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Le grandi sigle delle Serie Tv – Romanzo Criminale

romanzo criminale
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L’importanza della cura di una sigla, almeno per quanto riguarda il mondo delle serie tv, è una pratica nata e sviluppatasi soprattutto negli Stati Uniti, per rispondere a una precisa esigenza di fondo, di stampo narrativo: conferire al prodotto in questione un’identità ben precisa, un’identità che andasse oltre la cornice della narrazione, che fungesse da contorno, da presentazione del prodotto; negli anni, poi, la sigla ha ottenuto un ruolo sempre più centrale, perché si tratta di un elemento che sia visivamente che sonoramente è fondamentale per creare un legame diretto tra la serie e lo spettatore. In Italia, dal canto nostro, di musica ce ne intendiamo parecchio: la lunga tradizione delle colonne sonore cinematografiche trova alcuni dei più importanti punti di riferimento proprio nel nostro paese; per quanto riguarda la serialità il discorso è un po’ diverso, ma anche noi, prendendo spunto dal modello americano, abbiamo i nostri pezzi da novanta: un esempio limpido è quello della sigla di Romanzo Criminale, forse la serie tv più importante della storia recente del nostro paese, già nota proprio per la forza della propria colonna sonora in generale. La sigla di Romanzo Criminale, a differenza di quelle che vi abbiamo raccontato fino a oggi, non ha un testo, non si basa su un brano, ma lascia parlare le immagini, accompagnandole con il ritmo incalzante della sigla composta da Stefano Fresi.

In Romanzo Criminale non esiste alcun elemento casuale, tanto che persino nella sigla troviamo un “rimando” alla versione cinematografica diretta da Michele Placido, in cui proprio Stefano Fresi interpretava Il Secco.

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Romanzo Criminale (640×360)

Romanzo Criminale ha avuto un ruolo fondamentale per la serialità italiana, perché ha il merito di aver aperto le porte internazionali all’intera produzione del nostro paese. La serie trova luce in un contesto in cui Sky ha avuto l’intuizione di proporre una storia crime per provare a fidelizzare il pubblico attraverso un nuovo tipo di prodotto: bisogna infatti tenere conto del fatto che, fino a quel momento, l’offerta di Sky non prendeva in considerazione la fiction, se non per l’isolato caso di Quo vadis, baby?; e per affrontare questo tortuoso e incerto percorso, si è deciso di puntare su una delle storie crime più note e apprezzate, ovviamente da un punto di vista narrativo, della storia italiana: Romanzo Criminale è un’opera crossmediale che fino a quel momento aveva già visto luce nel romanzo di Giancarlo De Cataldo in primis, e nel film di Michele Placido poi. Insomma, la storia scelta per questo esperimento era di sicuro promettente: c’era già una struttura di base e c’erano già dei personaggi molto forti, ma la difficoltà principale era proprio quella di rendere autonoma questa “terza versione” di una storia già di successo. Romanzo Criminale – La serie doveva andare oltre la narrazione per funzionare davvero, doveva avere quel qualcosa in più in termini di appetibilità e di fascino, e l’unico modo per far si che questo accadesse era quello di lavorare su ogni minimo dettaglio, senza lasciare niente al caso.

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Scialoja (640×360)

In quegli anni, parliamo in effetti del 2008, un’epoca che oggi sembra appartenere alla preistoria, il gap tra la serialità americana e quella italiana era abissale, non poteva esserci un minimo paragone in materia. Non che nessuno fino a quel momento avesse preso ispirazione proprio dalle serie tv statunitensi, sarebbe ingiusto e fuorviante affermarlo, solo che forse nessuno era ancora riuscito a centrare il punto necessario per fare quel passo verso l’internazionalità. Il modello di più logico e immediato riferimento, per una realtà pay come Sky, è sempre stato quello HBO: minuziosa cura ai dettagli, attenzione allo sviluppo delle complessità di tutti i personaggi e tanti, tantissimi elementi che facessero emergere quella voglia di ritagliarsi uno spazio, un’identità ben precisa e riconoscibile. In questo processo, per quanto riguarda Romanzo Criminale, anche la  cura e la scrittura della sigla hanno avuto un ruolo molto importante: per la sua realizzazione Sky si è presa parecchio tempo, perché il progetto Romanzo Criminale parte proprio con l’idea di non affrettare alcun passaggio, quanto piuttosto di sviscerare ogni possibile opportunità che potessero favorire l’emergere di un’identità forte e specifica, che fino a quel momento in Italia era più unica che rara.

