Più volte ci siamo chiesti quale sia il personaggio più inutile o fastidioso nella storia delle serie tv. Abbiamo scritto diversi articoli e in più occasioni ve lo abbiamo chiesto anche su Comunità di Recupero oppure sulle nostre pagine social. Nel corso degli anni, tra i tanti nomi che sono usciti, ne spiccano alcuni sui quali ormai siamo tutti d’accordo. Nomi che troverete anche in questa lista dei 10 personaggi delle serie tv a cui è stato dato un minutaggio davvero eccessivo. Ovvero dei personaggi, non necessariamente secondari, che in più di qualche occasione hanno occupato lo schermo a vuoto, cioè senza fare o dire qualcosa che avesse davvero uno scopo narrativo. Hanno continuato a dire cose superflue, se ne sono stati là a infastidirci oppure hanno compiuto delle azioni che, ai fini della trama, non erano necessarie. È il caso del primo nome che leggerete, Archie Andrews di Riverdale. Sappiamo che si tratta del protagonista, ma spiegateci la ragione dietro tutte quelle scene a torso nudo. È un bel vedere, certo, ma siate onesti: hanno davvero senso di esistere o sono minuti sprecati per compiacere i fan? Ed è proprio questo dilemma esistenziale che cercheremo di indagare in questa occasione. Per usare una locuzione illustre e forbita potremmo dire ai dieci personaggi in questione: va tutto benissimo, ma anche meno!
Ecco 10 personaggi, come Archie di Riverdale, che sprecano troppi minuti superflui a fare cose inutili ai fini della narrazione.
Archie Andrews – Riverdale
Ok, lo sappiamo che Archibald “Archie” Andrews è la colonna portante di Riverdale, il teen drama basato sui personaggi degli Archie Comics. Lo sappiamo che ha passato l’estate a ottenere quella forma fisica. E sappiamo pure che ne va fiero. La transizione da ragazzo dolce, appassionato di musica e di scrittura a ragazzaccio dai pettorali tonici e muscolosi è il punto nevralgico della sua evoluzione. Però anche meno, Archie! Li vediamo i muscoli, non ti disturbare. Non devi sfoggiarli anche alle poste per pagare una raccomandata A/R. Forse, diciamo forse, tutti quei minuti utilizzati per mostrare i suoi pettorali li avrebbero potuti usare, ipotizziamo, per lo sviluppo di altri personaggi o di sottotrame che meritavano più attenzione. Ma Archie deve ricordare al mondo intero che ora è sexy. O forse ha solo caldo? Ad ogni modo, i momenti inappropriati a torso nudo di KJ Apa (& Co) hanno fatto la storia di Riverdale. Si può forse risolvere un omicidio restando in camicia? La risposta è incerta.
Mónica Gaztambide – La casa di Carta
Ebbene sì, stiamo cercando del minutaggio eccessivo ne La casa di carta e non tireremo fuori né Arturito né gli ingressi trionfali di Tokyo a bordo di motociclette impennate. Né il lato B di Tokyo, che del resto costituisce l’essenza vibrante della serie. Se c’è qualcosa di superfluo nello show, quella è la povera Mónica Gaztambide. La prima stagione ne aveva bisogno. Ma nel corso della vicenda è finita per diventare una presenza superflua che ha minato in più di qualche occasione l’atmosfera goliardica della storia. A partire dalla seconda stagione, la presenza di Mónica aiuta senza dubbio a sbloccare dei passaggi narrativi importanti. Eppure le sue uscite poco si adattano allo spirito complessivo della serie Netflix. Il bello dello show di Álex Pina sono i livelli irrealistici di trash. Che senso ha dare tutto quello spazio a Mónica – uno dei pochi personaggi coscienziosi – la quale non fa altro che frenare Denver, impedendogli di fare boiate, o far ragionare il gruppo? A questo punto avremmo voluto un po’ meno Mónica e un po’ più Berlino.
Gli alieni – American Horror Story: Asylum
Degli alieni random avevamo già parlato in questo articolo. La seconda stagione di American Horror Story, intitolata Asylum, introduce un elemento paranormale molto affascinante. Da X-Files, e l’alien-mania tipica dei ruggenti Novanta, siamo in astinenza di trame avvincenti e esaltanti in cui figurino gli omini verdi con le teste appuntite. Eppure, da sputo narrativo, queste creaturine hanno finito per occupare più spazio del dovuto nel secondo capitolo della serie di Ryan Murphy e Brad Falchuk. Il pretesto è ottimo e la conclusione della vicenda è strepitosa (non sveleremo nulla per non fare spoiler), ma nel mezzo c’è un grandissimo “ma anche meno”. La vena creativa che ha già reso la serie antologica un cult, con gli omini extraterrestri ha preso un abbaglio. Giustificato poi in seguito. Nel corso della stagione, infatti, questi si palesano più del dovuto con soluzioni banali e già viste. La trama non sembra avere troppo bisogno della continua presenza degli alieni. Sembra più un capriccio di Murphy che ha voluto infilarli qua e là senza badare troppo al criterio. Gli extraterrestri non sono i protagonisti. Sono solo un buon innesco narrativo, ma la loro eccessiva presenza rischia di confonderci.
