La serialità della Rai sta attraversando una fase di lenta, costante ed efficace evoluzione. Accontentare il grande pubblico generalista, decisamente più vasto di quello delle piattaforme ed estremamente più vario e stratificato, non è cosa da poco e implica il rispetto di determinati parametri per ottenere il via libera alla produzione di un nuovo prodotto. Un po’ come per l’algoritmo testato in Boris, anche gli autori di serie tv scritte per la Rai devono fare i conti con i gusti e le aspettative del proprio pubblico di riferimento. La Rai negli anni ha decisamente ampliato la propria offerta, virando dal gusto per le soap opera a qualcosa di più complesso, di più spinoso ed elaborato, che potesse intercettare gli appetiti di una platea sempre più esigente e in linea con i tempi. Si tende molto spesso a declassare i prodotti Rai a fiction troppo italiane, ma le proposte degli ultimi anni – da L’amica geniale a Mare fuori, da Doc – Nelle tue mani a Rocco Schiavone – ci parlano di una rinascita orgogliosa e tutt’altro che aleatoria della nostra televisione pubblica. Merito di sceneggiature elaborate, di personaggi sempre più complessi e di interpreti di alto livello che riescono a dare spessore ai ruoli che vengono loro affidati.
Rocco Schiavone è una di quelle serie tv che sono riuscite a gettare un granulo di qualità nel vasto panorama dell’offerta di Rai Fiction.
La serie è ispirata ai libri di Antonio Manzini, attore, sceneggiatore e regista oltre che scrittore. Si tratta di un poliziesco che si innesta nella fortunata scia di gialli ampiamente sperimentata da show come Il Commissario Montalbano, L’ispettore Coliandro, Don Matteo e tante altre dello stesso tenore. Un genere, quello del poliziesco, che il pubblico della Rai sembra sempre apprezzare molto e che non avverte la necessità di apportare grosse novità rispetto a quelli che sono gli standard tradizionali del genere. Rocco Schiavone è l’ennesimo crime investigativo che Rai Fiction ci propina in prima serata. Eppure, la serie tv con Marco Giallini ci tiene ad offrire qualche elemento di freschezza in più e a conservare un certo tratto di originalità. Lo show è sbarcato la prima volta su Rai 2 e quindi non sul primo canale della televisione pubblica. La scelta non è casuale, ma risponde a logiche precise. Logiche secondo le quali i prodotti che finiscono in prima serata su Rai 1 devono rispondere alle esigenze del più ampio pubblico possibile, una platea di spettatori che statisticamente sembra prediligere le storie in cui i personaggi sono ben definiti e nelle quali il messaggio morale da lanciare è piuttosto chiaro e diretto. Don Matteo e Montalbano, tanto per restare in tema di giallo-poliziesco, rispecchiano perfettamente quel prototipo di personaggio: buono, affidabile, onesto, empatico e morale. Rocco Schiavone no – e forse proprio per questo l’attore Marco Giallini ha criticato la recente scelta di spostare la serie sulla prima rete. Il vicequestore romano mandato a svernare ad Aosta è tutto l’opposto del campione dell’etica.
È l’antieroe di cui la fiction Rai aveva un gran bisogno e che Marco Giallini è riuscito a valorizzare in tutte le sue innumerevoli sfaccettature.
Rocco Schiavone è un tipo scontroso, selvatico. Non ama le formalità, detesta le etichette e neppure il proprio lavoro lo elettrizza quanto dovrebbe. È un uomo burbero e diretto, a cui l’esperienza della strada ha tolto il tatto e le buone maniere. Fuma, urla, storce il naso e dice parolacce. È un concentrato di caotico trambusto romano, delle sue infinite contraddizioni. Arrabbiato e disincantato, cinico e sprezzante. Associa le persone a strane specie di animali. Le analizza sezionandone schemi di comportamento e tic nervosi, le osserva a lungo dietro la sua spessa nuvola di fumo, con occhi induriti dalla vita ma non per questo meno circospetti, meno vigili. Gli animali agiscono per istinto, gli uomini pure. Solo che questi ultimi mascherano la propria indole dietro una serie di menzogne che tentano di sviare l’interlocutore. Rocco Schiavone è più pratico di animali che di essere umani. La maggior parte del tempo, la compagnia di altre persone sembra infastidirlo, disturbarlo. È un lupo solitario, il vicequestore Schiavone. Chiuso, taciturno, scostante e forse persino misantropo. Brillante anche, ma di quella brillantezza rozza, senza briglie, difficile da incanalare sulla retta via.
Discreto poliziotto, ottimo investigatore, rompiscatole compulsivo, Rocco Schiavone è davvero l’antieroe borderline che mancava alla televisione pubblica.
Uno che classifica i propri casi secondo una scala di rotture di cogl**ni, che fuma erba tutte le mattine come antidoto alle seccature della routine quotidiana, che ha una maniera tutta sua di interpretare le regole. Indisciplinato e recalcitrante, Schiavone segue il proprio intuito infischiandosene di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ha delle amicizie discutibili, diversi scheletri nell’armadio e un passato che sembra non lasciarlo mai libero di vivere il proprio presente con serenità. Rocco Schiavone è tutto fuorché un uomo sereno. Malinconico, nebbioso, insofferente. La sua è stata una vita condotta al limite, tra conflittualità e instabilità, barcollando sul ciglio, in equilibrio precario. Cupo, pigro, ombroso, triste. Ma pure sensibile e vulnerabile. Le sue lunghe conversazioni con la moglie morta ci mostrano il lato opposto dell’antieroe, il suo volto più tenero e gentile, quello nascosto agli altri, che non deve emergere in superficie. La scorza dura di Rocco Schiavone diventa malleabile se si sanno toccare i tasti giusti. Marco Giallini ha saputo far coesistere le due anime, renderle realmente autentiche. Il personaggio di Rocco Schiavone è uno dei più riusciti di tutta la sua carriera, quello che forse gli calza meglio addosso. Parlata strascicata, voce roca, sguardo duro, sorriso sprezzante: il vicequestore sembra uno di quei personaggi usciti dai fumetti, con la sigaretta tra i denti, l’odore di fumo sulla giacca, le nuvolette d’aria che escono dalla bocca.
Il talento poliedrico di Marco Giallini gli rende facile passare con agilità da un ruolo all’altro restando sempre perfettamente credibile. Ma con Rocco Schiavone l’attore romano ha raggiunto la sua dimensione. La serie prodotta da Rai Fiction è il suo regno e lui ci si muove con dimestichezza e autorità. È un protagonista accentratore, il magnete che riesce ad attrarre l’interesse dello spettatore. Impossibile immaginare uno Schiavone con un volto diverso. Il vicequestore romano uscito dalla penna di Manzini ha ormai irrimediabilmente preso le sembianze di Giallini. L’attore ci ha messo dentro tanto di se stesso, senza forzature e senza particolari tecniche di immedesimazione. È come se in qualche modo le due figure combaciassero, aderissero perfettamente l’una all’altra. Rocco Schiavone funziona perché Giallini ha saputo strapparlo dalle pagine dei libri e dargli forma, consistenza, anima, vita. Il suo è un personaggio romantico, un antieroe burbero dal passato turbolento e dal cuore fondamentalmente buono. Uno di quei personaggi così stratificati che era difficile trovare tra le serie di Rai Fiction e che invece Marco Giallini ha reso credibile fino in fondo. Le quattro stagioni finora andate in onda ci hanno regalato una delle migliori performance dell’attore romano, che presto tornerà nel suo regno, stavolta trasmigrato sulla prima rete.