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Scrubs non si è mai sforzata di essere inclusiva

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Se c’è un argomento che negli ultimi anni è stato sulla bocca di tutti, questo è quello del cosiddetto “politicamente corretto“, ossia la presunta tendenza a oscurare tematiche che potrebbero offendere la sensibilità altrui mischiata al tentativo di inserire all’interno di serie tv e film personaggi o attori appartenenti a minoranze anche laddove teoricamente parlando non si dovrebbe. Al di là delle considerazioni personali e alla sensibilità di chiunque è infatti innegabile il fatto che, molto spesso, pur con nobili obiettivi, come quello di favorire la rappresentazione di diverse etnie e categorie all’interno di prodotti mediali, il risultato finale può portare a conseguenze più negative che positive, tra polemiche e lamentele sui social, che si trasformano in sterili chiacchiere da bar. Questo tipo di operazione infatti, molto spesso, invece di favorire l’integrazione, finisce per fomentare ancora più l’odio e l’intolleranza, ottenendo il risultato contrario rispetto a quello che ci si auspicava. Così, per esempio, la scelta di far interpretare il personaggio di Anna Bolena a un’attrice afroamericana ha tolto tutta l’attenzione a una serie con del potenziale; stessa cosa può dirsi del documentario su Cleopatra e molti altri casi simili. Eppure, se facciamo un salto indietro nel tempo, troviamo parecchie serie che si sono dimostrate totalmente inclusive senza nemmeno doversi sforzare di esserlo, già anni e anni fa: tra queste, brilla senz’ombra di dubbio Scrubs.

Scrubs, nota in Italia con il sottotitolo Medici ai primi ferri è stata infatti ai suoi tempi capace come poche altre serie di farci divertire e riflettere grazie a un cast variegato e inclusivo.

Attenzione: allerta spoiler su tutta la serie.

Scrubs
Scrubs e la magica coppia formata da Turk e J.D. (640×360)

Pur essendo stata accusata in alcuni suoi frangenti di essere stata razzista per scene in realtà piuttosto innocue e per questo addirittura censurata sulle piattaforme streaming su cui è stata caricata, la serie comedy ambientata in quel del Sacro Cuore, un ospedale con pochissimi fondi su cui contare, è stata una delle prime serie ad aver raccontato senza alcun pregiudizio la vita di personaggi appartenenti a mondi diversi, dando loro una rappresentazione non stereotipata e lontana da ogni pregiudizio. A dare un contributo fondamentale sotto questo aspetto sono stati principalmente i fantastici interpreti del chirurgo Christopher Turk, più semplicemente noto come Turk, ossia il fantastico Donald Faison, e dell’infermiera Carla Espinosa, Judy Reyes.

Ovviamente non basta la presenza di questi due attori a rendere Scrubs una serie inclusiva: tuttavia, soltanto coloro che hanno visto la serie con grande superficialità potrebbero pensare che essa possa avere in sé un sottotesto razzista. Al di là di alcuni sketch probabilmente invecchiati male, la serie infatti ha sempre dato molta importanza al tema dell’integrazione, dedicando parecchio tempo a raccontare quelli che possono essere i disagi di personaggi che si ritrovano talvolta a doversi scontrare con il razzismo, l’intolleranza, il pregiudizio e gli atteggiamenti ad essi legati. Al centro di tutta la serie troviamo infatti un’amicizia di fondamentale importanza, quella tra J.D. e Turk, un medico e un chirurgo a cui viene data la medesima importanza, in maniera del tutto naturale, senza che sia data eccessiva enfasi, se non per piccole gag e spunti comici, all’importanza di rappresentare una così forte amicizia tra un uomo afroamericano e uno caucasico. Al di là delle etichette, infatti, Turk e J.D, nonostante l’evidente diverso colore della loro pelle, sono amici, anzi, migliori amici, se non vere e proprie anime gemelle e affini: perfino le scene tanto criticate che mostrano esempi di black-face altro non sono che manifestazioni esasperate dell’affetto che lega questi due uomini ed eterni Peter Pan.

Questo perché Turk e Carla non sono mai stati “il personaggio nero” e “il personaggio ispanico” di Scrubs, creati con il solo scopo di occupare la “quota diversità“, ma personaggi ben caratterizzati e con grande tridimensionalità, individui a tutto tondo che, pur rappresentando in parte piccole stereotipie derivanti dal loro background culturale non ne escono mai come versioni caricaturali; stessa cosa può dirsi, per esempio, di Laverne, un personaggio sicuramente con un minutaggio minore rispetto ai sopracitati, ma comunque una delle colonne portanti di tutta la serie.

Zach Braff e Donald Faison (640×360)

Ma l’inclusività non forzata non è data solo dal mostrare personaggi appartenenti a etnie diverse con grande naturalezza e senza insistere troppo sulle differenze.

La stessa Scrubs, d’altra parte, ha riflettuto in più occasioni proprio sul tema dell’inclusività forzata: grande esempio di ciò ci è dato dall’ottavo episodio della prima stagione, intitolato I miei quindici minuti. La puntata, infatti, ruota attorno al delicato tema dello sfruttamento della diversità altrui usata solo con l’ottica del guadagno. In questo episodio, J.D. e Turk salvano un operatore televisivo che ha un malore improvviso di fronte alle telecamere: questo atto eroico porta loro una notevole pubblicità che il dottor Kelso deicide subito di sfruttare convincendo J.D. a dare l’autorizzazione per l’uso della loro immagine per fare pubblicità all’ospedale puntando sulla solidarietà razziale. Kelso crea così una campagna pubblicitaria che mette in risalto l’immagine di Turk come un segnale dell’inclusività dell’ospedale, un’inclusività però fasulla e costruita ad arte, come spesso assistiamo in tv. Turk si sente infatti profondamente offeso dalla campagna, ricordando come sia stato sfruttato anche in passato in maniera simile e minaccia di denunciare la cosa.

Se il Dottor Kelso vuole che io diventi un esempio per la comunità perché sono un bravo dottore, mi va bene, glielo metto anche per iscritto. Ma le cose non stanno affatto così: sono sempre emerso dal mucchio perchè sono nero.

Chris Turk, 1×08

Ma inclusività significa anche non scordare da dove veniamo, le proprie origini e tradizioni, in maniera tale che non siano dimenticate: La stessa Carla, preoccupata che sua figlia possa crescere senza conoscere le proprie origini, che lo stesso Turk si rende conto di non conoscere appieno, come si verifica nella 7×04.

Insomma, anticipando parecchio i tempi, Scrubs ha dimostrato che ci sono tanti modi per essere inclusivi senza risultare ipocriti e senza rischiare ricadere in forzature, ma facendolo a suo modo: con tanta semplicità, leggerezza, ma al contempo da una lucida e acuta prospettiva. Un modo di approcciarsi alla tematica che tanti altri film e serie di oggi dovrebbero imitare.

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