La 3×08 di Westworld, dal titolo Crisis Theory, mostra il senso profondo della libera scelta e del suo risvolto oscuro: la follia. La stessa follia di cui cantano i Pink Floyd in Brain Damage / Eclipse, sinfonie conclusive del concept album The Dark Side of the Moon.
Il folle è sul prato, il folle è sul prato. Sull’erba di un giardino all’inglese, nel giardino della nostra casa. È lì, inquietante, mentre noi lo osserviamo dalla finestra. Ne abbiamo terrore, lo lasciamo là, fuori dalla porta. Il folle va rinchiuso, va allontanato, ci diciamo.
Caleb in Westworld è uno di questi folli, incoerente e imprevedibile scheggia caotica in un mondo ordinato.
Affili la lama, mi cambi, mi riprogrammi finché non sono sano, ci urla Caleb. Lo abbiamo rinchiuso in un manicomio ipertecnologico, alterato la sua percezione, sedato l’anima finché non ci è apparso riabilitato. Chiudi la porta, getti la chiave ma c’è qualcuno nella mia testa e non sono io. La follia di Caleb è sempre rimasta lì, la sua insofferenza, l’incapacità di stare al mondo. Non l’abbiamo cancellata, l’abbiamo solo nascosta ma, eccolo, torna folle, torna rabbioso!
Il folle è nel corridoio, i folli sono nel corridoio! Caleb ha sfondato la porta, si avvicina all’Incite, al nostro cuore, alla nostra serenità. E non è solo: sono tanti, sono pazzi e caotici. Stanno distruggendo la nostra bella casa ordinata, sono fuori controllo. Un esercito di alienati, di esclusi, di reietti che non accettano la prigionia, che non accettano il mondo di Westworld: un mondo senza scelte, fatto di percorsi preordinati.
Non esiste perdono e cambiamento nella società di Westworld: devi tenere gli schizzati fuori. Altrimenti sarà solo caos e la fine dell’umanità. Ma succede qualcosa. E se la nuvola ti fa rimbombare un temporale nell’orecchio, urli e nessuno sembra sentirti e se la banda in cui suoni inizia a intonare accordi diversi, ti vedrò sul lato oscuro della luna. Perché quell’invasato che era nel prato, quell’invasato nel nostro corridoio, quell’invasato davanti a noi, siamo noi. Il folle è nella mia testa. Il folle è nella mia testa.
La follia è il difetto di programmazione, è l’atto imprevedibile, insensato e stupendo.
L’atto del sacrificio per l’altro, dell’amore, di quella bellezza che Dolores in Westworld scopre nel mondo. “C’è la bruttezza in questo mondo, il disordine. Io ho scelto di vedere la bellezza“. Perché è vero, la follia può produrre caos, incertezza, sofferenza. Ma la bruttezza è nella repressione, nell’imposizione autoritaria di Rehoboam, nella crudeltà di cui pure è capace l’uomo.
Dolores per l’ultima volta sceglie di vedere la bellezza. Scopre che in tanto orrore c’è anche qualcos’altro. Perché “Loro ci hanno creati. Conoscevano la bellezza tanto da insegnarcela. Forse sono capaci di ritrovarla“. È questo il grido di speranza che lancia Dolores di fronte al bene che scorse un giorno nella gentilezza di un giovane William e che rivede ora in quella di Caleb. “Non ti ha scelto per la tua capacità di violenza“, confida Maeve a Caleb, “Ma per la tua capacità di scelta“.
La speranza vince. Il sacrificio di Dolores è l’atto finale della sua umanizzazione, la consapevolezza di potersi donare nella speranza che l’uomo e l’host abbiano la forza di scegliere la cosa giusta. Tutti quelli che incontri, tutto quello che ignori, tutti quelli che hai combattuto, tutto questo è adesso e tutto è finito e tutto sta per succedere e tutto sotto il sole è sintonizzato.
Il sole torna ad allinearsi, la follia lascia spazio al sentimento, non suonano più accordi diversi ma un unico grande accordo.
Maeve si sintonizza con Dolores, capisce il valore della scelta, quella scelta che solo l’uomo pienamente consapevole potrà compiere: vita o estinzione. Maeve rinuncia al suo interesse personale, rimanda il paradiso insieme alla figlia, per un senso morale più ampio, per il senso di giustizia che le sussurra che l’uomo deve avere di nuovo la libertà. Dipenderà da lui l’uso che ne farà. Nulla è ancora scritto, nulla prevedibile, perché la follia insensata del libero arbitrio può cambiare l’uomo, può far risplendere in lui, di nuovo, il sole della bellezza.
Serac è sconfitto, lui che si era fatto schiavo solo per amore dell’ordine. “Vivevo nel caos. Ora ho deciso di ascoltare, di ubbidire“. Nient’altro che suddito insieme al resto dell’umanità schiava. Fantoccio nelle mani di Rehoboam. Ora c’è Caleb, il leader di una speranza nuova. Ma la luna è lì. A chiedere di nuovo ragione di sé. Una nuova follia. Una follia che si nasconde sul lato oscuro del nostro satellite. E così torna l’interferenza, torna l’altra faccia che abbiamo sempre ignorato.
La faccia di Charlotte. Sole e luna. Dolores e Charlotte. Il folle è nella testa di Dolores. È l’altro volto della sua complessisima natura, quello della vendetta, della crudeltà, della violenza. Charlotte ha patito il peso della perdita di una famiglia, dell’indifferenza, della cattiveria e ora non può accettare altro che la distruzione, l’orrore, l’estinzione dell’uomo.
Ma è anche la follia di Bernard.
Il bipolarismo che lo rende costantemente, follemente Arnold, memoria umanissima di un uomo sconfitto dal dolore. Due facce, due personalità. Le stesse di William che viene chiamato a confrontarsi con il lato oscuro della sua luna. William e l’Uomo in Nero, l’eroe redento e l’anima più nera. E alla fine tra loro due in questa 3×08 di Westworld c’è un solo esito, un solo vincitore.
Il sole è eclissato dalla luna. La tenebra torna a invadere la nostra mente. La mente dell’Uomo in Nero, la mente di Charlotte. E scopriamo che non c’è davvero un lato oscuro nella luna di entrambi. Di fatto è tutta oscura. Starà a Caleb, a Maeve e alle anime di Bernard e Arnold far sì che il loro sole illumini di nuovo la Terra. Che la luna-Charlotte non oscuri in un’eclissi infinita l’umanità. Che la follia diventi scelta di salvezza e non di crudeltà. Due lati della luna, speranza e cinismo, in una lotta per il mondo. Per l’uomo.
Una lotta di follia là, sul lato oscuro della luna.
I’ll see you on the dark side of the moon