7) Il Primo – “Buffy l’Ammazzavampiri”
Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad un tentativo di rappresentazione di male ontologico.
L’indimenticabile “Male primordiale” dell’universo di Buffy è un’entità che precede ogni concetto, che anticipa ogni forma di esistenza e che, nell’ammissione di tali pretese delle quali “Il Primo” si vanta, stanzia tra le sottili corde dimensionali dell’essere prima ancora della formazione dell’universo. L’entità, originariamente priva di materia, è in grado di manifestarsi assumendo l’aspetto di qualsiasi defunto.
Le sue origini autoreferenziali sono, anche qui, motivo di indagine teoretica che tende ad evidenziare come la mancanza di campo fertile nell’ambito metafisico crei una retorica strumentalizzabile dal male al fine di proclamarsi “Deus Ex” senza tempo e luogo.
8) Genesis – “Preacher”
Non a molti sarà noto questo personaggio, ma “Genesis” incarna un concetto di male religioso banalmente gradevole nella sua affabilità.
Figlio di un angelo ed un demone, risultato promiscuo di concetti in antitesi, progenie di due poteri inversamente illimitati, “Genesis” “evade” dal Paradiso per fondersi con l’anima del Reverendo Jesse Custer, protagonista della serie, il quale assumerà poteri paranormali consistenti nell’imporre il proprio controllo sulle persone.
9) Papa Legba – “American Horror Story Coven”
“Tutti pagano. Tutti soffrono.”
Una delle frasi iconiche di Papa Legba è anche emblematica del suo ruolo, spesso presentato con oniriche e suggestive sequenze visive: controfigura del Caronte dantesco, rappresenta un’entità vodoo che fa da tramite tra il mondo sensibile e quello degli spiriti, con lo scopo di traghettare le anime nel luogo di legittima provenienza.
10) Bob – “I segreti di Twin Peaks”
Il mondo deve a questo personaggio, ed in senso più ampio al Maestro David Lynch, l’acquisita sospensione dell’incredulità che ad oggi ci permette di recepire il grottesco e l’angoscioso con coinvolgimento viscerale.
Bob non ha mai rotto la quarta parete, tuttavia è come se, ad ogni onirica sequenza in cui addentava la scena, catturando in maniera salda il nostro raggio visivo ed oscurando ogni traccia di tonalità di colore visibile attorno a noi, lo facesse ugualmente; pur senza pronunciare parola alcuna.
L’istanza psichica che accomodava i nostri sensi si è trasformata in quella labirintica Loggia nella quale rassegnarsi alla perpetuità del male ossessivo che arresta la calma, gravido di progressivo torpore, ogni qualvolta alla nostra vista abbiamo assistito alla smaniosa risata della più tenebrosa entità della storia televisiva.