Il lavoro svolto sulla sigla parte dalla ricerca di una matrice che sintetizzasse il concept della serie: il denaro e la fugace materialità delle banconote, in un contorno composto da immagini simboliche tipiche del genere come donne, auto, armi e droga.

Romanzo Criminale (640×360)

Nel concreto, la clip della sigla di Romanzo Criminale mette in ordine tutti questi elementi identificativi, che hanno lo scopo bene preciso di decorare e in qualche modo anticipare la struttura della serie stessa: la sigla si apre con l’elemento portante delle banconote che vengono fatte scorrere in una macchina conta soldi; le sonorità iniziali accompagnano lo spettatore all’interno del frenetico ritmo che contraddistingue la serie in ogni episodio: una delle caratteristiche principali di Romanzo Criminale è infatti la frenesia, la stessa che si vive per le strade di Roma, una città di cui viene raccontato il lato oscuro, una capitale europea che vive e si nutre delle anime che la abitano, che in questo caso sono quelle di una banda di criminali mossa dall’unico obiettivo che riesce a far cominciare e collaborare tutti i suoi interpreti: il potere, che è sinonimo di denaro. Il ritmo si fa via via sempre più incalzante mostrando una serie di elementi “preparativi”, che descrivono i principali particolari dei protagonisti: Dandi indossa i suoi immancabili occhiali da sole a goccia, Patrizia si mette il rossetto e si prepara a una nuova giornata di lavoro, Scialoja invece appare concentrato sul suo obiettivo di fondo, ossia mettere insieme i pezzi e incastrare uno a uno tutti i componenti della banda. C’è poi un momento di calma in cui la tensione si espande e pervade lo spettatore, proprio come in una qualsiasi puntata, per poi ricominciare con lo stesso ritmo frenetico che conduce a una inevitabile conclusione: la sigla di Romanzo Criminale rispecchia il ritmo della serie come se fosse una puntata a sé stante.

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Libanese (640×360)

Cocaina, carte da gioco e corse di cavalli si alternano in un energico tripudio di elementi che provvedono a gonfiare l’ego della stessa serie; una funzione importante della sigla di Romanzo Criminale è proprio quella di accompagnare lo spettatore nella narrazione con la consapevolezza di ciò che sta per vedere: questi deve essere pronto a farsi investire dalla violenta messinscena del potere, ma soprattutto da questa sarà inevitabilmente sedotto e attratto, come del resto tutti i protagonisti della serie. Tramite spezzoni di scene tratte dagli episodi continuano a conoscere gli altri protagonisti, fino a giungere al volto del Libanese, caratterizzato da quello sguardo unico che si prende la prima scena di Romanzo Criminale e che ritroviamo anche nelle battute finali; poi Roma dall’alto, perché nel frattempo potremmo esserci dimenticati di dove ci troviamo, ed è proprio questo il bello: la sigla di Romanzo Criminale prende a piene mani da una lunga tradizione di simbolismi, ma ci ricorda prontamente che tutto ciò che vedremo è ambientato in Italia, a Roma, protagonista assoluta della trama e del suo significato: una città che non vuole capi, indomabile, come lo spirito dei suoi protagonisti, per cui il denaro è il solo mezzo per colmare la sete di potere di cui sono sempre più vittime, episodio dopo episodio.