The Walking Dead – Dale Horvath
Qualcuno potrebbe obiettare che, ultimamente, The Walking Dead sia diventata un inesorabile minutaggio eccessivo. Come dissentire. Eppure, nelle prime formidabili stagioni, c’è un personaggio che ha aperto bocca più del dovuto. Parliamo dell’uomo con l’inconfondibile cappello da pesca. Nella seconda stagione, Dale Horvath sembrava dovesse togliere Rick dal centro dell’attenzione. Invece… Di sicuro aveva qualcosa di interessante da dire, purtroppo, ha finito per ripetere lo stesso discorso come un orologio a cucù impazzito. Il suo arco narrativo, in verità, non lo abbiamo capito molto. Se nei fumetti il suo personaggio aveva un ruolo chiave, nella serie tv ha dovuto fare i conti con alcune dinamiche incresciose del mondo reale tra attore e produzione. Il risultato è che la sua presenza, come è stata riadattata, non aveva molto senso. L’unica sua funzione è diventata quella di lamentarsi e infastidire sia il gruppo di sopravvissuti che noi spettatori. Il suo primato è stato quello di aver avuto sempre da ridire. Voci di corridoio dicono di averlo visto litigare con un vagante a proposto della quantità di zucchero da mettere sulle ciambelle.
Dana Brody – Homeland
Homeland è una serie eccezionale. Claire Danes è insuperabile, e con essa il resto del cast, Morgan Saylor compresa. La giovane attrice, che ormai si avvicina ai trenta, interpreta la figlia di Nick e Jessica Brody. Le sue paure, le ansie e l’agitazione proprie della prima stagione sono il coronamento familiare perfetto alla situazione che i Brody stanno vivendo. Dana è pur sempre un’adolescente ed è interessante vedere gli effetti delle scelte del padre riversarsi su di lei in un momento così delicato. Eppure la trama secondaria di Dana, a partire dalla seconda stagione, è una nota stonata in una serie strepitosa. Una spy story che ci ha tenuto con il fiato sospeso fino alla fine, ma che non aveva certo bisogno di parentesi in stile teen drama. Una perdita di prezioso screentime che avrebbe potuto essere destinato ad approfondire ben altro. Senza contare che nel corso delle stagioni, Dana ha finito per incarnare diversi cliché dell’adolescente problematico e tormentato. Se la presenza di Brody dopo il primo capitolo è giustificata da uno sviluppo coerente, la continua presenza dei componenti della sua famiglia, compresa la sottotrama adolescenziale di Dana, si è rivelata spesso superflua. Tanto quanto le scene a torso nudo in Riverdale.
Henry Mills (adulto) – Once Upon A Time
Diversi anni dopo la Battaglia Finale, Once Upon a Time ricomincia da capo, regalandoci una settima stagione di cui – forse – non avevamo bisogno. Jared S. Gilmore viene sostituito dalla versione adulta interpretata da Andrew J. West e, sulla falsariga della prima, viviamo una sorta di déjà vu. Potremmo azzardare col dire che la settima stagione sia stata di per sé un minutaggio eccessivo. Da uno score altissimo su Rotten Tomatoes – con la seconda e quinta stagione che mantengono il 100% di gradimento della critica – l’ultima fatica di Edward Kitsis e Adam Horowitz non raggiunge nemmeno la sufficienza. Tutta l’attenzione è dunque per l’adulto Harry, una scelta discutibile se si considera che nel corso della serie molti personaggi interessanti sono stati lasciati indietro immeritatamente. La trama di Harry è povera, debole e del tutto accessoria, sebbene sia quella principale della stagione conclusiva. Avevamo bisogno di un focus su Harry adulto? No. Lo abbiamo visto lo stesso? Certo che sì.
Christy e Billie Jenkins – Streghe (1998)
Qualche tempo fa avevamo cercato di individuare il momento esatto in cui Streghe ha smesso di essere Streghe. L’ingresso inaspettato di Billie e Christy Jenkins, interpretate rispettivamente da Kaley Cuoco e Marnette Patterson, è stato accolto prima con entusiasmo, poi come una scelta tappabuchi del tutto superflua. L’ottava stagione, seppur godibile, è piena di incongruenze e di scelte narrative discutibili. Billie e Christy hanno finito così per cannibalizzare lo screentime dedicato alle sorelle Halliwell dimostrando l’intenzione mascherata di realizzare sotto il nostro naso un passaggio di testimone. Un’operazione a cui non eravamo preparati. Le sorelle Jenkins hanno assunto quindi il dominio della scena, causando una frattura nell’equilibrio dello show. La maggioranza dei fan del fantasy ideato da Constance Burge è unanime nel definire l’entrata in scena delle due sorelle come l’inizio della fine di Streghe. Due nuovi personaggi che funzionano, ma come secondari. Da zero a cento, senza che ce ne accorgessimo, sono diventate invece le figure principali di una stagione che stava affondando.
