ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sulla seconda stagione di Winning Time
Dopo una scoppiettante prima stagione, Winning Time, serie prodotta da HBO e incentrata sull’ascesa nel mondo del basket dei Los Angeles Lakers, ha fatto ritorno con un secondo ciclo di episodi, terminato ora anche in Italia con la sua messa in onda su Sky. La serie riparte dal 1980, anno della vittoria del primo anello della gestione Buss, e arriva fino al 1984, stagione della deludente sconfitta nelle NBA Finals contro gli odiati rivali dei Boston Celtics. In mezzo ci sono state tante cose: l’avvicendamento nel ruolo di coach tra Paul Westhead e Pat Riley, l’anello vinto nel 1982, il cappotto ricevuto l’anno seguente dai Philadelphia 76ers e la definitiva consacrazione di Magic Johnson non solo come icona dello sport, ma come vera e propria superstar capace di travalicare i confini stessi del parquet e di mostrare una nuova via a tutto il movimento.
Questa seconda stagione di Winning Time affronta diversi temi, entrando e uscendo dal campo di gioco e non risparmiandosi incursioni anche nella vita privata dei protagonisti, su tutti Magic e Jerry Buss. Il filo conduttore rimane sempre la consacrazione dei Lakers, oggi uno dei club più noti e importanti in tutto il mondo, ma al tempo uno spauracchio visto non sempre di buon grado nel mondo della pallacanestro. La serie HBO racconta come Los Angeles abbia cambiato per sempre non solo l’NBA, ma tutto lo sport, con spregiudicatezza ed entusiasmo, tracciando una linea che sarebbe divenuta una guida luminosa negli anni avvenire. Il grande rammarico legato a Winning Time è, invece, la stroncatura del suo racconto, perché HBO ha cancellato la serie, che avrebbe avuto ancora moltissimo da raccontare. Ad ogni modo, andiamo a parlare di cosa abbiamo visto in questa seconda stagione della serie tv distribuita in Italia da Sky, capace di confermare tutte le sensazioni positive della prima.
Winning Time – Come nasce una dinastia
Come anticipato nell’introduzione, il filo conduttore di questa seconda stagione di Winning Time rimane l’ascesa dei Los Angeles Lakers non tanto come squadra, ma proprio come idea, sull’onda della grandiosa prima stagione della serie HBO. Il concetto di dinastia resta al centro del racconto e delle ossessioni di Buss, che non vuole limitarsi a vincere, ma vuole costruire una squadra immortale, capace di cambiare per sempre il volto dell’NBA. Il tema è quello del regicidio, metafora classica nel mondo dello sport, quando il nuovo arrivato aspira allo scettro del vincitore e lo sfida apertamente. In questo caso, il re è Boston, Los Angeles è l’usurpatore e la seconda stagione di Winning Time perpetra questa contrapposizione, arrivando al culmine nell’ultimo episodio, alla prima di una serie di sfide al cardiopalma che hanno segnato pagine indelebili della storia del basket.
La sfida tra Celtics e Lakers condensa moltissime opposizioni: è il vecchio contro il nuovo, il rigore contro lo showtime, la tradizione contro l’innovazione. È LA rivalità del basket americano e la produzione HBO riesce a tratteggiarla al meglio, esasperando forse alcuni tratti più estremi, ma cogliendo alla perfezione la natura di questo scontro. Una dinastia, c’insegna Winning Time, nasce proprio in questo modo, andando a sfidare apertamente l’autorità, imponendosi contro il potere costituto e senza paura di fare scelte forti, come quelle legate alla fiducia verso Pat Riley e Magic Johnson, o agli azzardi economici di Jerry Buss che hanno reso oggi i Los Angeles Lakers una delle società sportive più importanti al mondo. La guerra aperta ai Celtics è proprio l’atto con cui nasce una dinastia e la serie HBO esalta in maniera splendida questo elemento.
