Carichi di curiosità, e con qualche inevitabile pregiudizio, ci siamo avvicinati con sospetto a Volevo fare la rockstar, una serie tv italiana del 2019 trasmessa in prima serata su Rai 2. Dopo una prima stagione passata colpevolmente inosservata, la serie tv diretta da Matteo Oleotto (Zoran, il mio nipote scemo) è ritornata il 23 marzo con la seconda stagione che, di nuovo, è passata in secondo piano. Forse perché Volevo fare la rockstar è una serie tv che non ci si aspetta di trovare in onda in prima serata sui canali del servizio pubblico. A dirla tutta, la vicenda è semplice, a tratti banale. Il primo quarto d’ora della prima puntata, ad esempio, sembra qualcosa di poco originale. A prima vista, purtroppo, può apparire la solita fiction giovane che però giovane non è, che dispensa lezioncine facili sulla vita mentre ci spiega come restare sulla retta via. Invece, la commedia drammatica con Valentina Bellè, Giuseppe Battiston e Angela Finocchiaro è tutto l’opposto. Una serie tv che sembra vecchia, ma invece nasconde un animo ribelle, totalmente inaspettato. Un po’ come quel compagno di banco che sta sempre sulle sue, se ne va in giro spettinato, con dei maglioni infeltriti e delle cuffie che lo isolano dal mondo. Poi, quando finalmente ti decidi di conoscerlo, ti conquista.
Ma facciamo un passo indietro
Volevo fare la rockstar è prodotta da Rai Fiction e Pepito Produzioni (Hammamet, Favolacce) ed è liberamente tratta dal blog omonimo di Valentina Santandrea. La sceneggiatura, inzuppata di imbarazzanti e grotteschi momenti di vissuto quotidiano, ha coinvolto Alessandro Sermoneta, Andrea Agnello, Daniela Gambaro, Matteo Visconti e Giacomo Bisanti. La prima stagione è andata in onda in prima serata su Rai 2 con 12 episodi mentre la seconda è tornata con 8 episodi, di cui gli ultimi due sono stati trasmessi giovedì 13 aprile 2022. Due stagioni divertenti e coinvolgenti che portano la tv generalista dritta nel presente con una rappresentazione onesta e senza filtri della realtà. Peccato che entrambe le stagioni abbiano totalizzato a fatica una media del 5% di share. Volevo fare la rockstar, purtroppo, è riuscita a coinvolgere una media di 900 mila telespettatori, con qualche picco che sfiora il milione.
In pochi l’hanno seguita. Chi l’ha vista però l’ha adorata. Chi ha cambiato canale, invece, è scappato via annoiato da una trama poco lineare e priva di colpi di scena oppure scandalizzato per la natura dei contenuti giudicata “diseducativa”. I baci gay, le scene di nudo, i flashback temporali, i discorsi progressisti ed esistenzialisti carichi di nichilismo non sono stati apprezzati dal grande pubblico. Alzi la mano chi, durante la visione, non ha controllato che ci fosse ancora il logo di Rai 2 là a sinistra, in sovraimpressione! Ora che la seconda stagione è conclusa, con la stessa impietosa media del 5% di share, è chiaro che si tratti sia di una delle proposte seriali più interessanti e sfaccettate del palinsesto Rai, sia di una delle più sottovalutate. Sarà la diffidenza che genera il titolo oppure non è rivolta a un target adeguato? Con ottime probabilità, se la serie fosse stata prodotta da Netflix, forse, avrebbe ottenuto un’attenzione differente. E a pensarci bene l’avremmo scambiata volentieri con Baby. Non avrà la genialità di Boris o l’atmosfera poetica e visionaria di Anna, ma Volevo fare la rockstar è una serie molto poco italiana che merita senza dubbio un’occasione.
“Volevo fare la rockstar… poi ho smesso”
Voleva fare la rockstar… poi ha smesso. Inizia da questa premessa la storia di Olivia “Olly” Mazzuccato. Quando ha avuto le gemelle, le Brulle, Olly andava ancora al liceo, ai concerti, era arrabbiata e sognava di rivoluzionare il mondo con il rock. Ora, invece, è solo stanca e frustrata. La trama, di per sé, non ha nulla di eccezionale. La serie racconta le vicissitudini di una ragazza madre alle prese con due gemelle, un fratello bocciato, una madre assente e tossicodipendente che si dimena tra un lavoretto e l’altro mentre annega nella totale abnegazione di sé stessa e un possibile “blocco psico-sessuale”. A completare il quadretto disfunzionale, tra i personaggi troviamo anche l’amica veterinaria, l’amico prete, il giovane ribelle, il palestrato e un imprenditore. Personaggi noti al pubblico Rai, ma la loro scrittura è tutto fuorché scontata. Mentre la sinossi è alquanto sciapa, lo sviluppo dei personaggi e delle trame è audace, tridimensionale e non è mai prevedibile né scontato. Come accade il più delle volte, non è il cosa, ma il come quel qualcosa viene raccontato. E nel suo genere, Volevo fare la rockstar “spakka di brutto”. Perdonateci lo slang giovanile, anche un po’ datato, ma senza dubbio adatto alle atmosfere grunge e all’ambientazione friulana che rende Volevo fare la rockstar una serie vintage con un animo rockettaro. Una storia forse già vista, ma capace di raccontare il presente con un linguaggio genuino, veritiero e privo di cliché.
