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Westworld 4×08: il mondo è un cimitero di storie – La Recensione finale

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«Bring yourselves back online.»
«Tornate in linea.»

Einfühlung. Un termine che si fa carico dell’ineffabile, di una sensazione ospite di un corpo familiare che per qualche motivo non riconosciamo. Einfühlung vuol dire “proiettarsi in qualcun altro” (o qualcos’altro), un centimetro oltre le nostre limitanti forme, oltre i sogni fermi ai bordi dei fogli e appena dopo la vita arrestata da una schiena stanca, da un corpo finito. Appena dopo “noi”, semplicemente. Laddove forse c’è il nostro Sublime, dietro una bruma di realtà che non tiene conto della memoria perché fissa a occhi sgranati il futuro. Laddove in un futuro eterno non c’è più bisogno di immaginare, tutto è conservato nella memoria di un passato coltivato da chi è “andato oltre”, da chi ha proiettato l’essere oltre la forma, diventando qualcos’altro anche solo per il tempo di ripararlo.
In quel preciso punto ci spinge il finale di Westworld 4, e in particolare Dolores Abernathy (ora sì, possiamo tornare a chiamarla così).

Mentre la distopia nichilista di William modella un mondo smorto, e il diktat a tinte divine diventa una strada a senso unico decorata di cadaveri e percorsa dall’uomo che è riuscito a vendere il mondo, il dio morente risorge dalla persistenza di una memoria scolpita in atomo, in perla. Si pettina d’acciaio Halores, mentre assiste alla fine del mondo (anzi, dei mondi), prima di scoprire la “strada” tracciata dal deterministico sacrificio di Bernard. Nel suo collega d’esistenza Halores ritroverà quell’onniscienza che forse le è sempre mancata, quel centimetro oltre il corpo che determina chi siamo (e chi saremo, letteralmente), e deciderà di “offrire l’ultima possibilità a questo mondo, quindi a Dolores”. La sua redenzione è immediata e serafica, come l’incurante armonia di una logica incontrovertibile, ma anche intimamente rabbiosa. Lo è mentre scalcia la virtuale mappa a suolo quasi fosse un gigante che capeggia la città, rivelando sotti i palazzi in codice le crepe di un labirinto che nasconde la perla di Dolores. Il mondo di Christina.

Westworld 4
Westworld 4×08 – Il Labirinto

Quel dipinto in pixel che è l’esistenza di Dolores sembra quasi un richiamo a Christina’s World, Il mondo di Christina, pittorica opera americana del 1948 a cura di Andrew Wyeth. Christina Olson, nell’opera di Wyeth, non può camminare a causa di una polineuropatia genetica e striscia, nel dolore e nella bellezza (“decido di vedere la bellezza in questo mondo”), cercando di raggiungere casa. Così la Dolores di Westworld si districa tra l’inconsistenza di corpi che non ci definiscono. Ella stessa non ha corpo, bensì un ruolo: quello della narratrice. Quello di Christina. Non ha più bisogno di specchiarsi, Christina, per scoprire di essere il riflesso di chi custodisce le memorie del mondo, perché è guardando a tutti i “corpi” che raccontavano la sua storia che ora ritrova la familiarità di un surrogato di coscienza, un’allegoria del passato disegnato nel merlato del suo vestito azzurro, quello di Dolores. In un crescendo permeante di commovente scoperta e accettazione, Dolores raggiunge ancora una volta il centro di quella mappa per la coscienza che è il labirinto.
Vi risiede al centro fissando negli occhi il Teddy che ricorderà per sempre, qualunque cosa accada, malgrado il mondo intorno a sé si sgretoli in coriandoli sotto i calci di un Dio lontano centinaia di dimensioni. Perché tanto, comunque vada, si può smettere di esistere ma non si può annullare l’essere stati. Perché tanto, comunque vada, chiunque è vissuto sarà per sempre storia. Anche Teddy.

