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War Sailor, dagli Oscar alla Serie Tv – La Recensione della miniserie norvegese

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ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su War Sailor – La serie, uscita il 2 aprile su Netflix!!

A rappresentare la Norvegia alla cerimonia degli Oscar 2023 era stato scelto il film del regista Gunnar Vikene, una storia sulla Seconda Guerra mondiale che si innesta sulla stessa scia di pellicole di successo come Niente di nuovo sul fronte occidentale, tra le migliori presenti attualmente sul catalogo Netflix – che infatti, agli Oscar, è riuscita a strappare nove candidature e quattro statuette -. War Sailor, questo il titolo dell’opera di Vikene, non ha raccolto gli stessi consensi del film tedesco, ma è un progetto sul quale il regista e i produttori hanno investito molto. Con oltre 11 milioni di budget, War Sailor si è aggiudicato il primato come film più costoso nella storia del cinema norvegese. Ma l’idea di base era tanto ambiziosa – e il materiale di partenza talmente abbondante – da convincere Gunnar Vikene a realizzare anche una miniserie. Netflix è sembrata subito entusiasta di poter ospitare la trasposizione televisiva del film norvegese, per cui nel giro di qualche mese l’operazione è stata completata e War Sailor – La serie è sbarcata sulla piattaforma con tre puntate da un’ora ciascuna.

War Sailor era stato inizialmente concepito sia come un film che come una miniserie – ha spiegato il regista – Non riuscivo proprio a rinunciare all’idea di raccontare questa storia in entrambi i formati. Durante il montaggio, ci siamo accorti che molto materiale non poteva far parte del film, lungo già molto più di due ore. Per fortuna, Netflix ha accettato la sfida.

War Sailor

Ne sono venute fuori tre puntate intense e sconfortanti, una lunga visione da circa tre ore che risulta pesante e difficile da mandar giù per la delicatezza – e, purtroppo, l’attualità – dei temi trattati. La storia è quella di Alfred Garnes (interpretato magistralmente da Kristoffer Joner), un padre di famiglia che, alla vigilia della Seconda Guerra mondiale, decide di imbarcarsi su un mercantile norvegese per guadagnare i soldi necessari a sfamare la famiglia. Siamo nella Bergen del 1939, di lì a poco le truppe naziste occuperanno la Norvegia e il conflitto detonerà anche in mezzo al mare. Da qui si dipanano due filoni narrativi: il primo è quello che vede protagonista Alfred e il suo migliore amico Sigbjørn “Wally” Kvalen (Pal Sverre Hagen), determinati a sopravvivere alla guerra in mare e a tornare a casa; l’altro è quello che ci porta invece a Bergen durante l’occupazione e si focalizza sulla quotidianità disintegrata della moglie di Alfred, Cecilia (Ine Marie Wilmann), e dei suoi tre figli. L’estremo Nord del continente è stato un fronte un po’ trascurato rispetto a quelli più caldi dell’Europa centrale. Ma anche ai confini settentrionali si combatteva una guerra estenuante, di cui pagarono le conseguenze soprattutto i civili. War Sailor ripercorre un evento realmente accaduto, che è quello del bombardamento di Bergen, nel quale rimase coinvolta una scuola e furono uccise decine e decine di bambini.

Furono proprio i più giovani a pagare un prezzo altissimo in termini di vite umane e il film di Vikene sembra volerlo gridare togliendo le parole ai suoi protagonisti.

