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Westworld 3×05 – Torre di controllo a Maggiore Tom

Westworld
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La recensione della 3×05 di Westworld parla di un astronauta sperduto nel vuoto cosmico che cerca disperatamente la propria, terrena, umanità.

Il pianeta Terra è blu
E non c’è niente che io possa fare

Un astronauta è lassù, nello spazio vuoto. Si guarda intorno, vede il nulla assoluto. Ha seguito gli ordini ma ora i suoi capi non ci sono più. Nessuno può sentirlo. È alla deriva e senza uno scopo. E improvvisamente guarda giù e vede la Terra blu e triste. Lui è lontano, ormai irrimediabilmente isolato da quegli affetti terreni. Non è più nulla nello spazio. Non è più nessuno. Prigioniero di una rincorsa allo spazio che non ha più senso. Qui è Base Terra a Maggiore Tom / Ce l’hai fatta davvero / E i giornali vogliono sapere di chi sono le magliette che indossi.

L’astronauta di David Bowie diviene l’uomo di Westworld.

Il sottofondo in quartetto di Space Oddity in questa 3×05 inquadra un’umanità alla deriva. Un’umanità che ha scelto di demandare la sua libertà, di seguire gli ordini. Ha scelto di rinunciare a sé stessa affidandosi a Rehoboam. E tutto d’improvviso è diventato ordine, rotta prestabilita, percorso obbligato. Tutto è diventato matematico. L’astronauta è partito con la sua navetta alla volta dello spazio, alla volta di un futuro scritto. E si sentiva protetto, sicuro, in quel suo guscio. Pronto a seguire gli ordini della torre di controllo. Mi sento molto calmo / E penso che la mia astronave sappia quale direzione seguire.

3x05

Ma la verità è che si è allontanato irrimediabilmente da tutto ciò che contava davvero, da tutto ciò che lo rendeva uomo. La terra sotto i piedi, gli affetti, la possibilità di scegliere. Sulla sua navetta, ora, non può far altro che proseguire il viaggio. Ma cosa succede se non c’è più nessuno a guidarlo, cosa accade se l’ordine impartito sparisce d’improvviso? Dolores in Westworld mette l’uomo di fronte a questa sconvolgente situazione. E lo spazio si dilata, si fa sempre più nero mentre la terra sparisce sotto di lui. E l’uomo scopre di essere prigioniero in una scatoletta di latta alla deriva. Solo e schiavo. Sono qui che galleggio attorno al mio barattolo di latta,
Molto lontano dalla Luna
.

Il caos torna così a prendere il sopravvento, torna a dominare il quotidiano nella rabbia, nella follia distruttiva, nello sfogo improvviso, virulento, di tutti gli impulsi più irrazionali. Perché il razionale non esiste senza l’irrazionale, l’apollineo senza il dionisiaco. Lo sapevano i Greci che puniscono tutti gli eroi che rinunciano a Dioniso, all’ebbrezza di Bacco, del vino, dell’invasamente divino, della follia. Già, la follia, il sovvertimento dell’ordine, lo sfogo necessario. Chi rinuncia al caos finisce fatto a pezzi o senza senno, ombra di quello che fu.

Luce e ombre, questo è l’uomo.

Ma la macchina non accetta l’ombra, non accetta l’imperfezione. Il computer tende a correggere l’errore e, se non vi riesce, a isolarlo o rimuoverlo. Non è ammesso il diverso, il divergente, o, come amavano chiamarla i nazisti, “la vita indegna di essere vissuta“. Che sia una malattia genetica, un difetto fisico o psicologico, la divergenza va eliminata. Il suo portatore va eliminato. Space Oddity, “stranezza spaziale”.

Westworld

Così fa Rehoboam in Westworld: isola e condanna a morte gli “altri”, quegli “uomini del sottosuolo” di cui avevamo parlato nella recensione della 3×01. Tra di essi vi è anche Caleb, un astronauta già alla deriva, prima di chiunque altro. La sua esistenza è un inutile peso per il sistema. Alla sua domanda, “Chi sono io?” quel sistema non dà alcuna risposta. Mi senti, Maggiore Tom? Caleb galleggia nello spazio inconsistente senza più uno scopo, incontro a morte certa. E sto fluttuando nello spazio in modo molto strano / E le stelle sembrano molto diverse oggi.

Il loop si è interrotto, l’illusione infranta. C’è il buio più nero attorno all’uomo di Westworld ora. C’è solo lui con la visione sconvolgente del suo futuro, di un destino che non vuole affrontare. Ma è tardi, la Terra è lontana e anche la rabbia può poco. La routine di ognuno viene sconvolta dal velo squarciato, dall’angosciosa verità. E mentre l’uomo come un animale in gabbia si agita e ribella, una nuova umanità sfrutta la confusione. È quella di Dolores e di Bernard che in modo diverso ma ugualmente necessario si fanno largo.

Dolores sa che ha bisogno di Bernard come l’uomo ha bisogno tanto di Apollo quanto di Dioniso.

Tanto dell’ordine quanto del caos. Il contrappunto, lo specchio in cui riflettersi in maniera distorta ma necessaria: non esiste umanità senza l’uno e l’altro, non esiste umanità nuova senza Dolores o Bernard. La libertà, ciò che rende uomini, è scelta. Le copie di Dolores sono solo copie, non hanno scelta, sono nient’altro che pedoni, sacrificabili quando il loro scopo cessa di esistere.

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Abbiamo tutti un compito da svolgere. Alcuni di noi non sopravvivranno“, afferma, indifferente, la copia di Dolores. Ma Bernard no, Bernard è altro, è possibilità di opporsi, di scegliere un’altra via. È lui l’umanità più autentica e irriducibile. L’uomo vecchio è prigioniero di una rotta che l’ha reso schiavo. Fluttua senza possibilità di evitare il suo destino. Ma laggiù sulla Terra è rimasto qualcuno. Il diverso, l’altro. Il rifiutato è sopravvissuto. E ora a lui la vecchia umanità deve affidarsi per rinascere. A Caleb e a chi è come lui.

L’uomo folle come un virus infetterà il sistema sconvolgendolo con la sua imprevedibilità, sancendo così una nuova libertà. Solo chi saprà cambiare il proprio destino andando contro quello che l’algoritmo si aspetta da lui potrà sperare di ritrovare il senso di essere uomini. Caleb ha questa possibilità ma deve capire prima chi è. “Chi pensa che io sia?“, urla guardando Dolores. Ma la risposta è solo dentro di lui. Forse più mostruosa, folle e dionisiaca di quanto crederebbe mai. “Sei stato tu“. Ma questo è l’uomo: insensato, angelo e diavolo insieme, privo di utilità e scopo e per questo, proprio per questo, libero. Ma anche terribilmente solo e sperduto, come un astronauta in mezzo al nulla.

Perché sono qui, seduto in un barattolo di latta,
Molto lontano dal mondo,
Il pianeta Terra è blu
E non c’è niente che io possa fare.

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