Ani Achola – 13 Reasons Why
Chi ha visto 13 Reasons Why sa che dopo la prima stagione nulla è stato più come prima. A partire dalla seconda, infatti, il teen drama basato su Thirteen Reasons Why di Jay Asher ha perso progressivamente tutto il suo smalto. Più volte ci siamo chiesti: “alla fine dei conti è stata una buona idea continuare così tanto 13 Reasons Why?” Secondo noi assolutamente no, e i nuovi personaggi hanno più di qualche responsabilità. I personaggi originari – fatta eccezione per Justin e qualcun altro – hanno subito un brusco rallentamento nello sviluppo mentre, per ridare vigore alla narrazione, gli sceneggiatori hanno buttato nel calderone delle new entry. Come, Ani Achola, con la speranza di riuscire a compensare la mancanza di Hannah Baker: il (vero) collante narrativo della storia originaria. Il personaggio di Grace Saif è finito per diventare però un jolly prezzemolino allo scopo di motivare azioni e reazioni compiute dal resto dei personaggi. Ani è così il collante debole di due stagioni debolissime. Per questo molti spettatori l’hanno additata come un personaggio fastidioso poiché compare al solo scopo di unire altre sottotrame, come un deus ex machina interno. Tuttavia nell’economia dello show, oltre a questa ingiusta funzione, Ani non ha un vero sviluppo né un posto preciso. Per questo ogni volta che apre bocca la percepiamo come un personaggio fuori posto, superfluo.
Tom Yates – House of Cards
Il penultimo personaggio di questa lista impietosa è quello interpretato da Paul Sparks all’interno di una serie tv tanto brillante quanto sfortunata. Conosciamo tutti le vicissitudini che hanno causato il declino del primo progetto firmato Netflix e, per non incupirvi, sorvoleremo. Tolte le vicende post Kevin Spacey, vogliamo scovare un altro pelo nell’uovo: Thomas “Tom” Yates. Non credete anche voi che il personaggio si sia trattenuto più del dovuto nella storia? Entrato come lo scrittore avvicinato dal presidente Frank Underwood per scrivere un pezzo sul pensiero filosofico alla base del programma “America Works”, il povero Tom ci ha sedotto, ma ha finito per ricevere più attenzioni di quanto ne meritasse. È vero che nasce per essere un “terzo incomodo”, ma la trovata narrativa si è soffermata su questo aspetto più del necessario. Anche un affascinante spunto alle lunghe può diventare un brufoletto che non vediamo l’ora di scoppiare. Il suo arco narrativo inziale è godurioso, ma avrebbe dovuto concludersi prima per lasciare il segno. Se nelle due stagioni precedenti la sua presenza funziona, Tom è finito per diventare uno dei problemi più grandi della quinta stagione. Perennemente fuori luogo, non ha aggiunto nessun significato alla trama generale, come i pettorali di Riverdale. Se ne stava là, ad annoiarci con i suoi sproloqui monotoni.
Shannon Rutherford – Lost
Terminiamo questa lista dei 10 personaggi delle Serie Tv a cui è stato dato un minutaggio davvero eccessivo con Shannon Rutherford di Lost. Anche in questo caso, se volessimo scovare un pelo nell’uovo nella creatura di J.J. Abrams, dovremmo cercarlo nel trattamento riservato ai personaggi di genere femminile. Evangeline Lilly ha espresso in più di qualche occasione il rammarico per l’evoluzione compiuta dal suo personaggio, Kate. Un trattamento simile che è stato riservato anche a quello interpretato da Maggie Grace. I fan della serie sono pressoché concordi nel definire Shannon un personaggio inutile. Un personaggio facilmente dimenticabile, se non fosse per i livelli di fastidio che ha generato in noi. Un fastidio motivato dall’assenza di una vera ragione che giustifichi la sua presenza all’interno del plot. Più di una volta abbiamo tirato in ballo il misoginismo di Lost che, a partire da Kate, ha impedito di sviluppare i personaggi femminili in chiave più autonoma. Molti di loro, infatti, finiscono per rincorrere uomini in giro sull’isola o combinare casini. Purtroppo la povera Shannon (o i continui torso nudo di Riverdale) sta a Lost come una mosca sta sulla nostra bistecca fumante.
Da Archie di Riverdale a Shannon di Lost, questi erano 10 personaggi che hanno ricevuto un minutaggio eccessivo, superfluo ai fini della storia.
Nulla è superfluo quando concorre ad avvalorare e arricchire una scelta narrativa. Le continue scene a torso nudo in Riverdale oppure la presenza immotivata di certi personaggi che non aggiungono nulla alla trama generale, come Tom Yates, invece rappresentano uno spreco inutile di screentime. Minuti sprecati che scorrono inesorabilmente finendo per annoiarci o infastidirci, e che ci fanno esclamare: ma anche meno!