Era il 5 luglio 1989 quando Julia Louis-Dreyfus catturava per la prima volta il centro della scena e l’attenzione del pubblico americano. E lo fece indossando i panni di Elaine Benes, uno dei fantastici quattro protagonisti dell’iconica Seinfeld, sitcom NBC andata in onda per nove stagioni dal 1989 al 1998 (se foste curiosi di sapere dove sono finiti gli attori, ne abbiamo parlato proprio qui). Il trampolino di lancio perfetto per un’interprete che, dal Saturday Night Live, sognava di puntare sempre più in alto.
Con la sua vita sentimentale tormentata e i suoi passi di danza strampalati, Elaine (l’ex fidanzata del protagonista di Seinfeld) ha, in qualche modo, fatto la storia della serialità, proponendosi come uno dei personaggi femminili più iconici e anticipando una ricchissima collezione di ruoli in rosa rivoluzionari e al di sopra delle regole. Sì, era bella e molto intelligente, ma ha avuto anche il coraggio di andare oltre l’aspetto fisico, mostrandosi in tutti i suoi difetti e le sue imperfezioni. E proponendo un modello di donna che non si è mai lasciata mettere i piedi in testa da nessuno, che non si è imposta di farsi andare bene tutto solo perché avrebbe dovuto e che non ha inibito il suo comportamento davanti a una società che l’avrebbe voluta leggiadra, delicata e con un fidanzato a cui riservare tutte le sue attenzioni. No, alla copy editor di Manhattan le etichette stavano strette e, a una vita di regole, ha preferito le caramelle, vivere l’amore con leggerezza e una compagnia di amici che non l’ha mai fatta sentire fuori posto. Nonostante fosse, spesso, molto più badass di loro.
Ma non è tutto. Perché, attraverso il suo personaggio in Seinfeld, Julia Louis-Dreyfus ha sdoganato in televisione argomenti spinosi per l’epoca e anticipato battaglie oggi quanto mai attuali.
Dall’aborto alla libera scelta di non avere figli (e far sì che non fosse la maternità a determinare la quota di femminilità o il valore di una persona), passando per il diritto di avere opinioni e convinzioni non negoziabili senza essere vista come una strega dispotica ed egoista. In sostanza, un personaggio che, al di là della fiction, ha saputo trovare il suo posto nella cultura di massa di qualsiasi tempo e di qualsiasi generazione e che ha regalato all’attrice il primo di una lunga serie di Emmy.
La chiusura del cerchio di Seinfeld e la fine di un’era che le aveva dato l’opportunità di dar prova del suo talento non hanno sicuramente fermato la scalata di Julia Louis-Dreyfus. Che, dopo essersi misurata con un nuovo ruolo in Watching Ellie (tentativo, fallito, di reinventare gli schemi della sitcom), è ritornata sulla strada della commedia tradizionale, vestendo i panni di una madre single ne La complicata vita di Christine. Ancora una volta una donna che combatte con le unghie e con i denti per tenersi in piedi da sola, nonostante le intemperie della vita. Ancora una volta un ruolo che ne ha saputo esaltare la bravura, le ha regalato l’ennesimo Emmy e l’ha preparata a una presenza più o meno fissa in Arrested Development, un ruolo da guest in ben tre episodi dei I Simpson e una luccicante stella col suo nome sulla celebre Walk of Fame.
Finendo per catapultarla davanti a quello che, per lei e per la critica, è stato, fino ad ora, il ruolo della vita. A dimostrare come, col giusto equilibrio di preparazione e buone occasioni, l’attore o l’attrice di una serie tv famosa non rimanga automaticamente ancorato a quello che è stato senza possibilità di ritorno, senza la chance di potersi far conoscere in nuove vesti e risultare ugualmente credibile, nel 2012 Julia Louis-Dreyfus inizia la sua corsa in Veep, trasformandosi nell’immaginaria vicepresidente americana Selina Meyer.
Nello stile del cinema verité, lo show segue le avventure e disavventure della politica e del suo disastroso staff, alle prese col tentativo di lasciare un segno. A qualsiasi costo e senza farsi manipolare dagli inganni nascosti nelle stanze del potere.
Pur rimanendo, comunque, nel bacino del genere comico (dal quale non si è mai davvero allontanata, se non per qualche ruolo nel cinema, come in film come Harry a pezzi di Woody Allen e Non dico altro di Nicole Holofcener), Julia Louis-Dreyfus stupisce il pubblico con una performance straordinaria, che strizza l’occhio all’attualità senza mai superare i limiti, che si ricopre di cinismo senza mai sfociare nella critica fine a se stessa. E che, ancora una volta, come in Seinfeld, fa della donna il centro di tutto. Nei suoi pregi e nei suoi difetti. Mostrandola determinata e fastidiosa, dissacrante e assetata di potere al punto di sacrificare anima e valori sull’altare della becera popolarità. Una sorta di Trump in gonnella che ha permesso alla 51enne americana di battere qualsiasi record, accaparrandosi altri 6 Emmy e totalizzando, dagli esordi, più di 20 nomination.
Quella che, professionalmente, sembra essere stata una vita da sogno e il raro, quanto insolito (soprattutto per Hollywood) ritratto del trionfo della meritocrazia, non ha avuto lo stesso riscontro nella sfera privata.
Julia Louis-Dreyfus di ostacoli ne ha dovuti affrontare parecchi, e nemmeno così semplici da metabolizzare. Soprattutto quando i riflettori, costantemente puntati su di te, non ti permettono di affrontare gli step di una battaglia (come quella contro il cancro al seno) e il dolore della perdita senza la necessità di farlo sapere al mondo e di sentire sulla tua pelle lo sguardo di migliaia di occhi. Che ti compatiscono, che indagano, che provano a dare un nome alle tue tristezze.
Utilizzando la risata e la comicità, Julia Louis-Dreyfus non ha soltanto regalato nuova luce a un genere che, troppo spesso, viene accusato di non dire nulla, ma ha consistentemente distrutto il soffitto di cristallo. Spalancando le porte del mondo della commedia alle donne, lottando per intrecci consistenti e per ruoli che non ne censurassero i lati più molesti. Senza più ingabbiarle in stereotipi anacronistici, senza più soffocarne la bellezza sporca della loro normalità.