Peaky Blinders
Quando il dramma incontra l’ambientazione tipica del primo dopoguerra, la cura ai dettagli è una condizione necessaria che impreziosisce un’opera che punta sulla fedeltà dei costumi e la psicologia dei colori.
Il lavoro stilistico in Peaky Blinders è terribilmente raffinato, spettacolare nella sua capacità di dilazionare un segmento della storia e raffigurarlo quasi fosse al rallentatore.
La Birmingham del ’19 trapunta della povertà che è causa del dopoguerra, costellata di colori che esprimono stati d’animo, giochi di riflessi ed ombre sublimi che sembrano formare un quadro iperrealistico di un’intera epoca storia e la relativa situazione socio-economica.
Stranger Things
Anche con l’ultimo gioiello di Netflix ci troviamo immersi in una cittadina fittizia, stavolta dell’Indiana, nei più recenti ed intramontabili anni ottanta.
L’ambientazione è anche qui minuziosamente curata per essere fedele alle consuetudini iconiche che costellavano quegli anni, dividendosi tra il tributo alla rappresentazione di un’epoca e quello alla celebrazione di miti che sono esplosi negli anni ottanta.
Si passa dal paesaggio boscoso macinato in bicicletta da un protagonista bambino, che da risonanza alle più celebri immagini iconografiche coniate da Steven Spielberg con E.T., alle sequenze di uomini in tuta di decontaminazione tipici degli scenari di Ridley Scott con Alien, finendo al clima fanciullesco che fa da contorno goliardico e richiamo alle situazioni già viste ne I Goonies.