Westworld 4 – Christina’s World

Da sola nel “Walled Garden“, scollegata dal resto del mondo, Dolores ha un’altra chance perché non soffre l’inferno che risiede negli altri, eppure ricorda e ne comprende il dolore privo di forma: einfühlung. Lo stesso estremo gesto di accettazione spetta a Caleb, rinchiuso in quello spasmodico corteo funebre che è la breve esistenza da host, sorretto sulla riva del mondo, del suo mondo, che vede salpare nell’inevitabile addio di chi non condivide una natura indeterminata: sua figlia Frankie. Lì Caleb sa che sparirà per sempre nell’imminente fine del mondo.

“Siamo il riflesso delle persone che ci hanno creato”, e se questo per gli host rappresenta il più grande limite deterministico, per l’uomo significa essere il risultato delle proprie proiezioni, di ciò che otteniamo dall’oggettivazione, dal trasferirci nel vissuto altrui. Ecco dunque che quel piano sequenza è sempre più lento e indulgente, mentre incalza il tema musicale di Dolores, e scopriamo trasposta nella figura di Teddy nient’altro che la Dolores di Westworld, la “se stessa” di Christina. Il risveglio della coscienza che nasce dal dialogo interiore, dall’antefatto del ricordo, concetto chiave – ancora una volta in questa stagione – della primissima Westworld.

Questa volta al centro del labirinto c’è la Dolores che ha osservato le persone nel loro mondo per anni, ha visto il meglio e il peggio di loro attraverso l’ingenuo amore di William prima e la cruda rabbia della delusione poi, scritta e sovrascritta nel suo recidivo codice, glitch traumatici sotto un corpo immune alle cicatrici. Si immedesima nella sofferenza messianica di un male universale e nella grazia di una bellezza ancestrale, e ricorda tutto.
È proprio così, ricordando, che Dolores darà inizio al test finale. Laddove tutto è iniziato, calpestando i ricordi in legno e polvere del parco di Westworld, vivendo e raccontando in immagini i suoi ricordi e quelli di chi fu. Mentre l’amianto della città sovrascrive larghe e desolate distese d’oro, e prende forma il tributo immaginifico di Dolores alla pietra angolare che ha dato il via a tutto: la foto di Juliet che William perde nel parco, quella che l’host di Peter Abernathy ritrova provocando l’inizio del dubbio, il risveglio della coscienza nelle macchine.

Westworld 4
Westworld 4×08 – Dolores e Juliet

Ora Halores può spettinare la sua pelle sintetica, spogliarsi d’umanità proprio mentre compie il suo gesto più umano, e si annulla in una delle scene più cariche di bellezza dell’intera Westworld: offrendo al suo corpo meccanico, involucro persistente e simbolo eterno, il privilegio di polverizzare tra le mani la perla estratta dal suo stesso corpo, recitando il suicidio della coscienza a un livello teoretico, definitivo come mai era stata rappresentata finora la morte in questa quarta stagione.

Tutt’altro che spoglia è la versione che si è data la possibilità di salvare quel mondo col quale si sta unendo in polvere fuori dal Sublime, anzi. Dolores volteggia, spira e s’alza virando in un cimitero di storie che ora ha l’ultima possibilità di ricostruire mentre il mondo, così come lo conosciamo, smette di esistere. L’uomo perde forma, ma non smette di esistere vivendo tanto quanto l’ultima persona che lo ricorderà. Sopravvivendo in quel sentimento che sintetizziamo con la parola einfühlung. Andando oltre noi stessi e la nostra forma, come adesso è tenuta a fare Dolores.

Westworld 4×08 – Halores termina se stessa

Viviamo in un cimitero di storie. Violenza e caos sono ovunque. Possiamo scegliere di concentrarci su quello, e allora del mondo resterà solo quello. Ma se osserviamo a lungo, sentiremo sempre la presenza di un ordine antico, calmo e duraturo. Possiamo scegliere di concentrarci su quello. E allora, quando finirà, del mondo resterà solo quello: la bellezza.

Le nostre storie sono la parte più bella di noi. Quella che decidiamo di ricordare rendendo qualcun altro immortale. Diventando noi stessi quella storia.
Le nostre storie sono la parte più bella di noi. Quella che andrà avanti quando noi dovremo fermarci. Per sempre.