Gotta get up è la cornice indiscussa della serie tv Russian Doll ideata da Natasha Lyonne – che è anche la protagonista della serie – Leasly Headland ed Amy Poehler.
Durante un’intervista a Refinery 29 il supervisore musicale Brien Rose ha affermato che la traccia di Harry Nilsson appartenente all’album Nilsson Schmilsson del 1971 è stata fortemente e volutamente inserita dalla stessa Lyonne perchè considerata una luce guida per lo spettacolo a livello musicale.
É così che la canzone è divenuta fondamentalmente la sigla non ufficiale di Russian Doll.
L’incredibile assonanza che lega Gotta get up e Russian Doll
Avete presente quella canzone che sentiamo ogni volta che Nadia fa fresco dalla morte e si ritrova davanti allo specchio? Quella canzone inconfondibile caratterizzata dalle prime note del pianoforte è proprio Gotta Get Up.
C’è una sorta di attaccamento viscerale tra la canzone di Hanry Nilsson e la stessa Natasha Lyonne. Nilsson soffriva di una malattia congenita al cuore per colpa della quale morì d’infarto il 15 gennaio 1994, e la canzone è una sorta di testamento spirituale dell’artista. Dal canto suo Lyonne ha lottato a lungo per la riconciliazione, cercando di ritrovare una pace interiore da tempo auspicata. È così che la canzone lega, a distanza di anni, un uomo e una donna attraverso un testo che parla di perdono, di amore ma soprattuto di tempo. Un tempo che Nilsson avrebbe voluto e che Lyonne ha meritato.
All – work – no – play routine
Gotta get up, gotta get out gotta get home before the mornin’ comes What if i’m late, gotta big date? gotta get home before the sun comes up...
Il testo di Nilsson racchiude in sé la morale dell’intera serie tv. Noi spettatori, ammettiamolo, rimaniamo attoniti e anche un pò infastiditi davanti a questo continuo loop temporale in cui Nadia e Alan sono intrappolati. Se provassimo a immedesimarci in loro, ci chiederemmo: cosa succederebbe se non riuscissimo ad affrontare il domani perché perennemente intrappolati nel ieri?
Nadia lo sa bene, tant’è che si ritrova costantemente in un bagno che a ben vedere ha tutte le sembianze di un grembo materno. Ogni volta che ci torna, però, la protagonista cambia, è diversa dalla volta precedente. È difficile non notare le battute di Nilsson quando afferma “devo alzarmi, devo uscire, devo tornare a casa prima che arrivi il mattino… prima che sorga il sole…” perché queste battute evocano una certa tortura, sia fisica che mentale, che non solo la nostra Nadia deve affrontare ma la stessa attrice, Natasha Lyonne, ha affrontato realmente.
Ecco quindi che la canzone, mai come in questo caso, fa da medium tra ciò che percepisce la protagonista e l’empatia che proviamo noi con lei, quando la guardiamo morire in tutte le salse ritrovandosi sempre al punto di partenza. Se dico empatia è perché sarà capitato spesso a tutti noi di perdere la retta via sbattendo la testa ripetutamente e ritrovandosi soli, alla fine.
Un giusto bilanciamento tra felicità e devastazione
A un certo punto la canzone fa un chiaro riferimento alla nostalgia dei tempi passati, affermando: ”C’è stato un tempo in cui potevamo ballare fino alle dieci meno un quarto… andavamo avanti, bevevamo e facevamo rock and roll…”.
Queste parole evocano una certa malinconia per i tempi che furono e che non torneranno più, tempi felici in cui si beveva e si ballava spensierati. Nadia arriva alla festa del suo trentaseiesimo compleanno in cui, presa un pò dalla sindrome di Peter Pan (sindrome di chi non accetta la crescita rimanendo eterno bambino) vorrebbe bere, fumare e svagarsi come una teenager, ma dopo un matrimonio fallito alle spalle e mille altri problemi capisce che non è più il tempo di essere bambini, che l’invecchiamento fa parte della vita (“We never thought we’d get older” – “Non avremmo mai pensato che saremmo invecchiati”).
È solo grazie a questa assurda spirale, che si muove come un pendolo tra devastazione nostalgica e felicità ritrovata, che Nadia perdona se stessa per gli errori del passato, perdona sua madre e riesce finalmente a uscire dal grembo materno in cui era intrappolata.