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Samurai Gourmet: molto più che un semplice piatto

Samurai Gourmet
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“Dopo essere andato in pensione, ha perso il titolo d’impiegato e il sostegno della sua azienda. Takeshi Kasumi, 60 anni. Questa storia narra di un normale uomo di 60 anni, che è aiutato da un samurai senza padrone a mangiare liberamente senza essere ostacolato. La fantasia di un buongustaio.

Eccolo qua. L’incipit che immancabile apre ognuna delle dodici puntate da venti minuti del prodotto targato Netflix. Il cuore di “Samurai Gourmet” è racchiuso in questo riassunto didascalico.

Ispirato al manga “Manga-han Nobushi no Gourmet” (漫画版 野武士のグルメ) di Masayuki Qusumi e Shigeru Tsuchiyama, autore del più celebre “Kodoku no Gourmet” (孤独のグルメ), questa Serie Tv vive sulle emozioni di un iconico protagonista. Takeshi Kasumi, raggiunta l’età pensionabile, pare destinato a dover trascorrere le proprie giornate senza uno scopo preciso. Chiedendosi come agirebbe al suo posto un modello di samurai errante, si fa coraggio verso un nuovo inizio, che lo porterà ad entrare in punta di piedi nel mondo della gastronomia.

Dal rāmen al nattō, passando per la cucina italiana, la voce narrante ci conduce a suon di “itadakimasu” (頂きます) alla scoperta dei suoi pensieri, nonché di una rinnovata visione dell’esistenza, il tutto impreziosito dalle irruzioni sulla scena di un burbero samurai.

“Samurai Gourmet” in un trittico: Takeshi Kasumi, il suo alter ego e la gastronomia

Il protagonista è il tipico salaryman giapponese. Timido, a tratti impacciato, Kasumi-san ci fa sorridere dall’alto della sua naturalezza. Il samurai ramingo è invece la rappresentazione ideale di come lui vorrebbe essere, la sua musa. Spavaldo, arrembante, carismatico. A fare da collante la cucina, in ogni sua accezione. Gusto, emozione, storia, tecnica, cultura. Di fatto è il versante gastronomico l’elemento gaudioso dello show. Rispettato e approfondito a dovere, conferisce quel je ne sais quoi che ci trascina nel binge watching.

D’altro canto in Giappone il cibo è un tema che fa tendenza e molti prodotti omaggiano il mondo della ristorazione. “Shokugeki no Soma” (食戟のソーマ) o “Shinya Shokudō” (深夜食堂), per citarne due.

Sotto il profilo tecnico notiamo una regia distante dal taglio cinematografico, più simile alla camera di un live-action. I colori vivaci e saturi ci immergono in uno sfondo dove fa da tappeto una musica che profuma di poesia.

Semplice, genuino e diretto. Già questo basterebbe a farci apprezzare “Samurai Gourmet”. Eppure c’è molto di più dietro alle avventure di questo neo-pensionato.

Un’analisi “oltre le righe”

Samurai

Abbandoniamo gli orientalismi, sorvoliamo sugli stereotipi e lasciamo indietro tutto quello che pensiamo di sapere sul Giappone e i giapponesi.

“Samurai Gourmet” è allo stesso tempo viaggio, ermeneuticatestamento. Un’opera che va letta sdoganati dal punto di vista occidentale. Perché il Giappone non può essere capito, ma semplicemente e candidamente accolto. Ciò che per noi è “straordinario”, da Sapporo alla prefettura di Okinawa, è “consuetudine”. Dove noi vediamo “routine“, loro trovano “formalità”. Quella che ci appare come “malinconia”, non è altro che “consapevolezza”. La “diversità” in realtà dev’essere letta in termini di “unicità”. Piccoli dettagli, ma significative differenze.

Allora cosa vede un giapponese quando guarda “Samurai Gourmet”? Difficile spiegarlo, ma tentiamo, portando la nostra personale esperienza maturata all’ombra della Tokyo Tower.

Passiamo attraverso chiavi di lettura sbocciate in una cultura tanto profonda quanto materialista.

