Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul finale di Seinfeld
Grazie per avermi permesso di prendere parte a un altro finale di serie estremamente deludente.
Julia Louis-Dreyfus, invitata nel 2015 da David Letterman per la puntata conclusiva del suo iconico Late Show, esordiva così. Con una battuta tagliente delle sue e un riferimento chiaro: la puntata che ha chiuso Seinfeld. Ricordata a distanza di quasi vent’anni con un pensiero chiaro, pieno di ironia e un velo di rabbia mai sopito. Una rabbia mai superata dal mondo intero, spiazzato dal sovversivo “The Finale” di una delle migliori sit-com di tutti i tempi. Una sit-com sui generis senza veri padri né veri figli, capace di tirar fuori un ultimo episodio che di “happy” ha avuto ben poco e che si è permesso addirittura di sbattere in prigione i suoi protagonisti.
Seinfeld ha dato così uno schiaffo in faccia a pubblico, fan e persino alla serie, apparentemente. E secondo chiunque o quasi, l’ha fatto sbagliando un po’ tutto. Lo testimonia la battuta della Dreyfus, ma non solo: lo stesso Jerry Seinfeld, co-autore in tandem con Larry David e protagonista nei panni di una caricatura di se stesso, sottolineò nel 2017, con una parziale retromarcia rispetto alle posizioni prese in passato, di avere più di un rimpianto a riguardo. Disse, infatti, di pensare a volte che “non avremmo dovuto neanche farlo”. Jason Alexander, invece, fu altrettanto tiepido ma un po’ più diplomatico: “Un buon episodio, non un grande episodio”.
Insomma, a giudicare dalle reazioni della critica, nella stragrande maggioranza dei casi furente e avvelenata, dei protagonisti e del pubblico (su IMDb ha una valutazione molto bassa, 7.5, nettamente inferiore al considerevole 8.8 ottenuto dalla serie), il finale di Seinfeld è un disastro totale. Una catastrofe degna delle ultime puntate di Game of Thrones o How I Met Your Mother, un atto conclusivo che non rende giustizia alla magnificenza della serie e che meriterebbe d’essere riscritto e rimandato in onda per dimenticare quel che si è visto nel lontano 14 maggio del 1998. Ma è davvero così? Oppure abbiamo a che fare con uno dei finali più geniali e sottovalutati di tutti i tempi? Probabilmente dovremmo prendere in considerazione l’idea che la seconda ipotesi sia sensata. E che sia arrivato il momento di riabilitarlo una volta per tutte.
Una premessa è d’obbligo e non può non condizionare le valutazioni su un episodio del genere: il finale ideale di una grande comedy non esiste, e per le grandi serie tv in generale il discorso cambia solo in parte e in rarissimi casi. Troppe le aspettative da parte del pubblico, troppe le persone da soddisfare, troppo poco lo spazio per chiudere un cerchio lungo svariati anni e centinaia di episodi, specie se in assenza di una trama orizzontale davvero forte. Ognuno ha esigenze diverse, un film differente che scorre nella sua mente, sensazioni divergenti ed emozioni contrastanti. Diversissime, se non addirittura contrapposte a quelle provate dagli autori, con una scelta inevitabile da affrontare: regalare il finale che i fan vogliono e andare (abbastanza) sul sicuro, oppure essere coerenti con se stessi e prendersi dei rischi.
Larry David, d’altronde, è stato chiaro. L’autore del famigerato finale, infatti, non si è mai pentito da averlo scritto in questo modo, arrivando a definirlo nel 2014, non senza un tocco di vanità, “intelligente”. E Jerry Seinfeld, nel corso della stessa intervista riportata poc’anzi, esplicò perfettamente le immani difficoltà nello scrivere il finale di una comedy di successo:
C’era molta pressione su di noi in quel momento per fare un ultimo grande show, ma “grande” è sempre un male nella commedia.
Una pressione immensa che avrebbe portato a prescindere a polemiche e opinioni contrastanti, testimoniata dai numeri monumentali che accompagnarono l’evento: seppure oscurato dalla morte di Frank Sinatra, venuto a mancare poche ore prima delle messa in onda, 76 milioni di americani assistettero davanti alla tv all’ultimo atto di Seinfeld. Fu il terzo finale di una serie tv più visto di tutti i tempi (superato solo da quelli di M*A*S*H e Cheers) e fu accompagnato nelle settimane precedenti da una cortina di mistero creata intorno al cast e un’infinità di teorie e speculazioni su quello che sarebbe successo. Ma i protagonisti finirono in carcere dopo un processo surreale, e questo non piacque al pubblico che si aspettava tutt’altro. In fondo, però, proprio questo è un ottimo motivo per rivalutarlo.
