita. E il potere della Chiesa vince sempre. Ma non importa quanto terrai un segreto nascosto perché, prima o poi, la verità verrà fuori.”
A chiudere la vicenda è la brusca interruzione di quel ticchettio degli orologi, chiaro segno del messaggio veicolato dalla toccante e imperdibile docuserie Netflix e lanciato dalla famiglia Orlandi: non c’è più tempo.