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Yu Yu Hakusho – La Recensione: come volevasi dimostrare

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Yu Yu Hakusho, curiosamente, è la prima serie live action Netflix tratta da un manga a non essere stata accolta con grande scetticismo dal pubblico. Le prime immagini avevano subito fatto comprendere che sarebbe stato un prodotto convincente. Naturalmente non era stato dissipato ogni dubbio, memori di alcuni clamorosi flop, tra cui si ricordano soprattutto il film di Death Note e la serie di Cowboy Bebop.

Gli ultimi tempi però ci avevano già fatto capire che Netflix aveva cambiato rotta. A dire il vero, un po’ troppo spesso viene dimenticata anche l’ottima Alice in Borderland, serie live action che dimostrava come la piattaforma fosse in grado di produrre prodotti di alto livello anche in questo ambito.
La serie di One Piece inoltre, pur mantenendo qualche incertezza (soprattutto in relazione all’enorme budget investito), aveva mostrato che era stata riservata enorme cura e tanto cuore.
Yu Yu Hakusho riesce a fare un ulteriore passo in avanti. Nonostante un budget più basso della serie piratesca, presenta un livello attoriale, una ricostruzione degli ambienti e dei combattimenti ben più convincenti. Non è solo il cuore a renderla un’ottima serie: c’è anche molto altro.

Prima di addentrarci nella recensione vera e propria, vogliamo parlare brevemente del manga da cui la serie è tratta

Yu Yu Hakusho (640×360)

Il manga di Yu Yu Hakusho (ben più conosciuto in Italia con il nome di Yu degli spettri) è uno dei fumetti giapponesi di maggior successo degli anni ’90. Venne pubblicato nella prima metà degli anni ’90 e fu, a tutti gli effetti, uno dei primi e migliori “figli” di Dragon Ball, all’epoca ancora in corso di pubblicazione sulla stessa rivista. L’autore è davvero molto importante: si tratta di quel Yoshihiro Togashi che, dopo la conclusione di Yu Yu Hakusho, realizzò anche quel gioiellino di HunterxHunter.
In Italia la serie manga di Yu degli spettri venne pubblicata nei primi anni 2000 mentre l’anime, come molti di voi ricorderanno, andò in onda su MTV, canale che contribuì enormemente alla diffusione delle serie animate nipponiche.

Togashi riprendeva, a tutti gli effetti, la lezione di Dragon Ball e di chi l’aveva preceduto. In particolare, oltre agli immancabili power-up e relativi allenamenti per ottenerli, il torneo diventava ormai elemento immancabile in queste storie (torneo che Akira Toriyama, autore di Dragon Ball, aveva “inventato” riprendendo una gara di corse proposta in precedenza nel suo Dr. Slump). Togashi aggiunse però la sua grande capacità di costruire combattimenti razionali, nei quali il ragionamento spesso prevale all’interno dello scontro. Comincia quella sperimentazione che sarebbe poi esplosa con il successivo HunterxHunter.
Purtroppo la parte finale del manga non fu all’altezza del resto dell’opera. L’autore infatti realizzò una fase conclusiva davvero mal disegnata e approssimativa, rovinando in parte quanto di buono era stato fatto fino ad allora.

Una parte finale deludente non rovina però del tutto l’ottimo lavoro condotto fino ad allora. Yu Yu Hakusho resta una serie manga e anime di grande valore. Non sorprende dunque che Netflix l’abbia selezionata per realizzarne una trasposizione live action

Yu Yu Hakusho (640×360)

Il protagonista della storia è Yusuke Urameshi, un ragazzo quattordicenne introverso e indolente. Nonostante la giovane età conduce una vita piuttosto dissoluta, tra gioco d’azzardo e risse. In realtà, pur mostrando raramente questo lato del suo carattere, è un ragazzo davvero buono, pronto ad aiutare i più deboli quando si trovano in difficoltà. Proprio per aiutare un bambino che sta per essere investito, si sacrifica al suo posto morendo travolto da un furgoncino (sequenza resa in modo notevole nella serie). Yusuke muore ma, curiosamente, non va né in Paradiso né all’Inferno. Botan, una ragazza che rivela essere quello che per noi occidentali corrisponde al Tristo Mietitore, gli svela che non era previsto che morisse, perché nessuno si aspettava che avrebbe compiuto un gesto simile. Per questa ragione approda al mondo degli spiriti (o meglio, yōkai) dove il Piccolo Enma, ripresa della figura mitologica che giudica le anime, offre al ragazzo la possibilità di tornare in vita con l’incarico di detective del mondo degli spiriti.

