Cesare aveva ben esplicato il senso del suo monito, in uno dei trattati di guerra più celebri della storia come il ‘De bello Gallico‘; guai a non controllare il flusso improprio di truppe mercenarie e barbare (‘l’imbarbarimento dell’esercito‘) nel proprio esercito. Alla storica lezione del grande Cesare va abbinata la premonizione nefasta dell’indovino, che aveva sviscerato a Bjorn, il catastrofico ed impetuoso ritorno di Ragnar:”tuo padre, porta tempesta e disordine“.
Il valore metafisico di una lezione del passato si sposa col peso di una nefasta premonizione. Sull’ignaro Ragnar, una coltre di sfiducia e pessimismo aleggia da molto tempo, e le nuvole di tempesta potranno rapidamente far grondare sangue dai volti vichinghi.
La scarsa motivazione e la disaffezione ad una causa bellica non propria, potranno trionfare sugli ideali e sugli intenti di un esercito. Ragnar sembra imboccare questa via tortuosa e meschina, ed anche se in tal caso si parla di un’atipica e contraddittoria commistione di alcuni barbari mischiati ad altri, questo affidarsi a vecchi e meschini mercenari, ha quasi lo stesso amaro sapore del monito di quel grande console e dittatore della Roma repubblicana. La storia è quasi sempre una fedele e corretta maestra di vita.
Ragnar paga per essere seguito, il grande condottiero visionario e astuto è accecato da un desiderio di rivalsa e la maledetta missione nel Wessex non può subire più alcun ritardo. La contesa con l’onnipotente e ingannevole Re Ecbert è in procinto di essere risolta. Ragnar ha a suo favore l’arguzia del figlio Ivar ‘the Boneless’, è pronto a salpare verso le fertili terre del Wessex, ma sa che le premesse sono le più nefaste. L’indovino ammonì il giovane Bjorn, e Re Ragnar sta per vivere l’ultimo decisivo capitolo.
Triste fenomenologia di un lento epilogo.
L’incipit vede un Ragnar maltrattato dal suo popolo, nessuno crede nel Re Ragnar, chiunque ha da rimproverargli qualcosa. Insulti, grida, sguardi minacciosi rappresentano la deflagrazione dei rancori più torbidi verso l’unico uomo che osò spingere il suo popolo altrove. L’ambizioso sogno di terre più fertili e inverni meno rigidi. Ivar continua imperterrito a salvaguardare il suo orgoglio e la sua tenacia, Sigurd continua a deriderlo con malate pratiche parafiliache, tra un preoccupante sadismo e le più gratuite delle cattiverie. Inutile sottolineare che l’empatia spettatore-Ivar, sale al massimo del suo apice.
Ragnar e Ivar formano un tandem unico. Impetuosi, astuti, ironici, riflessivi, coraggiosi e soprattutto follemente avidi della ricchezza del fuoco più prezioso ed inesauribile di tutti: la curiosità .
Padre e figlio raccolgono il tesoro sepolto, la maledizione necessaria del motore trainante del denaro abbinata all’infima morale di chi decide di combattere al tuo fianco solo per quello. Il comandamento sacro di coloro che sposano il contratto, ma non la causa. Ivar lo ripete al caro Ragnar:
“Si uniranno a noi padre, ma saranno i peggiori… Le vere feccie, i miserabili.“
Non appena lo spettatore, gode di quei primi piani che si palesano in modo quasi ‘tragicomico’, si avverte quell’ umorismo pirandelliano,quel singolare sentimento scaturito grazie ad una profonda riflessione. Vecchi, mutilati, mercenari: queste squinternate premesse belliche, causano amari sorrisi. Tali ‘peggiori‘ si palesano al cospetto di Re Ragnar, e le astratte parole di Ivar-senz’ossa, diventano oramai concretezza.
La regina Aslaug dopo essersi emozionata alla confessione veritiera e sincera del marito Ragnar, è agitata da una cruda visione onirica (il titolo programmatico dell’episodio è appunto “The vision“). La potenza vorticosa di un tornado, il corpo sospeso di Ivar ed il suo lento scivolare negli abissi, il messaggio è inequivocabile: nel viaggio ci sarà una tempesta e per Ivar potrebbero non esserci speranze di sopravvivenza. In questo episodio di Vikings si intreccia la vecchia premonizione dell’indovino e la visione onirica di Aslaug. “Disordine e tempesta” e ciò che sta per esplodere all’arrivo di Ragnar, “alla fine sarà tutto un disastro” è ciò verso cui lo stesso Ivar sta andando incontro.
Orgoglio e amore guidano la risposta del temerario Ivar. L’amore smisurato tra madre e figlio non è bastevole, anche un singolo giorno da vero uomo a fianco di suo padre può valere un’intera esistenza di carezze e compassione. L’orgoglio e la forza di Ivar sono amplificati dalla sua non felice condizione fisica ed avvalora lo spirito luminoso di questo incredibile ragazzo. Il volto piangente della madre si è piegato al volere e all’ambizione del figlio. Un crogiolo di osteggianti emozioni daranno la risposta nel prossimo episodio.
Ragnar e Ivar salpano insieme, in compagnia di vichinghi rancorosi e vecchi mercenari placati dal sonante tintinnio delle monete. La veemenza della tempesta, l’oscurità del cielo e del mare nero si confondono, la struggenza di una madre disperata che soffre lontana e un padre che abbraccia il coraggioso figlio, scivolando insieme negli abissi. Non è la fine, ma
Se il Wessex non può attendere, lo stesso vale per il Valhalla.