Con gli episodi 1×05 e 1×06 tocchiamo il cuore caldo di Romulus, ci addentriamo nelle profondità dei suoi boschi e proviamo a dare forma alle sue leggende. In un mondo intriso di mito, credenze e racconti lontanissimi nel tempo, iniziano a risuonare dei nomi familiari. C’è innanzitutto un grande elemento di novità, che potevamo leggere solo tra le righe negli episodi precedenti e che invece ora ci si presenta davanti in tutta la sua concretezza: i figli della Lupa. Gli spiriti del bosco, quegli esseri col volto pitturato e dalle strane pellicce, si palesano nella loro materialità. Scopriamo così che quelle strane creature, a metà tra la superstizione e l’onirico, in realtà non sono altro che esseri umani. Nessuna entità incorporea, nessun essere sovrannaturale. Solo uomini in carne e ossa, derelitti costretti ai margini della società.
Ecco che il “diverso” fa capolino anche in Romulus, con delle dinamiche che sono rimaste uguali a distanza di millenni.
È vero che il Lazio era occupato a quei tempi da tante tribù diverse tra loro, ma tutte erano accomunate dall’appartenenza alla stirpe latina. Tant’è vero che, malgrado le differenze, i capi erano riusciti a darsi una sorta di organizzazione politica basata sulla struttura dei Trenta Re, di cui quello di Alba era il capo al comando. I figli della Lupa, invece, sono i diversi. Discendenti degli Osci, una popolazione che viveva più a sud del Lazio, erano emigrati nelle Terre dei Trenta, dove erano stati respinti ed emarginati. Parlano una lingua diversa, adorano divinità diverse, hanno usi e costumi diversi da quelli dei Latini. Nomadi che non sono riusciti a integrarsi, rifiuti della società, reietti: questo sono i figli della Lupa. Che venerano Rumia, una dea che nella tradizione romana diventerà Rumina, la protettrice delle donne allattanti.
Tutto ciò che non si comprende, che non è familiare, spaventa.
Per questo in Romulus la dea Rumia è una divinità spaventosa, malvagia, vendicativa, che mangia il cuore dei suoi nemici. E i suoi figli non sono neanche uomini, ma spiriti che infestano il bosco e catturano prede da sacrificare sul suo altare. Questa serie è una continua perlustrazione dell’ignoto. C’è una vasta area inesplorata dal pensiero razionale, una regione sconosciuta e misteriosa, in cui non si intravedono punti di riferimento, orizzonti conosciuti. Ed è proprio lì, su quella linea sottile che separa il mondo conosciuto dall’ignoto, che Wiros e Yemos vengono catapultati. Credevamo di esserci lasciati alle spalle il bosco nelle ultime due puntate e invece ci ritroviamo invischiati di nuovo in quell’entità astratta e indecifrabile.
Catturati dai figli della Lupa, i due protagonisti vengono risparmiati perché Wiros porta sulla pelle il marchio di quella stirpe. L’incontro col diverso, con ciò che non si conosce, causa sempre delle reazioni in ciascuno dei personaggi, già impegnati nella tormentata ricerca di se stessi. Wiros è niente e perciò può essere tutto. Yemos, invece, doveva essere il re di Alba e non è più nulla. Il loro approccio ai riti e alle tradizioni dei figli della Lupa è differente. Il primo se ne sente in qualche modo affascinato, intravede la possibilità di non essere più uno schiavo ma di trovare finalmente un posto nel mondo. Yemos, al contrario, sta cercando affannosamente di ritrovarsi e diffida di tutto ciò che gli appare lontano, nuovo, sconosciuto.
Tutti i personaggi di Romulus sono come avvolti dalla nebbia, è difficile guardarci dentro.
E mentre nel bosco continua la lotta per la sopravvivenza, nelle città la guerra sta per scoppiare. Amulius marcia alla volta di Gabi, dove intanto re Ertas ha permesso a Numitor e sua figlia di fuggire in un luogo sicuro. Ilia, assetata dal desiderio di vendetta, segue suo padre nella speranza di trovare l’assassino del suo amato Enitos. Mentre i due re cercano di parlamentare, qualcosa va storto: si sguainano le spade, ci si prepara al duello. Ed è a quel punto che Ilia, senza pensarci due volte, colpisce Ertas e gli stacca la testa con un sol colpo, lasciando tutti sgomenti, compreso suo padre. Gabi viene data alle fiamme, Amulius cerca di consolidare il suo potere, ma il suo è un personaggio ormai perso. Tormentato dagli incubi e dal senso di colpa, teme che sua figlia possa scoprire la verità e ucciderlo. Per questo, elimina con l’inganno i suoi uomini più fidati, perché la verità sull’assassino di Enitos non venga mai a galla.
In Ilia non c’è più nulla del fuoco di Vesta.
Solo cieco furore, rabbia, sete di vendetta. Della ragazza innocente che abbiamo conosciuto nei primi episodi di Romulus non è rimasto niente. La trasformazione è compiuta, Ilia è un personaggio che si è perso nell’oscurità, forse definitivamente. E quello che continuiamo a chiederci è cosa farà quando scoprirà che il suo amato Enitos non è stato ucciso da Yemos, ma da suo padre? Lo scoprirà nelle prossime puntate? Amulius sta provando a cancellare tutte le tracce, ma è prevedibile che prima o poi faccia un passo falso.
Intanto a Velia fa ritorno Maccus, uno dei ragazzi che avevano preso parte ai Lupercalia e che è sfuggito per un soffio ai figli di Rumia. Re Spurius, che non crede agli spiriti e alle superstizioni, si mette a capo di un manipolo di soldati per andare a stanare questi figli della Lupa. Per la prima volta, abbiamo una vera e propria battaglia, con i soldati di Velia da una parte e gli uomini del bosco dall’altra. Yemos e Wiros partecipano allo scontro, combattendo l’uno accanto all’altro, con il volto pitturato e il sangue della Lupa che gli scorre sulle guance. Entrambi escono vivi dalla battaglia, ma l’ultima mossa spetta a Spurius, che decide di dar fuoco al bosco.
L’incendio è probabilmente il momento più drammatico di tutta Romulus, fino a questo momento almeno.
Non sappiamo se, quando e come Yemos ne uscirà vivo. Intanto, gli amanti dell’epica e della mitologia avranno senz’altro notato un’immagine dal forte significato metaforico: Wiros riemerge dalle fiamme con la ragazza-oracolo sulle spalle. Arranca, mentre dietro di sé quella che era la casa dei figli di Rumia, brucia. Non rievoca un po’ l’immagine di Enea che fugge da Troia data alle fiamme con il padre Anchise in spalla? Potrebbe essere una semplice casualità, ma tutti sappiamo che secondo la leggenda fu proprio Enea, un esule fuggito da una città distrutta, a dare origine alla stirpe che fondò Roma. Che, proprio in questi episodi, è comparsa per la prima volta. I figli della Lupa ce l’hanno mostrata.