Non vogliamo addentrarci eccessivamente nella trama per evitare spoiler. Ci limitiamo ad accennare che allenamento e “torneo” che Yusuke affronterà sono proposti in modo davvero appassionante ma, a causa dei soli 5 episodi, un po’ frettoloso. Questo non inficia la qualità dell’opera, anche se si nota una certa accelerazione. Ciononostante i personaggi fondamentali, ovvero i comprimari Kurama, Hiei, Kawabara e gli antagonisti (menzione speciale per un iconico Toguro minore) sono curati alla perfezione. L’accelerazione non inficia assolutamente la caratterizzazione e l’approfondimento di questi personaggi, cuore della serie.
Desideriamo però anche sottolineare un momento del primo episodio davvero toccante, in grado di confermare la bravura degli attori e del regista (Sho Tsukikawa, il quale ha firmato anche il bel film d’animazione Voglio mangiare il tuo pancreas). Yusuke, in forma di spettro invisibile, assiste per intero alla sua veglia funebre. Vede persino il rivale Kuwabara disperarsi per la sua morte. A essere ancora più triste però è il momenti in cui Masaru, il bimbo a cui ha salvato la vita, dopo averlo ringraziato, chiede alla madre di tornare appena Yusuke si sarebbe svegliato. Infine merita una menzione il toccante momento in cui Keiko si dispera assieme alla madre di Yusuke, provando rimorso per le ultime parole dette al ragazzo.
La sequenza del funerale dura alcuni minuti, minuti davvero tristi e intensi che testimoniano l’enorme bravura di tutti quanti gli attori. Inoltre svela totalmente l’animo del protagonista che, nonostante il carattere scontroso e introverso, è riuscito a fare breccia nel cuore di tante persone.

La serie, se ce ne fosse bisogno, dimostra che i combattimenti non sono affatto l’unico elemento di valore. Al contrario, la narrazione presenta altri notevoli punti di forza

Yu Yu Hakusho
Yu Yu Hakusho (640×360)

I combattimenti sono semplicemente spettacolari. La CGI presenta qualche incertezza, soprattutto nella resa di certi personaggi, però riesce a essere comunque accettabile. Gli scontri non ne risentono mai e sono davvero riusciti e spettacolari. I costumi sono spesso assurdi e sopra le righe ma, forse proprio per questa ragione, sono talmente esagerati da risultare davvero niente male. L’estetica del manga dunque viene preservata e mantenuta, sia nelle ambientazioni sia nei costumi.

Dopo il colossale fallimento di Cowboy Bebop, per non dimenticare anche l’orripilante film di Death Note, non era affatto scontato che Netflix decidesse di continuare a produrre serie live action tratte da manga. Eppure la piattaforma ha deciso di non mollare, raddrizzando il tiro e proponendoci una serie di Yu degli spettri che ha davvero ben poco a che fare con certi orrori visti in precedenza. Alla produzione di questa miniserie ci sono Akira Morii e Kaata Sakamoto, già produttori di Alice in Borderland, mentre alla regia troviamo il precedentemente citato Sho Tsukikawa. La squadra è ottima e, unita a un cast di attori giapponesi di esperienza, non poteva che produrre risultati positivi. Viene da chiedersi se proprio l’idea di realizzare una serie quasi totalmente giapponese, dai produttori agli attori, passando per sceneggiatori e registi, non sia proprio la strada migliore da seguire.

Per quanto possa suonare banale, Yu Yu Hakusho conferma che, per realizzare un grande live action, occorrono persone di grande talento che vogliono preservare il cuore dell’opera originale

Yu Yu Hakusho
Yu Yu Hakusho (640×360)

La storia originale, come abbiamo già detto, non è stata ripresa in maniera fedele e pedissequa. Dopo un episodio iniziale lento e con un numero limitato di modifiche, gli episodi successivi decidono invece di comprimere enormemente il materiale originale. Evitiamo di fare spoiler per chi ancora non ha visto la serie; preparatevi però a vedere determinate storyline davvero ridotte, alcune persino totalmente assenti. L’obiettivo, evidentemente, era quello di dare vita a una miniserie che fosse piuttosto autonoma. Non è del tutto chiaro se ci sarà o meno una seconda stagione, poiché i tagli e le riduzioni sono tali che Yu Yu Hakusho potrebbe anche concludersi così. Oltretutto, nel caso in cui proseguisse, è difficile immaginare in che modo verrebbe riadattata la storia, alla luce delle modifiche.

Effettivamente, considerando il finale deludente della storia originale, forse andrebbe bene anche se la serie finisse qui. Non nascondiamo però che gli episodi sono stati talmente belli ed esaltanti che, al tempo stesso, vorremmo davvero vedere altro. Abbiamo soltanto 5 episodi, episodi indubbiamente soddisfacenti ma che ci hanno lasciato con un certo desiderio di vedere altro. La scena finale conferma che Yusuke, Hiei, Kurama, Kuwabara assieme a Keiko e Yukina, sono davvero un bellissimo gruppo.
Non dimentichiamo tuttavia che Netflix ha in cantiere altri live action molto ambiziosi: My Hero Academia e Death Note, per esempio, sono due serie importanti che arriveranno nei prossimi anni. È probabile che gli sforzi della piattaforma streaming si concentreranno quindi su nuovi lavori.

Ciò non toglie che Yu Yu Hakusho si sia rivelata davvero una bella serie di cui siamo soddisfatti. I live action trasposizioni di manga confermano che, quando i tasselli sono tutti inseriti al posto giusto, hanno grande potenziale. Speriamo che, d’ora in poi, si continuerà a seguire questa strada.