Vai al contenuto
Home » Schitt's Creek

E’ arrivata l’ora che anche l’Italia conosca e apprezzi Schitt’s Creek

Ma prima di continuare con la lettura abbiamo entusiasmanti novità da condividere con te. A breve sarà disponibile Hall of Series Plus, il nostro servizio in abbonamento che ti permetterà di accedere a moltissimi contenuti esclusivi e in anteprima.

Inserisci il tuo indirizzo email e clicca su ‘Avvisami’ per essere notificato quando Plus sarà disponibile.

* campo obbligatorio

Il seguente articolo contiene spoiler su Schitt’s Creek.

Nel 2006 Fabio Caressa di fronte all’Intera nazione disse: “Abbiamo sofferto con loro e per loro, abbiamo cantato le loro canzoni, abbiamo visto e amato i loro film, abbiamo mangiato i loro panini, indossato i loro jeans, li abbiamo visti volare a canestro e raggiungere la luna; ma il calcio è un’altra cosa…nel calcio vogliamo comandare noi”. Era un contesto completamente diverso: un piccolo monologo per caricare il pubblico calcistico di fronte a una partita, ma pensiamo rappresenti veramente bene la differenza di vedute e mondi tra noi e gli Stati Uniti. Una differenza dovuta a tantissimi fattori, tra cui domande di mercato e risposte del pubblico lontanissime. Oggi, a circa sedici anni da quel monologo ci siamo fermati a pensare: ma perché da noi Schitt’s Creek non ha avuto successo come in America?

Abbiamo visto e amato i loro film, così come anche le loro serie tv. I progetti statunitensi sono da sempre il prodotto centrale nel commercio sul grande e piccolo schermo e l’Italia ormai si è gettata a capofitto nella fruizione di queste serie tv globalizzate. Siamo diventati fruitori costanti dei prodotti oltreoceano in streaming sul piccolo schermo, facendo crescere il mercato italiano in modo costante e sorprendente. Ci siamo avvicinati al resto del mondo, tant’è che quasi ogni serie che abbia spopolato globalmente è diventata un fenomeno anche da noi nell’ultimo decennio: Breaking Bad, Better Call Saul, Game of Thrones, Stranger Things. Eppure talvolta accade che la barriera culturale si ripresenti in maniera inaspettata e si ponga tra il mercato italiano e un prodotto di successo.

Schitt’s Creek è una di queste eccezioni

Per chi non la conoscesse, Schitt’s Creek è una delle comedy più di successo dell’ultimo decennio in America. Partita come progetto ambizioso della famiglia Levy, ha guadagnato sempre più recensioni positive e pubblico negli Stati Uniti, arrivando a chiudere le premiazioni dopo la sua ultima stagione con quasi ogni statuetta disponibile agli Emmy. Si è dimostrato un prodotto fresco e in grado di svecchiare concetti e situazioni ormai consolidate nella mente del pubblico, riadattandole a un tempo storico non congeniale. La sua grande forza non è stata il moto rivoluzionario che ha portato all’interno dell’industria, ma la capacità fina e intelligente di raccontare al pubblico quello che neanche il pubblico sapeva di volere.

L’idea di base, come detto in precedenza, è tra le più semplici di sempre nella storia della sceneggiatura: prendere un individuo o un nucleo familiare e gettarlo in una situazione completamente estranea alle dinamiche abitudinarie. Sin dalle prime puntate si nota come la trama proceda in una direzione facilmente comprensibile, ma regalando di tanto in tanto allo spettatore una chicca in più rispetto a quanto si pensasse. Che sia quel lato del carattere non così tanto stereotipato come sembrava nei primi minuti del personaggio a schermo, o la frase più aperta al cambiamento di quanto una comedy di trent’anni fa con le stesse dinamiche avrebbe mostrato. In poche parole: in mezzo a tanti episodi tanto nuovi quanto già familiari, ci siamo innamorati di Schitt’s Creek per quei singoli momenti unici nel loro genere.

