ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Reservation Dogs, la serie tv disponibile su Disney+.
Il mondo nel quale siamo nati non ci aspetta. Corre veloce. Ci passa addosso. Gareggia in rapidità con chi sa stare al passo. Non temporeggia, non si ferma, non indugia. È una locomotiva che viaggia senza freni verso mete ogni giorno più distanti e lascia salire a bordo solo chi riesce a mantenere il ritmo. Chi non si perde. Chi non tentenna. Chi non tergiversa. La calma collide con l’andatura frenetica del mondo che ci circonda. Non c’è tempo per fermarsi a riflettere. È tutta una questione di accelerazione e spinta. È l’era della rincorsa e del fervore. Dello stare al passo. Del galoppo forsennato verso qualcosa. C’è tutta una realtà costruita sulla fretta, sull’economicità del tempo, che è prezioso e non ne va sprecata neanche una goccia. Ma dietro i fabbricati ultramoderni e accessoriati di questa nostra realtà a velocità aumentata, riposa ancora un mondo sommerso, l’architettura primaria sulla quale ogni cosa ha preso vita. Un mondo che si muove con lentezza flemmatica, al ritmo delle stagioni, delle rivoluzioni celesti, dei moti millenari che ne plasmano con pazienza le forme. Quel sostrato di vita che si nasconde dietro l’architettura sbilenca della realtà del terzo millennio, è un intero mondo che sussurra parole di saggezza. Che ci ricorda che una vita diversa è possibile. Che chi non sta al passo può avere ugualmente un posto nel mondo. Che non bisogna avere necessariamente gambe veloci per camminare in mezzo agli altri. Che la Terra è un posto abbastanza grande per tutti. Reservation Dogs, la serie FX on Hulu disponibile su Disney+ e arrivata alla sua terza stagione, tenta di riconnetterci con quel substrato. Con l’elemento originario, con le radici.
Rilasciata per la prima volta nel 2021, la serie tv creata da Taika Waititi è passata un po’ inosservata, specie da noi in Italia.
Interamente realizzata da indigeni – sono nativi americani tutti gli attori, ma anche gli scrittori -, Reservation Dogs si concentra sulle vicende di un gruppo di adolescenti che vive nelle zone rurali dell’Oklahoma, dove c’è sempre il sole e una calma piatta avvolge i contorni delle abitazioni. Bear, Elora, Chester e Willie Jack sono i Rez Dogs, un gruppo di amici che attraversa la fase dell’adolescenza tra scossoni e apatia. La prima stagione ce li mostra tutti intenti a racimolare il denaro necessario per scappare di casa e raggiungere l’assolata California, la meta prediletta di sognatori e cuori ambiziosi. Per mettere insieme il denaro necessario, ciascuno di loro cerca delle scorciatoie. Piccoli furti, assalti ai camion delle patatine, bugie e menzogne fanno parte del piano per evadere dalla realtà angusta dell’Oklahoma. Nessuno di loro si sente a proprio agio tra le mura di casa. In ognuno si legge il desiderio forte di cambiare vita, di andare oltre, di lasciarsi qualcosa alle spalle. Reservation Dogs è una serie che scopre le sue carte poco alla volta. È un fiore un po’ sfilacciato che nasconde il suo bocciolo, ci vuole pazienza per vederlo sbocciare. La pazienza che è sempre più difficile padroneggiare. I Rez Dogs hanno perso un amico, Daniel. Era un membro della banda, il leader carismatico che dettava i tempi e parlava di sogni. A un certo punto, non ce l’ha fatta più a stare al passo e si è tolto la vita. Ha mollato, si è tirato fuori, l’ha fatta finita col mondo. E la sua banda è rimasta lì interdetta, immobile, con un vuoto stratosferico da colmare.
Reservation Dogs parla di elaborazione del lutto e di drammi adolescenziali.
È un teen drama, che parla ai giovani di altri giovani pieni di problemi, ansie e inquietudini. Non sarà tra le 10 serie tv presenti su Disney+ da vedere per forza almeno una volta nella vita, ma è una storia della Generazione Z che avevamo bisogno di conoscere. Perché ci connette con i disagi giovanili, con le apprensioni, i turbamenti e gli affanni di ragazzi che si affacciano per la prima volta alle cose della vita. Ogni personaggio viene scandagliato da una sceneggiatura che cresce poco alla volta, senza fretta. Il ritmo è lento, privo di brusche accelerate. Sembra una favola raccontata da un vecchio capo indiano, con tanto simbolismo e una miriade di sottintesi che si leggono nei silenzi. Non è una serie rumorosa Reservation Dogs, neppure nelle sue scene più concitate. È avvolta dalla calma sapiente dei capi tribù, che sembrano trovare un senso a tutto, anche – e forse soprattutto – al dolore. È una serie stoica, resiliente, che non manda dei ragazzini allo sbaraglio sulla scena, ma li conduce per mano verso un viaggio accidentato e pieno di insidie. È una commedia amara, che prova ad esorcizzare il dolore con le freddure e il sarcasmo. Il personaggio dello spirito guida di Bear – un suo vecchio antenato morto nella battaglia di Little Bighorn – è quello che incarna la linea comica della serie. È lui che dà consigli al ragazzo, come una specie di armadillo a petto nudo e con le penne in testa. Ma in mezzo all’ironia e all’umorismo, traspare l’essenza vera di Reservation Dogs, la sua chiave introspettiva, il suo essere così penetrante e brillantemente acuta.
Se la seconda stagione si concentra tanto sugli scossoni che mettono a dura prova l’amicizia tra i protagonisti, la terza si fa ancora più intensa, analizzando il contesto con uno stile narrativo particolare, con punte di vero e proprio surrealismo. Il confine tra cosa è reale e cosa è frutto dell’immaginazione si fa ancora più labile. Non è solo lo spirito guida che sussurra all’orecchio di Bear: sono i nuovi personaggi, le storie di cui sono portatori, a mantenersi sospese sull’estremità sottile del realismo e a raccontare di una realtà magica in cui razionalità e subconscio viaggiano insieme. L’impressione è quella di essere finiti nel bel mezzo di un racconto indigeno pieno zeppo di tutta quella saggezza filosofica che riconnette spirito e anima alle radici della Terra. È un peccato che Reservation Dogs non abbia avuto la stessa risonanza mediatica dei più popolari teen drama degli ultimi anni. È una storia che non ha nulla di banale, in nessuno dei suoi punti. È delicata e aguzza, punge a fondo, fa divertire e spinge a riflettere. E, soprattutto, si prende del tempo. Tanto tempo. Tempo che abbiamo, ma che spesso tendiamo a sprecare proprio nella smania di occuparlo con qualcosa e dargli un senso. Reservation Dogs sceglie di riconnetterci con la calma paziente del mondo. Di aspettare tutti e trovare un posto per ciascuno di noi. Avrebbe meritato molta più attenzione questa serie – la terza stagione disponibile su Disney+ non è ancora stata doppiata in italiano -. Ma non è tardi per imparare la sua lezione. Per farla nostra. Per custodirla da qualche parte e ripescarla ogni tanto, quando ne sentiamo il bisogno.