Una nuova era, un nuovo inizio. La sesta e ultima stagione di Vikings è appena cominciata e ci proietta fin da subito in luoghi finora inesplorati. Un’immagine armoniosamente caotica ci mostra attraverso gli occhi Ivar i colori di quelle terre mai viste che abbracciano la Via della Seta. Occhi privi di quel guizzo sanguigno che li iniettava fin dalla nascita. Stavolta pieni di nuove visioni, nuove inimmaginabili bellezze, profumi e sapori mai provati. Ma nella fredda notte di Kievan Rus Ivar si mostra essere ancora tutto sommato quello di un tempo. Un sovrano fuggitivo sì, ma non spezzato.
Intanto a Kattegat si riaccendono i colori caldi di uno splendore ritrovato nel nuovo regno di Re Bjorn assieme al resto della famiglia di Ragnar. L’oscurità in cui l’aveva gettata la tirannia di Ivar sembra ormai lontana e il regno appare di nuovo illuminato dalla luce di un futuro senza più terrore.
E quel futuro che la nuova stagione di Vikings sembra voler prospettare alla Kattegat liberata si riempie di sogni che raccolgono l’eredità di Ragnar, ma con un pizzico di progressismo in più.
Re Bjorn è molto chiaro: il commercio è la strada da seguire per rendere Kattegat una potenza, non le conquiste. La sala del re non sarà più centro di un potere assoluto ma luogo di espressione e confronto. Il futuro, per quanto roseo, deve fare ancora i conti con gli orrori lasciati da Ivar sulla via della fuga. Qualcosa che pone subito Bjorn a fare i conti con le scelte tutt’altro che semplici di un re. Scelte che ora si riempiono di una totale responsabilità per le conseguenze che verranno. Tra queste la condanna a vita di quelli che furono i tagliagole di Ivar. Spietati assassini che abbandonano la città guardando chi resta con uno sguardo che non promette nulla di buono.
Che averli lasciati in vita sia la scelta giusta o meno è ancora da vedere, ma ciò che sembra chiaro e inappellabile è che Bjorn non è Ivar. E come tale ha intenzione di comportarsi. Una scelta che gli assicura la benedizione della famiglia e del popolo ma che lascia anche presagire un prezzo da pagare.
Intanto, dall’altra parte del mondo, la carovana di Ivar subisce un attacco e ben presto facciamo la conoscenza di un nuovo protagonista di Vikings: il principe Oleg, detto il “Profeta”.
Ancora non sappiamo l’origine del suo soprannome, ma la presentazione del personaggio non ci risparmia presagi inquietanti. Un’ascia finemente lavorata e brutalmente insanguinata tra le mani di chi non l’ha usata per uccidere il maiale della cena. Il principe Oleg, sovrano di Kiev, accoglie Ivar alla sua corte con pochi onori e una certa diffidenza. Ma con un’affermazione che ci dà un’idea di quello che è stato Ivar in tutta questa storia:
“Ivar the Boneless? Ho sentito parlare di te“
Nella corte del principe, più simile agli ambienti reali dell’Europa continentale dell’epoca ma con un caldo tocco orientale, scopriamo che Oleg appartiene all’etnia degli antichi Vichinghi russi. Una connessione atavica sembra percorrere lo spazio tra il sontuoso principe e il re storpio buttato ai suoi piedi. Ma il futuro di Ivar a questo punto è ancora molto incerto. E per la prima volta lo vediamo esser del tutto onesto seppur consapevole del rischio. Non è altri che un re storpio, sconfitto dai fratelli e spodestato del suo regno. Con nulla da offrire e nulla da pretendere. Solo e disilluso nelle mani di un destino che lo porterà chissà dove.
Un’onestà che non sembra convincere subito il Profeta. Un uomo chiaramente incline alla violenza almeno quanto lo è all’avventura e all’eleganza.
Il principe Oleg infatti risulta un personaggio difficile da leggere in questo primo episodio di Vikings. Se la situazione si potesse descrivere con un detto diremmo che il trattamento riservato ad Ivar è fatto di bastone e carota. Nel limbo della sua segregazione a corte il suo più fedele sostenitore viene torturato e squartato sotto i suoi occhi per ragioni che ballano sulla linea che divide pazzia, estrema diffidenza e sinistro divertimento.