Le prestazioni attoriali sono supportate da forte amore

Eugene e Dan Levy, perfetti come casting tanto quanto la metà femminile della famiglia, hanno intriso il prodotto di familiarità e sentimenti propri. Le evoluzioni dei rapporti tra genitori e figli, tra sorella e fratello, tra coniugi o tra amici si distaccano sempre di più dalle aspettative mostrando al pubblico scelte e momenti meno poetici e più realistici e comprensibili allo spettatore. Perché se è vero che abbiamo sempre sognato che una storia d’amore o un’amicizia trovi il lieto fine grazie alla grande scena emozionante e strappalacrime, siamo consapevoli di come questi vengano portati avanti da tanti piccoli gesti giornalieri.

Le grandi interpretazioni di Eugene Levy, Dan Levy, Catherine O’Hara e Annie Murphy sono supportate da un’alchimia che i quattro hanno trovato sin da subito creando un nucleo familiare burrascoso, ma mai inverosimile. I quattro personaggi hanno una costante e coerente evoluzione man mano che Schitt’s Creek prosegue con gli episodi, regalando un sottotesto velato e interessante: il carattere di ogni individuo è formato dall’ambiente nel quale vive e da tale ambiente può essere ancora modellato. I cambiamenti della famiglia non sono dovuti al semplice adattarsi pur di andare avanti, ma all’iniziare a percepire come casa quella che un tempo sembrava una punizione. Attraverso una percezione diversa di ciò che sta intorno a loro, anche le reazioni a questo ambiente cambiano e si fanno più naturali e ospitali.

In mezzo a tutti questi pregi, perché non ha avuto successo?

Schitt's Creek

Se ci fosse una risposta sicura, probabilmente chi si è adoperato di adattare e distribuire il prodotto in Italia avrebbe risolto la poca notorietà in terra nostrana. Una spiegazione semplice potrebbe essere il marketing, mai veramente preponderante in Italia per il prodotto, forse per timore che questo non funzionasse da noi, forse per mancanza di fiducia per un prodotto che stava crescendo letteralmente dove nessuno aveva speranze iniziali. La potenza di Schitt’s Creek è arrivata gradualmente e in silenzio, coltivando soluzioni semplici e piccole innovazioni in un terreno già fertile per il grande pubblico americano.

Una risposta diversa e forse più interessante, potrebbe essere legata al mercato italiano e la nostra percezione verso certe tematiche. Per quanto il tasso di vita in Italia non sia uguale in ogni luogo della penisola, la differenza tra una vita di lusso in una metropoli e una vita in un luogo quasi dimenticato da tutti è molto minore rispetto alla stessa situazione riportata negli Stati Uniti. Parliamo di uno dei paesi più vasti e con gli estremi più lontani sotto quasi ogni punto di vista nel mondo, un luogo dove il tutto e il niente sono veramente così opposti da quasi stonare se inseriti nella stessa frase. Schitt’s Creek gioca proprio su questo: sugli estremi che partono come punti così distanti da non poter mai e poi mai convivere, per poi pian piano avvicinarli con un movimento quasi impercettibile fino a vederli sovrapposti.

Un movimento che noi non abbiamo mai notato

Schitt's Creek

Forse troppo distratti dalle serie che facevano più clamore, forse diffidenti di fronte all’ennesima sitcom con una premessa semplice, abbiamo guardato oltre Schitt’s Creek per troppo tempo. Questo deve cambiare e ne abbiamo la possibilità: possiamo ancora una volta dimostrarci di vedute larghe, pronti a comprendere come due culture così diverse possano collidere e collaborare per il bene gli uni degli altri; che si stia parlando della Famiglia Rose e gli abitanti di Schitt’s Creek o il pubblico americano e questa forte produzione nordamericana. È un prodotto di qualità in costante crescita, che si è concluso ricevendo elogi e apprezzamenti sia dalla critica che dal pubblico in modo unanime.

Noi abbiamo voluto invogliarvi ad aprirvi a un nuovo mondo, conoscere nuove persone e pensare che forse nella casa che pensavate già perfetta c’è ancora spazio di manovra e per cambiamenti. Non abbiamo voluto dirvi nulla sulla trama o sul finale in modo da permettervi di essere invogliati ad assistere a Schitt’s Creek senza sapere cosa effettivamente scoprirete pian piano. Un po’ come in un monologo di presentazione: che sia una partita di calcio o una serie tv alla fine non cambia poi così tanto.

LEGGI ANCHE – Schitt’s Creek: il Rosebud Motel sta per essere messo in vendita!