“I don’t skate through life David, I walk through life. In really nice shoes” , parole di Alexis (Annie Murphy), la figlia viziata ed egoista della stravagante famiglia Rose di Schitt’s Creek. Dalla magione extra lusso nella quale vivevano i Rose non pattinano fino alla loro nuova vita, ci vengono scaraventati dalle circostanze avverse create dal loro curatore di affari che ha curato sì gli affari ma solo i suoi, nel classico stile prendi i soldi e scappa.
Da una Neverland a un parente disagiato di Stars Hollow, da una residenza, dove un ambiente poteva contenere un campo di calcio e per altezza un villino bifamiliare, a due stanze comunicanti in un Motel. Sicuramente tutti e quattro i componenti dell’ormai disastrata famiglia Rose sono forniti di belle scarpe oltre ai loro vestiti e le parrucche di Moira, le uniche cose non confiscate dalla finanza. Schitt’s Creek è una fucina di ironia con personaggi perfetti senza nessuna esclusione. Il patriarca estremamente paziente Johnny Rose (Eugene Levy) che sottolinea il suo spirito ebraico con le sopracciglia da Groucho Marx, il figlio minore David Rose (Dan Levy, figlio di Johnny-Eugene anche nella vita reale) esteta, snob, pansessuale con virata omosessuale, Alexis Rose (Annie Murphy) una Paris Hilton con un cuore e a chiudere la matriarca Moira Rose (Catherine O’Hara) una Norma Desmond delle soap opera, eternamente sopra le righe. Con l’eccezione di Johnny Rose che non nasce ricco e ha creato il suo impero dopo aver concluso gli studi semplicemente con un buon intuito per gli affari, i membri della famiglia determinano il proprio equilibrio personale e con gli altri dall’agiatezza delle loro vite.
Johnny ha sempre fatto di tutto per la sua famiglia ed era convinto di esserci riuscito, non solo in termini economici ma di relazione, fino al trasferimento a Schitt’s Creek quando scopre tutte le fragilità dei suoi cari. Come per tutte le persone votate alla famiglia che si focalizzano sul proprio lavoro come mezzo per averne cura, Johnny Rose ha perso di vista il vero obiettivo e si ritrova a (ri)conoscere i figli dalla distanza ravvicinata delle piccole stanze di un Motel che richiama il suo nome in quanto proprietario di Schitt’s Creek (Rosebud, non solo un riferimento cinematografico ma anche un gioco di parole con il termine bud, compagno).
Life is what you make it
Dall’osservatorio di Rosebud parte il cammino della famiglia che si distacca ben presto dal cliché “dalle stelle alle stalle” e prende un ritmo equilibrato e credibile sul percorso dei Rose alla scoperta di loro stessi ma soprattutto di loro nei confronti degli altri. All’inizio Roland Schitt (Chris Elliot), il sindaco tuttofare della cittadina, invadente e con discutibili maniere a tavola, è lo spettro della loro caduta. Guardano lui e gli altri abitanti con spocchia considerando la permanenza a Schitt’s Creek come temporanea. Il rapporto di forza è da subito ribaltato. E’ la famiglia Rose ad essere presa in giro perché si trova ad essere un pesce fuor d’acqua in situazioni normali per tutte le persone che vivono di stipendio. La vera forza è nell’esperienza del quotidiano, la vita è ciò che (ne) fai. La temporaneità diventa permanente e l’iniziale ritrosia dei quattro Rose a prendere parte alla vita della comunità si apre alle suggestioni degli abitanti, con risultati altalenanti ed estremamente divertenti ma è iniziato il viaggio del confronto con l’altro. Il mondo non inizia e finisce più con le loro vite ma si estende a quelle di chi gravita intorno.
Con l’intreccio delle loro esistenze con la comunità di Schitt’s Creek si aprono alla loro parte migliore. Moira partecipa al gruppo Jazzagal dove il suo ego di artista viene messo a dura prova. La sua eccentricità la fa amare e arriva anche ad essere eletta nel consiglio comunale prima di essere chiamata nuovamente a recitare in un film. Alexis continua ad avere una vita sentimentale movimentata fino a quando decide di riprendere e portare a termine gli studi, apre uno studio di PR e chiude contemporaneamente il suo opportunismo. Il disconnesso David “conclude” la sua inconcludenza e aprirà un negozio mettendosi in affari con Patrick con il quale inizierà la sua prima vera, lunga relazione che sfocerà in un matrimonio dove l’imprevisto è un invitato speciale. L’affidabile ma con scarso appeal sociale Johnny sfrutterà la sua capacità commerciale per rilanciare il Rosebud Motel e condividerà l’avventura proprio con il sindaco Roland che nel corso del tempo si è rivelato essere un vero amico. Tutto farebbe pensare alla solita storia di redenzione, personaggi egoisti, con scarsa attitudine a considerare gli altri che diventano altruisti ma Schitt’s Creek non è la classica serie con didascaliche lezioni di vita alla fine degli episodi, con la morale servita in piccoli monologhi.
L’ironia, il divertimento, lo sberleffo, restano sempre parte integrante. Un esempio tra tutti. Moira continua a non ricordarsi il secondo nome di Alexis anche alla fine della serie e vuole tornare alla sua vecchia vita anche se il cambiamento in lei è già compiuto. Come in The Good Place che è riuscito a dare il giusto spazio ad autentici miglioramenti personali nei personaggi più improbabili, Schitt’s Creek riesce a dare un arco narrativo e di crescita credibile, efficace per tutti i protagonisti, non solo la famiglia Rose. Ognuno cambia a contatto dell’altro come aveva già affermato a suo tempo Jung, “L’incontro di due personalità è come il contatto di due sostanze chimiche: si produce una reazione tale che entrambe ne saranno trasformate”. Alexis a New York, David che decide di restare, Johnny e Moira di nuovo in California. Nella diaspora la famiglia Rose porterà con se la sua nuova Terra Promessa.
La comunità di Schitt’s Creek continuerà a essere inclusiva ma con più charme, un ultimo lembo di America pronto a offrire la seconda occasione, quella di cui tutti abbiamo bisogno.