Tuttavia Oleg comprende qualcosa di cruciale dalla tragica fine dell’uomo che ha aiutato Ivar a fuggire da Kattegat: sarà pur menzogna quella dichiarata dal Senz’Ossa, ma chi è disposto a morire nel peggiore dei modi per lui dice il vero quando lo definisce un Dio in terra. O meglio vera è la sua totale convinzione.
Qualcosa che spinge Oleg a condividere con Ivar l’avventura del volo, il primo momento di vera vicinanza dei due che volano su Kiev con un antico prototipo di deltaplano. L’iniziale paura di Ivar per questa nuova avventura sembra tramutarsi in una rinnovata fiducia per quell’uomo che meno di due transizioni prima gli ha mostrato tutta la sua ferocia. E qui qualcosa in più iniziamo a comprenderla del rapporto che si sta instaurando tra i due folli sovrani.
Un rapporto che si consoliderà poco dopo in un’intensa scena di Vikings che vede Oleg portare l’ospite nel mausoleo della defunta moglie. Vicini in una preghiera che ha il sapore dell’amore traboccante e dell’odio per il più imperdonabile dei peccati: il tradimento.
Per la prima volta vediamo entrambi essere profondamente scossi. E con la condivisione di un dolore che entrambi conoscono, si unisce al puzzle di questo ambiguo rapporto l’ultimo pezzo: quello che sancisce una nuova unione. Una nuova fratellanza da temere.
Tutto mentre a Kattegat si consolida invece l’unione tra i restanti membri della famiglia. Un’alleanza che però deve fare i conti con i progetti futuri dei singoli. Bjorn vuole costruire un regno basato sull’unità e la collaborazione dell’intera famiglia, ma capisce subito di non poter contare su ognuno di loro. Mentre sua moglie Gunnhild, spirito selvaggio e indipendente gli mostra lealtà e sostegno, gli altri pianificano la vita per se stessi lontano dai progetti di Bjorn.
Lagertha è ormai invecchiata e, per la prima volta, la vediamo stanca e priva dello spirito che la contraddistingueva. Assaporata la libertà e il ritorno a casa, è il ritorno alle origini e a una diversa forma di libertà quello che desidera. Il sogno originario che fu suo e di Ragnar prima che tutta questa storia di guerre, battaglie e infinite esplorazioni cominciasse: una vita semplice, solitaria, in pace con se stessi, con la natura. Ci lascia emozionati e increduli vederla sotterrare la spada di guerra con la promessa di non combattere mai più.
Ma ci tocca accettarlo come tocca a Bjorn. Che si ritrova a dover accettare anche un proseguo diverso da quello sperato della vita di Ubbe. Lui che è ancora giovane e alla ricerca di nuove avventure, nuove terre da conoscere, nuove sensazioni da vivere.
È emozionante vedere in ognuno dei figli di Ragnar l’eredità emotiva del padre esprimersi in modo diverso. Nel carisma da leader maturo e giusto di Bjorn. Nella semplicità e nella semplicità di Ubbe.
Tutto mentre sotto i loro occhi un Hvitserk profondamente segnato somiglia sempre più al fantasma di se stesso alla ricerca del suo destino. Un destino che però ha la consistenza delle ombre. Come di ombre sembra esser percorso il cammino del nuovo re, ormai consapevole di quanto il comando di un regno sia tutt’altro che libertà e potere.
Vikings ci insegna con Bjorn che un re coscienzioso deve affrontare – tra le tante – una scelta che viene prima di tutte le altre: decidere che tipo di re essere. Una decisione che in questo caso si manifesta al bivio che lo vede decidere se rischiare tutto per salvare Re Harald, ospite-prigioniero dell’ex alleato Re Olaf. Tanto nobile da salvare Harald quanto sfacciato da pretendere il suo regno in cambio.
Le variabili che si affacciano agli occhi di Bjorn nella valutazione delle conseguenze sono molteplici. Ma ognuna di esse disegna i contorni di una nuova transizione per Bjorn Ironside. Non più figlio di Ragnar e Lagertha, giovane, libero, selvaggio esploratore di terre lontane. Ma marito, padre, re. Per la prima volta consapevole della sua età, delle nuove emozioni che lo attanagliano. Di una stanchezza e una preoccupazione mai provate.
E che ancora non sanno quale altro nemico si affacci all’orizzonte dall’altro capo dell’Europa. Un nemico fatto di un’alleanza, quella tra Ivar e Oleg, che non promette nulla di buono per i vichinghi della Scandinavia. Un’alleanza che appare come un segno, un cammino tracciato dagli dei per uno scopo che dobbiamo ancora scoprire.