Il motivo è semplice: alla faccia dei tanti che sostengono il contrario da più di vent’anni, il finale di Seinfeld è pienamente coerente con quello che Seinfeld è sempre stata. “Parla del nulla” per la bellezza di 9 anni, 9 stagioni e 180 episodi, non ha di fatto un punto di partenza e un punto d’arrivo, non modifica minimamente lo status quo di personaggi e contesto, i protagonisti fanno delle cose tremende senza imparare in alcun modo dai propri errori, non si evolvono e sono uguali a se stessi dall’inizio alla fine. Non esiste una morale e loro, lucidamente estraniati dal mondo che li circonda con una spiccata aura nichilista, restano sempre quelli che sono, a eccezione del fanciullesco Kramer: delle persone egoiste ed egocentriche con le quali è pressoché impossibile entrare in empatia, da amare follemente proprio per questo.
Il finale non fa altro che chiudere un cerchio mai realmente aperto, riproponendo nell’ultimo minuto la stessa identica conversazione che Jerry e George ebbero nei primi istanti del pilot, dopo essere finiti in carcere per un assurdo scherzo del destino: seppure abbiano combinato di tutto per quasi un decennio, hanno pagato a carissimo prezzo il fatto di non aver fatto niente. Vessati da una legge grottesca, si ritrovano a subire le conseguenze di tutto quello che avevano combinato precedentemente, in un doppio episodio che li porta dalle stelle alle stalle nell’arco di una manciata di minuti. Un doppio episodio volutamente asettico sul piano emotivo, divertentissimo come sempre e abile nel rendere omaggio alla lunghissima serie di personaggi grotteschi comparsi negli anni, dal terribile Soup Nazi all’esilarante boss degli Yankees.
Ma allora perché non è piaciuto? Probabilmente perché è un finale coraggioso, sovversivo, sadico, squisitamente post-moderno e del tutto imprevedibile, seppure coerente con quello che avevamo visto nei 178 episodi precedenti. Geniale nel prendersi gioco di chi avrebbe voluto, per esempio, vedere insieme una buona volta Jerry ed Elaine. Oppure di chi sognava il classico finale struggente tipico della stragrande maggioranza delle comedy arrivate prima e dopo Seinfeld, segnate dall’happy ending e una marea di lacrime. Lo chiarì lo stesso David: “Non ero interessato alla ricerca di una spinta emotiva”. E lo capiamo bene perché Seinfeld è sempre stata così. Una serie tv con un mantra molto deciso: “Nessun abbraccio, nessun insegnamento”. Puro e semplice intrattenimento, tra i migliori che le televisione ci abbia mai regalato.
Insomma, è arrivato il momento di mettere fine una volta per tutte alle controversie. Il finale di Seinfeld non è un finale ideale, ma è il finale che ha sempre meritato. Un finale in cui parlare di telefonate imbarazzanti e bottoni inappropriati, trovando un lato comico anche nei dettagli più insignificanti delle nostre vite. È la degna conclusione di uno dei capitoli più particolari della storia televisiva e anche oggi, a distanza di più di vent’anni, sopravvive ancora nella sua innata capacità di essere avveneristica. Perché la verità è questa: passano gli anni, passano milioni di altre comedy, ma Seinfeld è sempre due passi avanti a tutti. Persino ora è troppo moderna per essere superata e capita fino in fondo.
Quindi mettiamoci il cuore in pace: il finale che sogniamo non sarà mai il finale che andrà in onda, e meno male. Ma in caso contrario non resta che fare due cose: godersi il finale alternativo di Seinfeld nel settimo finale di stagione di Curb Your Enthusiasm, un po’ più canonico. Oppure ricordare le parole dell’autore di un altro finale molto controverso, anch’esso discussissimo ancora oggi dopo tanto tempo. David Chase, showrunner de I Soprano, propose infatti di scambiare il finale del suo capolavoro con quello di Seinfeld, sbattendo Tony in prigione per rimettere Jerry, Elaine, George e Kramer in un posto a loro fin troppo familiare: una tavola calda. Tutti sarebbero stati più soddisfatti, ma due delle serie più originali di tutti i tempi avrebbero dovuto arrendersi alla normalità. Lasciate perdere: i finali ideali non esistono, ma i finali geniali sì. Anche se spesso finiscono con l’essere incompresi.
Antonio Casu