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In un mondo ideale, Sense8 sarebbe diventata una delle venti migliori serie tv di tutti i tempi

Sense8
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Ci sono poche serie tv che hanno creato un livello di connessione tanto viscerale con i propri fan da scatenare una rivoluzione sui social così potente e convincere Netflix a concedere un film finale, dopo una cancellazione davvero ingiusta. Una magra consolazione per un prodotto rivoluzionario ma dolorosamente incompleto. Se solo gli fosse stata data la possibilità, se solo vivessimo in un mondo ideale, sarebbe diventata una delle venti migliori serie mai prodotte di sempre. Perché non si era mai visto qualcosa come Sense8 fino a quel momento. Certo, a primo impatto è lenta, perché deve introdurre gli otto protagonisti, i loro comprimari e le loro trame; così come appare una storia intensa, non per tutti e interpretabile da molteplici punti di vista. Infatti, non è uno di quegli spettacoli che possono essere fruiti distrattamente mentre siamo impegnati nelle nostre attività quotidiane; anzi, per comprenderla, ci viene richiesta una certa dose di attenzione.

Ed è nel momento in cui i protagonisti cantano What’s Up dei 4 Non Blondes che ci siamo innamorati di Sense8; il primo in cui, investiti dalla forza della serie tv, comprendiamo davvero l’intensità del loro legame.

I sensate cantano assieme l’inizio di un viaggio da cui non potranno tornare indietro. E mai lo vorrebbero. Nonostante le loro differenze. Provengono da culture, geografie, classi e situazioni differenti; hanno caratteri quasi agli antipodi. Eppure, la diversità di Will, Riley, Kala, Wolfang, Sun, Capheus, Lito e Nomi non divide, ma unisce e accoglie l’altro così com’è, perché in fondo siamo tutti dei magnifici umani. Già, la profonda, commovente, tenace e fragile umanità. Sense8 ce la mostra in maniera così reale seppur sia un’opera fantascientifica, raccontandola in ogni sua sfumatura: da quella più solare e festosa alla più fragile e oscura. Insomma, da Capheus a Wolfang. Soprattutto, sottolinea la bellezza dell’imperfezione. Gli otto protagonisti saranno eccezionali nel loro talento, ma per il resto sbagliano, mentono, ingannano, fanno quel che possono per sopravvivere.  

Ed è proprio quel loro legame empatico a renderli più forti e in grado di affrontare gli ostacoli, ad arricchirli scoprendo lati della loro identità che non conoscevano. E che non smetteranno mai di scoprire, perché essa si evolve in continuazione assieme a loro, assieme a tutti noi.

Sense8

Soprattutto, è l’amore per gli altri, più di quello che provano per loro stessi, che guida le loro azioni in Sense8. Quello che spinge Riley ad alzarsi e a salvare Will, dopo che lui le ha aperto il suo cuore. Perché, come dice Amanita, non ha senso vivere senza. Perché, citando il Sommo Poeta, è:

“L’amor che move il sole e l’altre stelle”

E viene celebrato in Sense8 in tutti i colori dell’arcobaleno, in ogni orientamento e declinazione, senza censure o giudizi, ma con dolcezza e naturalezza. Perché l’amore non è mai sbagliato, è nello sguardo di chi guarda che si cela l’errore. Abbiamo la fiducia sconfinata tra Nomi e Amanita, la profonda sincerità di Will e Riley, l’essere sé stessi di Kala e Wolfang, il coraggio di Sun e Mun, l’intraprendenza di Capheus e Zakia e l’inetichettabile rapporto tra Lito, Hernando e Daniela. Perché, anche se non è propriamente poliamore, i tre sono nello stesso piano, come una famiglia. Infatti, la serie non si limita solo all’amore romantico, ma ne esplora ogni sua possibile forma e sfumatura. Così, Wolfgang trova in Felix un fratello per la vita; Capheus e Sun amano così tanto la loro madre che sono disposti a tutto per lei e da quel legame attingono forza e coraggio. E tutti trovano nel cluster un’autentica famiglia. Il vero e puro amore.

Ogni personaggio, infatti, si racconta, si mette a nudo di fronte a noi e ci permette di capirlo, attraverso dialoghi che definire poesia è addirittura riduttivo.

Poche volte è capitato di essere così entusiasti delle trame secondarie, forse anche più di quella principale. Basti pensare al bellissimo scambio tra Nomi e Lito al museo Diego Rivera, al discorso a otto voci in cui i sensate si chiedono che cosa può davvero definire la loro persona, alla doppia proposta di matrimonio, al dialogo tra Sun e Kala in cui la prima la spinge a credere nella bellezza della vita nonostante abbia ricevuto solo bastonate da essa. E potremmo davvero continuare all’infinito, perché il copione di Sense8 sarebbe da leggere di tanto in tanto, per ricordarsi il vero significato della parola vivere.

Sense8 ci cala in otto mondi diversi, abbattendo pregiudizi e barriere, affrontando temi delicati e spesso considerati tabù. Un esempio semplice quanto efficace? Le mestruazioni di Sun, i cui sintomi sono sentiti anche da Lito. Per non parlare di tutto ciò che circonda il mondo LGBTQ. E non solo. Infatti, la serie parte dal concetto di diversità di genere, per poi in un certo senso farlo cadere e renderlo, senza banalizzarlo, una delle tante caratteristiche umane, come il colore degli occhi. Si batte per un senso di giustizia a tutto tondo, per innestare il cambiamento che tutti ci meritiamo. Perché i sensate, per quanto distanti da noi (ed è anche interessante osservarne le diverse culture), hanno sperimentato gli stessi nostri sogni, turbamenti e sentimenti. Riusciremo sempre a trovare qualcosa di noi in loro, diventando il poliziotto, lo scassinatore, l’attivista queer, la donna asiatica in carriera o l’autista in quel di Nairobi.

E allora, viviamo in prima persona le loro esperienze: ad esempio, la rivendicazione di sé stessi nel discorso di Capheus e Lito (in un montaggio alternato meraviglioso), lo scavare nell’animo di Riley raccontandoci la sua perdita, la forza di Dani di scegliere la sua famiglia. Oppure l’orgia. O forse dovremmo parlare al plurale. È impossibile non lasciarsi trasportare dalla passione e dalla delicatezza del momento, da quell’intimità e complementarietà che eliminano il pericolo della volgarità. Come l’intera serie, è semplicemente pura arte.

Perché l’arte stessa è amore reso pubblico.

Ma soprattutto Sense8 è libertà. Libertà di essere quello che vogliamo senza degradazioni o umiliazioni; libertà di vivere seguendo il proprio cuore senza essere schiacciati dalle convenzioni o dai doveri sociali; libertà mentale, emotiva, come diritto fondamentale dell’umanità. Il sentirsi semplicemente liberi. Con noi stessi e con gli altri. E da quel momento, da quando abbiamo schiacciato play e ci siamo messi a seguire le avventure dei sensate e dei loro companion, facciamo parte di una grande famiglia in cui ci sentiamo capiti e capiamo gli altri, senza giudizi alcuni. Ed è così attuale, considerando le guerre e le divisioni presenti nel nostro mondo. Sense8 ci ha fatto capire quanto importante sia l’empatia, il coraggio di superare i limiti della società e riscoprire noi stessi nell’altro. Perché sì, esisterà anche un io, ma in fondo siamo tutti un grande noi. E porteremo sempre nel nostro cuore l’insegnamento di una serie tv così unica e speciale, che avrebbe potuto dare ancora tanto, se solo le fosse stato permesso.