La MLJ Comics, intorno agli anni ’40, conobbe un notevole successo grazie in particolare a un personaggio: un adolescente dai capelli rossi e le lentiggini di nome Archie Andrews. Il personaggio apparve per la prima volta in una collana denominata Pep Comics, incentrata su un gruppo di adolescenti allegri e scanzonati. È probabile che nel 1941 nessuno, nemmeno il più ottimista dei disegnatori, avrebbe mai pensato che più di settant’anni dopo, da quel fumetto sarebbe nata una serie di successo. Riverdale nasce proprio da quel progetto, ancora riconoscibile fra le righe, nonostante alla serie sia stata data una decisa ringiovanita, soprattutto a causa dei profondi mutamenti socioculturali avvenuti nel tempo. La serie infatti perde quell’atmosfera di leggera spensieratezza presente nel fumetto (perfetta per raccontare le avventure di un qualsiasi teenager americano) e la sostituisce con una molto più tetra, che meglio si adatta all’idea della perdita dell’innocenza propria dell’età dei personaggi in scena.
Riverdale quindi si propone come uno dei più cupi, fra tutti i teen drama. La serie ha appena spento la sua quinta candelina, ma dobbiamo tenerci pronti a soffiare sulla sesta, ancora inedita in Italia, ma arrivata a quasi metà negli States. Tuttavia non sembra risentire del tempo che passa e anzi, per essere una serie apparentemente dedicata a un pubblico giovane, rimane sempre fra i contenuti più visti. Ma non solo, il successo di Riverdale ha spinto gli autori a far nascere ben due serie che ne condividono l’universo, Le Terrificanti Avventure di Sabrina e Katy Keene, che però non sono riuscite a eguagliarne il successo.
Insomma il tempo passa, il pubblico cresce, il cast pure, eppure il successo di questa serie sembra inossidabile. Ma come fa?
Se fossimo Cheryl Blossom potremmo dire che Riverdale ha diverse frecce nella sua faretra e una di queste è sicuramente la sua trama. È difficile far rientrare questa serie in un genere ben preciso: se teen drama è riduttivo, forse horror non è preciso, certo è anche thriller, ma con un tocco di crime, senza scordarsi l’aspetto paranormale. I protagonisti sono teenager con drammi da teenager: devono affrontare problemi di cuore, problemi scolastici, problemi con i genitori, ma occasionalmente anche problemi con omicidi, serial killer, spacciatori e giochi di ruolo ai limiti della sopravvivenza. Non proprio la classica routine di un liceale, perché infatti la cittadina di Riverdale è molto meno pacifica e pigra di quello che potrebbe sembrare.
Che poi questi non sono dei liceali qualsiasi, ma anzi, sebbene sia facilissimo scambiarli per i soliti personaggi stereotipati di tutte le serie ambientate nei licei, (il bel ragazzo con la chitarra, la snob, la ragazza della porta accanto, la cheerleader viziata e un po’ maligna), in realtà si cerca di dare loro uno spessore ben più interessante, con personalità più complesse e stratificate grazie a evoluzioni inimmaginabili. Ecco per esempio che il ragazzo con la chitarra si trasformerà in un pugile pronto a difendere i più deboli o che la cheerleader fonderà una banda di ragazze pronte a tutto, mentre la snob terrà in piedi uno scontro senza esclusione di colpi proprio contro chi le ha reso la vita così agiata. I personaggi sono ragazzi che vivono situazioni straordinarie, ma al di là di questo rimangono disincantati, sfacciati, ammiccanti, degli adolescenti insomma.
Gli interpreti però non soffrono il loro personaggi e anzi, anche al di fuori di Riverdale, sono stati capaci di mantenere alta l’attenzione su di loro. Una seconda freccia da scoccare a favore del successo di questa serie è sicuramente quella per il cast. Gli attori principali sono stati capaci di catturare l’attenzione del pubblico anche al di fuori della serie stessa. Sono i più classici esponenti della generazione z: profili Instagram da milioni di follower, canali YouTube che documentano i migliori momenti della loro giornata, innumerevoli ospitate agli eventi più in voga del momento, non si fanno mancare mai l’occasione per una polemica impegnata. Questi ragazzi sono attori, cantanti, fotografi, artisti multitasking e sembrano incapaci di sbagliarne una. Per questo vengono ammirati da un esercito di fan.