War Sailor

Il personaggio di Aksel, un ragazzino costretto ad imbarcarsi sui mercantili insieme agli adulti, è emblematico della situazione drammatica vissuta dai minori durante la guerra. La sua tragica fine vuole accendere i riflettori sul numero impressionante di giovani vite innocenti spezzate dalla furia del conflitto e qui raccolte nell’ultimo intenso e struggente sguardo che il ragazzo lancia ad Alfred poco prima di andarsene. La brutalità della guerra è il grande tema di War Sailor, ma la pellicola di Vikene la racconta considerando l’impatto che questa ha avuto sulla quotidianità delle persone. È anche di povertà che si parla nella serie, delle difficoltà economiche delle famiglie europee alla vigilia del conflitto e delle ricadute sulla loro sfera privata. Alfred e Wally scelgono di andare incontro a una situazione di pericolo estremo perché è quella l’unica via per poter guadagnare il minimo indispensabile per sostenere la famiglia. La guerra non è dunque raccontata attraverso le grandi operazioni militari, attraverso le battaglie più iconiche o attraverso lo sguardo dei suoi protagonisti più celebri. E non è neppure una cronaca di vita al fronte, come potrebbe essere invece Niente di nuovo sul fronte occidentale.

War Sailor cerca di condensare in tre ore di visione gli effetti del conflitto sulla gente normale.

È il silenzio che predomina nella serie. Un silenzio che dà consistenza al vuoto, lo rende accessibile e vicino. Non c’è nessuna retorica nelle tre puntate distribuite da Netflix. Il racconto è asciutto, con un taglio quasi documentaristico. Le atmosfere ricordano un po’ La ballata del vecchio marinaio di Samuel Taylor Coleridge, svuotata però del suo simbolismo surreale. Non a caso, in una delle prime scene a bordo del mercantile, viene nominato proprio un albatro, l’animale che dà suo malgrado avvio alla Ballata dello scrittore inglese. War Sailor è una lunga discesa negli abissi, ripercorsa senza nessun fronzolo o addolcimenti narrativi di sorta. È una visione pesante, che va affrontata solo se si è predisposti a farsi sommergere da un realismo esasperato, sfibrante, che costringe a fare i conti con una realtà che è purtroppo ancora terribilmente attuale. Le storie di guerra stanno avendo un discreto successo negli ultimi anni. Ne sono una prova film come il già citato Niente di nuovo sul fronte occidentale, ma anche 1917, Dunkirk e altre pellicole simili. Le pellicole sui conflitti si sono svuotate di quella patina di retorica che ne celebrava le grandi gesta e si vanno soffermando invece sulle vite degli invisibili e dei dimenticati. Alfred è solo uno dei tanti, la sua storia personale riflette le storie dei troppi che i libri di storia non citano, ma che le conseguenze del conflitto le hanno vissute in prima persona sulla propria pelle.

La guerra ti cambia, profondamente. War Sailor cerca di darcene un’idea facendo grandi balzi temporali e provando a restituirci l’immagine più autentica dello sconquasso creato nelle vite dei protagonisti. Dopo aver trascorso gli ultimi anni del conflitto lontano da tutto e da tutti, Alfred viene ripescato dal suo amico a Singapore, lontano anni luce dalla propria casa. La serie ci sbatte davanti agli occhi la vita stravolta di uomini normali che hanno dovuto fare i conti con il distacco, la paura, la morte, il vuoto, la vita che riprende. Non è facile riadattarsi a una quotidianità che non è più quella di una volta. I reduci di guerra tornavano a casa con la morte nello sguardo e la consapevolezza che il mondo, intanto, era andato avanti anche senza di loro. In questo, War Sailor tenta di darci un quadro completo e infatti i tre episodi passano attraverso le tre fasi vissute da Alfred e da chi come lui è stato costretto a toccare con mano gli orrori del conflitto: la partenza come ultima spiaggia per garantire la sopravvivenza alle persone care, lo “svuotamento” cui si va incontro stando costantemente sotto il fuoco delle bombe, e il ritorno a casa, quando tutto è finito.

War Sailor è una serie che si fatica a guardare, ma lo scopo del regista è esattamente quello: creare una storia pesante, impegnativa, disagevole, che non abbia bisogno di troppe parole per entrare in profondità. In questo, la buona riuscita del progetto è agevolata da un’ottima interpretazione dei protagonisti, in particolare di Kristoffer Joner, che riesce a incamerare la trasformazione del personaggio e a rendere la sofferenza palpabile. Non è la serie tv che si consiglia se si cerca una visione leggera, ma è ottima per gli amanti di storie vere, ai limiti della docufiction.