Sono note molto dolci, ma anche estremamente amare quelle della “sad melody”, l’iconica traccia musicale che ha accompagnato per otto stagioni i personaggi della nostra amata Scrubs (qui trovate i 10 momenti più tragici della serie). Sono passati ormai vent’anni dalla sua prima messa in onda e ancora oggi questa triste melodia non smette di farci venire i brividi, di puntare dritto al cuore, di commuoverci e di spingerci a riflettere sulla nostra vita.
Nata forse per caso, tanto da non avere un vero e proprio nome, la “sad melody”, composta da Jan Stevens, fa la sua prima comparsa in uno degli episodi più profondi della prima stagione, parliamo della puntata 1×08, I miei quindici minuti.
Scrubs aveva già avuto modo di frantumarci il cuore in mille pezzi con la straziante 1×04, La mia vecchietta, ma forse non ci eravamo ancora sentiti tanto in sintonia con J.D., Turk ed Elliot come in questo episodio: tutti i protagonisti si ritrovano in una situazione in cui non vorrebbero assolutamente essere messi e per questo sentono un grande disagio.
Elliot viene scaricata con una scusa da Carla e da una sua amica, che fingono che la serata sia stata rimandata per non dover uscire con lei, cosa che la fa rimanere molto male, Turk, dopo aver salvato in diretta televisiva un uomo insieme al migliore amico, viene sfruttato per fare pubblicità all’ospedale in quanto “medico eroe nero”, mentre J.D. si tormenta riguardo al proprio test di valutazione che Cox gli chiede di auto-compilare.
Non sentirsi al posto giusto, non riuscire a capire chi si è veramente, al di là delle etichette, delle considerazioni della gente, dei propri limiti: Scrubs parla direttamente a tutti noi, a chi non ha autostima, a chi si sente condizionato dagli altri, a chi pensa di non valere niente, ma anche a chi tutto questo non sta bene. Così Elliot e J.D. annegano tra le proprie insicurezze, il proprio sentirsi inadeguati rispetto al parere altrui, tanto che il ragazzo, persino nelle sue stesse fantasie, sogna di essere Robin, l’eterno secondo di Batman
Ma il protagonista di Scrubs non sa come rapportarsi con sé stesso, non sa che scrivere su quel dannato foglio, non sa se essere severo o indulgente con se stesso. Ma siamo onesti, chi lo sarebbe?
Così sceglie la via più semplice: si rifiuta di farlo e accusa il proprio mentore di non voler fare il proprio lavoro. In fondo, il dottore deve avere abbastanza tempo se continua imperterrito a vedere la sua soap steso sul divano. Allora il giudizio arriva, spietato, e non è quello che il ragazzo si aspettava.
Che vuoi che ti dica? Che sei fantastico? Che il tuo esempio spinge i tuoi colleghi a migliorare? Ed invece non te lo dirò. Te la cavi e un giorno potresti diventare bravo, ma ora non vedo altro che un tizio talmente preoccupato di quello che gli altri pensano di lui da non avere alcuna fiducia in se stesso.
Dr. Cox 1×08
Perchè se c’è una cosa che abbiamo capito sul Dottor Cox, è che lui non agisce mai a caso, che le sue brusche ma giuste lezioni di vita ti colpiscono dritto in faccia, ma poi ti entrano dentro, dove tutto è più doloroso. Così, insieme a J.D., siamo accecati da un faro accusatorio che ci costringe a confessare a noi stessi di avere avuto torto marcio per tutto il tempo.
Insomma, ti sei almeno chiesto perché ti ho detto di fare da solo la tua valutazione? Volevo che ti fermassi a riflettere su di te e volevo che lo facessi sul serio. In cosa sei bravo, in cosa fai schifo e volevo che lo mettessi per iscritto e non perché io lo vedessi, non perché qualcuno lo vedesse, ma perché tu lo vedessi. Perché non è a me che devi rispondere, non è a Kelso che devi rispondere, non devi rispondere nemmeno ai tuoi pazienti, santo cielo! Devi rispondere solo ad una persona, pivellino, e quella persona sei tu!
Dr. Cox, 1×08
Ed è difficile da accettare, ma è la pura e dura verità. Senza peli sulla lingua Cox ci attacca, ma, anche se nel mentre ci vuole un po’ ferire, lo fa soprattutto per aprirci gli occhi e spingerci a riflettere nel profondo, a capire quali sono davvero le nostre potenzialità, i nostri pregi, i nostri difetti, le nostre fragilità. E la ramanzina arriva non perchè possiamo passare uno stupido test attitudinale, ma per farci interrogare su chi siamo realmente, su cosa ci aspettiamo da noi stessi.
E a noi, come a J.D. non può far altro che spuntare un velo di lacrime sugli occhi, un groppo alla gola che orgogliosamente cerchiamo di ricacciare, mentre dentro di noi ci sentiamo morire per esserci sentiti tanto tronfi e superbi da non aver capito niente fino a ora.
Allora in nostro soccorso arriva la tipica riflessione dolceamara, che tira i fili della puntata, che riassume il senso di tutto quello che abbiamo visto e che ci ricorda che Scrubs non è una comedy come le altre. Così, cullati da una triste e malinconica melodia destinata a imprimersi nelle nostre menti e ad accompagnarci ancora a lungo, rimettiamo insieme le idee e ci rendiamo conto di quanto, a volte, compiamo l’errore di fraintendere, di non immedesimarci negli altri, di dare per scontate certe situazioni .
È buffo quanto le nostre intuizioni possano essere sbagliate. Come quando si cerca il posto fatto per noi e non si capisce che ci si è già. (…) Certo, nel mio caso sapevo esattamente come stavano le cose. E questo non mi piace un granché.
J.D., 1×08
E mentre Elliot grazie al suo buon cuore riceve una gentilezza e finalmente capisce di sentirsi a casa, mentre Turk vince la sua battaglia e continua a voler essere sé stesso piuttosto che accettare di venire strumentalizzato per il colore della sua pelle, J.D. tiene lo sguardo fisso in un punto. Il ragazzo stavolta si perde non in una delle sue buffe e strane fantasie, ma tra i suoi pensieri, triste e deluso da se stesso. Un motivetto triste accompagna il suo dolore, la sua ritrovata autoconsapevolezza, e più cresce di intensità, più si fa strada in noi, si imprime nella testa e ci lascia frastornati.
Ma mentre il giovane riflette fra sé e sé sui propri errori e mancanze, dall’altra parte dell’ospedale un burbero dottore con il cuore d’oro tesse le lodi di un ragazzo promettente, motivato e generoso, uno specializzando davvero eccezionale destinato a grandi cose. E noi sorridiamo. Ci vorranno otto anni e un inganno per far ammettere apertamente a Cox la sua stima per J.D, ma, in fondo, ogni cosa a suo tempo.
Un’altalena continua tra risate a crepapelle, lacrime amare e commozione: Scrubs è questo e altro e sicuramente I miei quindici minuti ce lo ricorda molto bene.
E ora, inclinate la testa verso destra, guardate in alto e sospirate. Pensate a J.D. e nella vostra testa potrete ascoltare una melodia intramontabile, che vi richiamerà alla mente i primi anni duemila, coi suoi pomeriggi passati davanti a MTV, tra risate, pianti e sorrisi. Viaggiate con la mente, chiudete gli occhi e vi ritroverete a canticchiarla malinconicamente sottovoce: lalalalalalalala lalalalalalalala.