La prima è “nichijō” (日常) e significa “quotidianità”

Si tratta di un format ricorrente in molti prodotti giapponesi. Nucleo della storia è la giornata dei protagonisti, assorti e calati in un mondo dettato dalla forma, convenzionale.

Il giapponese medio è l’ingranaggio di un meccanismo serrato, alimentato da spauracchi sociali quali “mottainai” (もったいない) o “hikikomori” (引きこもり), dove non si conosce il concetto di etica personale e la “libertà” è subordinata al dovere verso il gruppo sociale. Questa è la base di partenza per comprendere il perché il nostro protagonista inizialmente sembri essere “preoccupato” di avere “poco o niente di cui preoccuparsi”, ora che si trova in pensione. L’occhio nipponico identifica l’impegno e le responsabilità come humus per una vita produttiva.

Ecco allora che lo vediamo vagabondare per le strade in cerca di qualcosa, di un nuovo scopo, o per meglio dire un nuovo se stesso. Proprio immaginandosi quale un baldanzoso samurai errante, Takeshi scopre il mondo della cucina, all’insegna di una libertà semplice e rustica, che poco prima rappresentava un miraggio lontano, se non un lusso.

La libertà è la ratio di questa Serie Tv. Libertà di lasciarsi andare a una vera e propria contemplazione del cibo, come mezzo attraverso cui rivelare e comprendere la propria essenza. Ricordarsi di (anzi, imparare a) godersi la vita. Ed ecco che ogni piatto assaggiato, ogni esperienza, ogni ricordo riaffiorato alla memoria va a comporre l’animo di un individuo che piano piano si affaccia ad un nuovo capitolo facente parte del suo percorso umano, una nuova quotidianità, scandita da momenti di simpatia, sorrisi e ilarità.

Ma non è tutto qui, esiste anche “l’altra faccia della medaglia”Ecco allora che “Samurai Gourmet” può essere letto sotto una diversa luce

I giapponesi conoscono un concetto estetico che chiamano “mono no aware” (物の哀れ), concepito come una forte partecipazione emotiva verso la bellezza della natura e della vita umana, più in generale della realtà stessa, da cui ne consegue una sensazione nostalgica causata dell’incessante mutamento.

La voce di Kasumi-san ripercorre scelte, sprazzi di passato e visioni di un presente che può sembrarci incerto, malinconico.

In realtà, come accennato prima, non esiste errore più grande che confondere la malinconia con la consapevolezza.

La vita va consacrata attraverso una sana accettazione. Dall’accettazione del presente sgorga un’illuminata scoperta di se stessi. Prova di questo approccio così marcatamente giapponese è il momento in cui Takeshi assapora un boccale di birra, anche se è “soltanto” ora di pranzo, rendendosi conto di gustarsela come mai fatto prima e pensando “forse perché non sono ancora stanco”. Nello scorrere del tempo risiede l’autentica bellezza, non solo di tendere al futuro, ma anche del poter guardare indietro in tutta l’interezza del cammino compiuto.

Altra parola per descrivere “Samurai Gourmet” è “seiren” (清廉) inteso come onestà, purezza, letteralmente “non corrotto”

Un attributo che calza a pennello per Takeshi, così spontaneo nelle sue insicurezze, così genuino nel chiedersi “se fossi un samurai...”. Il protagonista è una figura gradevole e simpatetica, che ci rende partecipi del suo viaggio interiore in modo intimo e divertente.

Quindi no, “Samurai Gourmet” non è soltanto Takeshi Kasumi, il suo alter ego e la gastronomia. Non sottovalutiamolo. È spirito, vivacità, genuinità, cultura. Il cibo è lo strumento attraverso cui porre in analisi ed esaltare l’esistenza stessa. Una Serie Tv da guardare con disinvoltura, sorridendo, anche davanti ad atteggiamenti che ci sembrano così distanti o grotteschi.

“Samurai Gourmet” è come un buon piatto, che all’occhio sembra simile a molti altri, ma che assaggio dopo assaggio ci conquista il palato e il cuore.

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