Magic, lo Showtime e la spettacolarizzazione dello sport
Al centro della dinastia dei Lakers c’è Magic Johnson, sempre più coinvolto nelle diverse trame che avviluppano il racconto. Winning Time sottolinea l’apporto del campione non solo alla causa dei Lakers, ma all’intero mondo del basket. Possiamo dire che Magic ha cambiato per sempre i connotati di questo sport, facendolo piombare in una nuova era. Durante questa seconda stagione si affrontano temi come quelli del suo contratto, un’eccezionalità per l’epoca sia a livello d’ingaggio che soprattutto di durata, ma anche la contrapposizione interna con Paul Westhead, che ha portato poi al licenziamento di quest’ultimo. Se oggi è abbastanza comune vedere allenatori soggiacere al confronto coi propri giocatori, all’epoca i rapporti gerarchici erano diversi e questo conflitto ha segnato una presa di potere importante da parte degli atleti, veri e propri brand delle squadre e come tali asset da salvaguardare a ogni costo. Col confronto Magic-Westhead siamo agli albori di una tendenza che sarebbe divenuta dominante e che fa parte del cambiamento dello sport favorito proprio dall’atteggiamento dei Lakers.
In quest’ottica, Magic Johnson viene posto in contrapposizione anche a Kareem Abdul-Jabbar: le due stelle dei Lakers rappresentano due fasi continue ma molto diverse del basket e la transizione tra loro rispecchia quella di tutta l’NBA. Dallo schivo e contenuto Kareem si passa all’acclamata superstar Magic e allo stesso modo l’NBA diventa uno sport glamour, pop, pronto ad accogliere valanghe di dollari e di prestarsi completamente allo show business. L’avvento dello showtime conserva in sé anche i crismi della spettacolarizzazione dello sport, elemento ampiamente tratteggiato in Winning Time e che vede nell’affermazione dei Lakers di Magic e di Buss uno dei propri motori propulsori.
Tutti questi elementi costituiscono il cuore di Winning Time, una serie capace di raccontare lo sport in una visione più ampia, centrando al meglio tutto il contorno che definisce al meglio gli avvenimenti sportivi. Senza un lavoro così approfondito, sarebbe stato difficile capire perché i Lakers, la rivalità tra Magic e Bird e la spregiudicatezza di Buss hanno cambiato per sempre l’NBA, portandola in una nuova fase, più improntata allo spettacolo, e quindi al guadagno. Il grande retaggio della dinastia dei Lakers è anche quello, l’aver proiettato uno sport intero in una nuova era.
Winning Time e la ricetta perfetta per raccontare lo sport
Al di là degli aspetti contenutistici, a convincere maggiormente in questa seconda stagione di Winning Time, così come nella prima, è lo stile narrativo adottato. La serie HBO mantiene un ritmo serrato, che ricorda i continui ribaltamenti di fronte sul parquet. Spesso i protagonisti rompono la quarta parete, rivolgendosi direttamente allo spettatore e ciò simboleggia la centralità del fan nella nuova NBA, il ruolo dello spettatori che non è più solo fruitore, ma consumatore e in quanto tale ulteriore asset di tutto il sistema, da sfruttare e monetizzare. Lo stile utilizzato nel racconto ricalca, in sostanza, i messaggi che la serie vuole lanciare e, alla fine, ciò che viene fuori è un grande spettacolo, uno showtime televisivo che restituisce al meglio l’essenza della rivoluzione avvenuta sul campo da gioco, perché lo sport stesso è divenuto show.
Winning Time è una delle migliori serie tv sullo sport perché riesce a travalicarlo, lo affronta sotto i suoi aspetti culturali e sociali e alla fine ciò che accade in campo è quasi una componente minoritaria del disegno complessivo, perché la sconfitta dei Lakers non incide sulla rivoluzione approntata e, indipendentemente dai risultati finali, si capisce il peso della nuova filosofia della franchigia di L.A. Il grande rimpianto, come accennato, è il dover dire addio a questa narrazione, quando avrebbe avuto ancora molto da dire. Abbiamo avuto, ad esempio, appena un assaggio della rivalità tra Lakers e Celtics, che dopo il 1984 si sarebbero ritrovate altre due volte in finale, con altrettante vittorie di Los Angeles.
Dopo la sconfitta contro Boston che ha chiuso la serie, i Lakers hanno vinto tre anelli e persone due finali fino al calo degli anni ’90, prima della rinascita nel 2000 con Shaquille O’Neal e Kobe Bryant e dell’inizio di una nuova era d’oro per i Lakers, figlia diretta proprio dello showtime. Sarebbe stato bello vedere tutto questo materiale narrato con lo stile inconfondibile di Winning Time, ma la cancellazione della serie lo ha reso impossibile. Peccato, davvero. Per il resto, di queste due stagioni ci rimane una delle migliori serie tv sportive, un altro gioiello di HBO che ha mostrato a tutti la ricetta giusta per raccontare lo sport.