Un cast azzeccatissimo
La protagonista è liberamente ispirata a Valentina Santandrea, una ragazza madre che più per esigenze terapeutiche che per velleità artistiche ha iniziato a raccontare online la sua vita disastrata. Forse per riprendersela dalle due gemelle avute da giovanissima che hanno messo in pausa la sua esistenza. Parliamo delle Brulle (“perché sono brutte ma anche belle”). Viola ed Emma, infatti, sono una combo di ragazzine insolita e divertente. La loro madre Olly, interpretata da Valentina Bellè (I Medici, Catch-22), è un miscuglio di nevrosi, stanchezza, malessere e voglia di vivere: un personaggio ben scritto, ma altrettanto ben interpretato. Giuseppe Battiston invece è Francesco, un imprenditore milanese che, contrariamente a ogni nostra aspettativa, diventa un conteso oggetto del desiderio. A completare il cast troviamo Nadia (Emanuela Grimalda), la madre di Olivia e l’imprenditrice Nice, interpretata da Angela Finocchiaro. Troviamo gli amici storici di Olivia, nonché compagni della band: Fulvio (Matteo Lai) un prete punk, davvero anticonvenzionale e Daniela (Sara Lazzaro), una veterinaria che non si nega mai i piaceri del sesso occasionale. E ancora Ernesto D’Argenio, Margherita Morchio e altri personaggi secondari, ma talentuosi e perfetti nei loro ruoli.
Zero cliché, grandi passi avanti
L’amore omosessuale, scene di nudo, preti con le crisi di vocazione, mamme single, sogni infranti, bullismo, tossicodipendenza, obesità e tanto altro. Delle tematiche impegnative, non certo nuove nella fiction. Eppure ognuna di essa è affrontata con un taglio nuovo, sincero, attuale e con un pizzico di cinismo. Il racconto scorre fluido e disperato, con un ritmo caotico, a tratti snervante, e frenetico: proprio come Olly. Ci scaraventa da un momento di crisi a uno ancora peggiore, accompagnato in sottofondo dalla massima filosofica contemporanea del “mai ‘na gioia”. Le polemiche non sono mancate, soprattutto per le relazioni sentimentali omosessuali. Ma se un bacio tra due ragazzi innamorati riesce a scandalizzare il pubblico nel 2022, innescando un turbinio di polemiche al grido di “fatelo purché a casa vostra”, Volevo fare la rockstar qualcosa di rock nel palinsesto lo ha portato. Un toccasana di cui avevamo bisogno per aprire sempre più gli orizzonti culturali del Bel Paese. Il pregio più grande della serie tv però è l’assenza di cliché narrativi. Dimenticatevi la commedia degli equivoci all’italiana. Tutto accade per raccontare una storia umana di disagio e d’inadeguatezza sociale, senza bisogno di forzare troppo la mano. Tanto la vita è già complicata di suo. Certo, permangono delle sporadiche situazioni tipiche della fiction, ma la freschezza della narrazione è un flash capace di illuminare l’intero palinsesto.
Per un pubblico abituato alla serialità internazionale, Volevo fare la rockstar, infatti, potrebbe non offrire nulla di nuovo. Ma per una serie tv italiana di casa Rai si tratta di un’importante conquista progressista, per niente scontata. Non solo, ma pare che la serie abbia incentivato addirittura il turismo. Caselonghe, la città fittizia nella quale vivono i Mazzuccato, è stata ricostruita interamente in Friuli Venezia Giulia, portando sul territorio un indotto milionario. Il regista, ben cosciente dell’impatto economico che l’industria del cinema e della televisione hanno sul territorio, ha accettato la proposta dei produttori Agostino e Maria Grazia Saccà solo a condizione che la serie venisse girata nell’Isontino, anziché in Romagna, attirando così l’attenzione della Fox, di Netflix e di Sky Atlantic.
Abbiamo creato un territorio che non esiste cucendo insieme Gorizia, Cormons e altre località del Friuli Venezia Giulia. Lo dico subito per evitare contestazioni: si chiama fiction. Abbiamo preparato tortellini con la jota. Nel resto del mondo saremo a Caselonghe. Dovranno essere i sindaci, poi, a promuovere il territorio per portare qui il turismo.
Se non lo avete fatto e avete voglia di godervi una serie tv italiana leggera, ma mai superficiale e priva dei solti cliché; che mescoli personaggi disfunzionali alla Fleabag all’ironia di Boris; il senso dell‘umorismo friulano a una narrazione cinematografica alla Caterina va in città; una colonna sonora che va dal reggae al punk, dal rock al grunge e un animo scanzonato e disilluso, Volevo fare la rockstar fa decisamente al caso vostro. E vi aspetta subito in streaming su RaiPlay.