Ciascun personaggio all’interno delle dinamiche di Romanzo Criminale ha le proprie debolezze, che siano la brama di ricchezza, di amore o di virtù.
Il punto debole del Dandi per esempio è il desiderio di possesso. Lui deve possedere, accumulare potere e cose di vario genere, a partire dalla sua donna. La stessa Patrizia glielo dirà chiaramente: tra noi non c’è mai stato ciò che c’è tra Freddo e Roberta. Il Dandi confonde l’amore con il possesso. Se vuoi che una donna sia tua devi comprarla è il mantra che in un modo o nell’altro si ripete nella vita del Dandi, fino addirittura al matrimonio con Patrizia. In cuor suo è consapevole di non poter ottenere l’amore di Patrizia, per cui si compra il suo corpo fino alla fine dei suoi giorni.
Il Freddo ha un punto debole più fine: lui, nel suo mondo malsano e sbagliato, deve sempre fare la cosa giusta. Tiene insieme la banda anche quando le radici che portarono alla sua nascita sono ormai estinte. E cerca di rinunciare a Roberta per il suo bene, per quanto il suo cuore continui a inseguirla fino alla fine dei propri giorni.
E poi c’è il Libanese, che alla fine dei suoi giorni ci arriva per primo al termine della prima stagione di Romanzo Criminale.
Lo conosciamo nella sua casa modesta, con la sua vita modesta. E fin dal primo episodio risulta assolutamente evidente il legame con la madre. Era un ragazzo disgraziato come tanti, che non essendo nato fortunato ha imparato a costruirsi la propria fortuna con le sue stesse mani. Lo vediamo ragazzino, pronto a proteggere dai soprusi un perfetto estraneo, lo vediamo ragazzo patire le conseguenze di un tradimento ingenuo e inconsapevole. E quella cicatrice, quella ferita è andata molto più a fondo di quanto risulti all’apparenza, e finirà per infettare l’intera esistenza del Libanese.
Era un ragazzo solo e amareggiato costretto dalla vita a un destino difficile e infelice. Era solo e povero, ma non aveva alcuna intenzione di piegarsi alla volontà di un qualche Dio lontano.
Si è costruito la sua famiglia, cogliendo la palla al balzo non appena gli si è presentata l’occasione. Si è costruito la sua ricchezza senza scendere a patti, partendo da una piccola borsa con un modesto armamentario. Tutto è iniziato da un affare con quell’uomo che lo scaraventò nel baratro.
Si mise in ginocchio solo per prendere meglio la spinta.
E all’inizio tutto va come deve andare. La banda di Romanzo Criminale in principio sembrava, nonostante le premesse, più unita che mai. Roma non vuole padroni, e così una banda di pari l’ha unita, l’ha organizzata, e ha finito per impadronirsene.
Ma poi la ricchezza dà alla testa, e ognuno ha la propria vita a cui pensare. Chi la famiglia, chi la donna, chi gli affari. E alla banda non resta che il suo Re. Ma tremano le fondamenta, tremano quelle radici su cui tutto si è costruito. E per scoprire un tradimento ne vengono a galla altri, uno dopo l’altro, e un terremoto colpisce il mondo del Libanese.
La banda per lui era tutto. Per essa si era giocato la famiglia, quella madre per cui avrebbe conquistato il mondo intero, ma per cui non si sarebbe mai accontentato di una vita che poteva andare ma che in fin dei conti non avrebbe mai fatto per lui. Per quella banda lui aveva rinunciato a tutto, e per essa tutto avrebbe fatto. E quella banda l’ha tradito.
E nella cocaina e nella paranoia affoga le sue insicurezze, e si sente sempre più solo, senza più quei fratelli di un tempo. Quando il Freddo gli annuncia il suo ritiro, il Libanese precipita nel mondo che lui stesso si era costruito.
E lui lo vede, e lo sa. Il Terribile torna da lui ad annunciargli la fine. Ritorna quello il cui odio l’aveva guidato. Ritorna la colpa imperdonabile incisa a fuoco nel cuore spezzato del Libano. Quello spettro del passato ritorna a ricordargli di una vita semplice che avrebbe potuto avere, se solo le loro strade non si fossero incrociate. Ritorna a mostrargli che un Giuda si può nascondere ovunque. Ritorna per mostrargli in un sogno che la fine è vicina, e sarà lui a mostrargli la strada da percorrere.
Forse lo sa, forse è proprio in quel momento che comprende il suo errore. Il Freddo ha ragione, ed è giusto che scappi, è giusto che almeno lui si ritagli una vita felice.
E poi c’è il Dandi che è troppo impegnato, troppo lontano, troppo lucido per capire. E gli altri forse non l’hanno mai davvero capito, se non il Bufalo, che per lui c’è sempre stato. Tuttavia anche il Bufalo rimpiange il Libanese di un tempo.
E il Libanese è solo. Non ha donna, non ha famiglia, non ha sua madre.
Pietro Proietti era un ragazzo che aveva bisogno di affetto, di amore, di una famiglia, e probabilmente l’unica sua grande paura era proprio quella di rimanere solo. E come spesso accade sono proprio le paure che più ci tormentano a inseguirci come un’ombra. E poi lo si sa: non appena calano le tenebre le ombre ci raggiungono. Sempre.
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Precipitando nel suo baratro di solitudine, si afferra dove può: con violenza, con rabbia ricerca l’unità laddove tutti si stanno separando, dà un ordine perentorio sancendo l’inevitabile fine. E già c’è chi preannuncia l’elezione del suo successore, è pronto chi complotta alle sue spalle, ma il suo successore no, quello no. Nonostante lui abbia sancito l’inizio e la fine di questa storia, nonostante sia pronto a prenderne il posto e nonostante sia lui inevitabilmente l’eletto predestinato, rifiuta quel posto se ciò significa parcheggiare l’amico di sempre, il fratello che sempre gli avrebbe indicato la via.
Il Libanese è sempre stato un passo avanti a tutti, e rispettando l’antica promessa fa strada ai compagni di una vita, e aspetta quella famiglia per cui avrebbe dato tutto sebbene non ne avesse avuto il tempo.
E con rabbia continua ad afferra ancora una volta quella sua famiglia, quell’amore per cui ha combattuto tutta la vita. E sotto la casa della madre prega che gli venga aperto l’ambito portone. Prega per la comprensione che merita, prega per vedere un’ultima volta lo sguardo amorevole di una madre perduta.