Se un cast di giovani belli e impegnati e una trama avvincente, pericolosa ma che comunque permette l’immedesimazione, non fossero motivi sufficienti per amare questa serie, l’ultima e decisiva freccia è quella del tempo. Riverdale è una serie senza tempo. Non c’è nella narrazione e non è decisivo nemmeno nel pubblico. Possono coesistere speakeasy anni ’30, allestiti nei sotterranei di locali anni ’50. C’è la bionda coda di cavallo di Betty, così simile a quella di Olivia Newton John in Grease, ma c’è anche il beanie usurato in pieno stile grunge anni’90 di Jughead. Ci sono i Serpents, risoluta banda di motociclisti e i Ghoulies banda ancora più pericolosa, molto più simile a una setta dove droga e gare clandestine sono all’ordine del giorno. C’è il Dungeons and Dragon in voga negli anni’80, ma in una nuova versione più allucinata e senza esagerare, mortale. Insomma Riverdale prende il meglio da tutto quello che di caratteristico e riconoscibile la cultura e la storia americana hanno da offrire e riesce a tenere tutto insieme in uno straordinario equilibrio. Riverdale è vintage nella stessa misura in cui è contemporanea. Forse questo ci ha fatto quanto meno alzare un sopracciglio qualche volta, ma bisogna ammettere che ha anche caratterizzato questa serie come unica nel suo genere, creando un universo che non solo funziona, ma affascina tanto da diventare una moda, che siano i giubbotti ricamati, la coda di cavallo o il rossetto rosso ciliegia.
Ma se il tempo ha perso di significato durante la narrazione, anche il pubblico di Riverdale è in realtà senza età. La serie, che come abbiamo già detto si propone come teen drama, mostra le vicende di dei liceali attorno ai quali gli adulti hanno solo un ruolo marginale. Tuttavia, saranno soprattutto gli spettatori nati negli anni ’80 che potranno apprezzare maggiormente tutte le citazioni, i riconoscimenti e i volti non così nuovi presenti nella serie. La sigla iniziale è stata più volte indicata come un omaggio a Twin Peaks, la madre delle serie mistery-crime che affondano nel paranormale e solo chi si è appassionato all’omicidio di Laura Palmer ha riconosciuto nella madre di Betty il volto della docile cameriera Shelly Johnson, interpretata da Mädchen Amick. Ma non è l’unica, i veri amanti di serie tv anni ’90/primi 2000, avranno sicuramente individuato il Luke Perry di Beverly Hills 90210, o Chad Murray protagonista di One Tree Hill, o ancora Kerr Smith o meglio Jack McPhee in Dawson’s Creek . I più attenti avranno riconosciuto anche il giovane Cole Sprouse che, con il gemello Dylan, si è diviso la parte del piccolo Ben in Friends. Il cast di Riverdale pesca a piene mani anche dalla filmografia degli anni ’90: Skeet Ulrich (il padre di Jughead) è il Serial Killer della fortunata saga horror Scream e Molly Ringwald è la protagonista di Breakfast Club, film senza il quale forse molti teen drama non esisterebbero nemmeno (se ti interessa tutto ciò a cui Riverdale fa riferimento, clicca qui). Quindi si, gli adolescenti di oggi saranno pure il target più ovvio, ma anche chi l’adolescenza l’ha finita da un pezzo riconoscerà in questa serie un pezzo della propria storia.
Insomma il successo di Riverdale è dovuto certamente ai personaggi e al cast, ma forse ancora di più al suo essere trasversale, in tutti i sensi. Attraversa i generi, attraversa il tempo, ha una strana patina vintage, che però assomiglia anche a una verniciata data di fresco. Per questo riesce ancora a non passare di moda.