Acquisire una gamma di capacità per osmosi. Provate a immaginarlo: ritrovarsi improvvisamente a saper sparare, combattere o hackerare un sistema di sicurezza senza essere mai stati in un poligono di tiro, aver fatto un singolo allenamento o aver assimilato abilità informatiche che vadano oltre quelle di base. Sembra roba da supereroi, no? Eppure a riuscirci non sono personaggi targati Marvel o DC, ma quelli di Sense8, serie di Lana e Lilly Wachowski composta da due stagioni, uno speciale natalizio e un episodio conclusivo di due ore e trenta utile a chiudere l’arco narrativo di una storia bruscamente interrotta dalla cancellazione (che a distanza di anni continuiamo a vivere come un’ingiustizia, perché Sense8 è una serie tv strepitosa per almeno 5 motivi).
Dietro la mirabolante dote che Kala, Wolfgang, Riley, Will, Nomi, Lito, Sun e Capheus scoprono di possedere non ci sono mutazioni genetiche causate dal morso di un ragno o dall’effetto di radiazioni gamma, e non c’entrano nemmeno sieri miracolosi o sangue di natura divina. I Sensate sono legati tra di loro da una particolare connessione che consente di mutuare competenze e conoscenze reciproche, ma non solo. Il ponte che li unisce permette l’interscambio di pensieri ed emozioni. Ebbene sì: ciascuno si trova (letteralmente) nella testa dell’altro. In sostanza, essere membro di un cluster significa essere contemporaneamente se stessi e altre sette persone.
Non sono solo un io: sono anche un noi.
Nomi pronuncia l’iconico motto in rapporto alla sfilata del Pride, ma le sue parole sono una chiara prefigurazione di quello che sarà il legame psicoemotivo tra i Sensate.
La scoperta della connessione risulta sconvolgente e travolge le vite dei protagonisti di Sense8 come un treno in fase di deragliamento. La fase che attraversano all’inizio è simile a quella in cui il supereroe di turno scopre di aver ottenuto dei nuovi, sensazionali poteri e si ritrova a fare i conti con tutto ciò che la cosa comporta. Quando gli effetti del legame si manifestano per la prima volta, i membri del cluster finiscono vittime di una serie di stranezze e assurdità che irrompono senza alcuna spiegazione nella loro routine quotidiana. Sono convinti di star perdendo il lume della ragione e la reazione è più che comprensibile: cosa pensereste voi se delle voci estranee prorompessero tutto a un tratto nella vostra mente?
Come ogni supereroe che si rispetti, i Sensate hanno bisogno di tempo per spiegarsi quello che gli sta accadendo, scenderci a patti e, soprattutto, imparare a dominarlo. All’inizio sono confusi e spaventati, com’è lecito che sia davanti a qualcosa di così fuori dall’ordinario come il legame che li unisce. Quando capiscono come gestirla, scoprono che questa stravagante condizione ha innumerevoli vantaggi da sfruttare. Non parliamo soltanto del sapersela cavare nelle situazioni più disparate, avendo a disposizione tutta una serie di assi nella manica da sfoderare: essere un Sensate significa anche e soprattutto non essere mai soli, nemmeno quando ci sono chilometri e chilometri di distanza a formare un’ipotetica barriera tra te e le persone a cui sei connesso.
Non c’entra la prossimità fisica: quello che Sense8 racconta è una contiguità tra le anime, una simbiosi che non conosce limitazioni spazio-temporali. Essere un Sensate vuol dire che il dolore non è mai troppo pesante da sopportare, la rabbia mai impossibile da tenere a bada, la felicità mai così contenuta da non poter essere spartita. La connessione è utile quando c’è da respingere l’attacco di un nemico o da sventare un pericolo, ma lo è soprattutto quando si tratta di affrontare una difficoltà, di vincere una paura o superare un limite personale. Perché insieme non c’è niente che non si possa fare.
Non saranno i Vendicatori, ma i personaggi di Sense8 formano una squadra altrettanto imbattibile. Non grazie a dei poteri soprannaturali, ma a quell’indistruttibile filo rosso che li tiene legati insieme.
La genesi dei Sensate attraversa passaggi simili a quelli che scandiscono la nascita di un supereroe, ma c’è una grande, sostanziale differenza tra le due figure. Quello del supereroe è un percorso di natura strettamente individuale. Potrà ricevere la collaborazione di amici, alleati o assistenti, ma le imprese che realizza sono pienamente sue e vengono celebrate come tali. Il supereroe è colui che salva gli altri, non che si salva con e grazie agli altri. Al contrario, quello dei Sensate è un cammino di crescita collettiva rispetto al quale l’alterità non è accessoria, ma indispensabile. Se i Sensate sono super, è solo perché sono insieme.