Quando si parla di personalità borderline si intende genericamente un carattere insicuro, spesso aggressivo, egocentrico e connesso ad atteggiamenti come l’autolesionismo e la depressione.
Tuttavia il problema è più complesso: non abbiamo a che fare solo con un tipo di indole, perchè affermare che qualcuno “è borderline” non è come dire che è dolce, scontroso o simpatico… E non si tratta neppure di una moda, sebbene ultimamente sia nato nella nostra cultura un improvviso amore per le menti tormentate e oscure.
La personalità borderline, infatti, può essere innanzitutto un disturbo psichico: “[…] è condizione che genera un significativo livello di instabilità emotiva ed è caratterizzata da una immagine distorta di sé, da sensazioni di inutilità e dall’idea di essere fondamentalmente difettati. Il paziente oscilla rapidamente lungo intensi stati di rabbia, furia, dolore, vergogna, panico, terrore ed un feeling cronico di vuoto e solitudine. Si tratta di individui che si differenziano dagli altri sia per l’elevata impulsività, sia per una intollerabile condizione di dolore ed urgenza. Altra caratteristica è la reattività umorale”
Dobbiamo però specificare che non tutti i sintomi del borderline sopra elencati sono la prova di una patologia, in quanto le sfumature di significato di un atteggiamento possono essere infinite e non è detto che chi si comporta in un certo modo debba per forza essere malato.
Comunque, è sconcertante notare che spesso chi possiede una personalità tormentata presenta anche un forte carisma e un carattere interessante: i personaggi borderline sono tra i più indagati, apprezzati e conosciuti.
Scopriamone qualcuno insieme, curiosando nei meandri dei nostri amati telefilm!
1. Oscurità e ferite superficiali: Violet Harmon (American Horror Story)
Come abbiamo accennato poco sopra, non sempre la patologia da personalità borderline è accertata scientificamente; anche perchè in campo psichiatrico la parola scientifico non è definita e chiara come negli altri campi della medicina…
Sta di fatto che il confine tra un carattere magari un po’ melodrammatico e un vero disturbo mentale può essere parecchio sottile, e Violet ne è la prova: da una parte la sua passione per l’oscurità e l’abitudine di provocarsi dei tagli sulle braccia parrebbero essere un sintomo di quel periodo della vita maledetto che si chiama adolescenza, con una richiesta d’attenzioni indirizzata a una madre troppo concentrata su se stessa e a un padre incredibilmente idiota (per essere uno psichiatra si lascia sfuggire davvero molti lati della personalità della figlia)…
D’altro canto però dobbiamo riconoscere che non tutti gli adolescenti cadono nell‘autolesionismo e si fidanzano con giovanotti che hanno palesemente qualche rotella fuori posto, perciò deve esserci una ragione più profonda nel comportamento della ragazzina. Essa è da ricercare di sicuro nella sorta di follia collettiva che caratterizza l’intera famiglia, poichè gli Harmon avevano perso la testa già prima di andare ad abitare nella casa stregata: la moglie rischia di precipitare in una crisi di nervi praticamente sempre, il marito è un infedele cronico incapace di tenersi addosso i pantaloni, e in tutto questo Violet resta comunque la più equilibrata e l’unica provvista di po’ di cervello.
Verso la fine della stagione si rende conto della pazzia di Tate, così lo lascia per sempre e si prepara a una vita eterna insieme alla madre e al padre (dato che ormai sono diventati degli spettri): beh, magari ha fatto bene a separarsi da un fidanzato problematico come lui… Ma buona fortuna con i genitori!
2. La paura dell’abbandono: Sherlock Holmes (Sherlock)
Evidentemente il nostro detective preferito non condivide tutti gli atteggiamenti tipici del disturbo da personalità borderline: per esempio non ci risulta che abbia mai davvero preso in considerazione il suicidio o l’autolesionismo, e anzi lo vediamo assai deciso a vendere cara la pelle…
Però se consideriamo una gamma di sintomi comprendente l’instabilità emotiva, la difficoltà nel gestire le relazioni interpersonali, l’abuso di sostanze stupefacenti e la presenza di complessi di inferiorità possiamo ben dire che Sherlock meriti appieno di trovarsi in questo elenco!
La sua straordinaria forza d’animo e l’amore per le avventure gli impediscono di cadere in depressione, eppure anche lui alterna scoppi di entusiasmo sfrenato, se vicino a risolvere un enigma insidioso, a momenti di ingiustificata apatia, quando non ci sono più nuovi casi da risolvere e la vita diventa noiosa; non gioisce mai dei propri successi, perchè è sempre alla spasmodica ricerca di altri stimoli.
Che sia impacciato nelle amicizie, inoltre, risulta talmente palese che non è nemmeno il caso di discuterne. Che si droghi è evidente, e per droga possiamo intendere sia gli stupefacenti veri e propri sia il suo lavoro, dal quale è dipendente.
E non ha neppure una grande autostima, sebbene sia conscio di possedere una mente geniale e spesso possa apparire arrogante: sono proprio queste cose a creare in lui la sensazione di essere al di sotto degli altri, poichè l’intelligenza lo rende diverso dalle persone normali, lo estranea dalla società e a volte il fatto di essere una specie di alieno lo fa sentire inadeguato anzichè speciale… L’arroganza, poi, è sempre usata dagli insicuri mascherano il loro disagio, proteggendosi da eventuali attacchi con un comportamento altezzoso.
Ciò che caratterizza maggiormente Sherlock come personalità borderline, tuttavia, è la paura dell’abbandono: sia chiaro, finchè nella sua vita non ci sono amici cui valga la pena di affezionarsi riesce a mantenere un distacco invidiabile da chiunque, e a stare bene da solo; però quando decide di aprirsi con qualcuno, come fa con John, inizia ad aver bisogno di tale persona al punto di desiderare “l’esclusiva”. Basti pensare al modo in cui il matrimonio del socio lo mette silenziosamente in crisi: si presenta alla cerimonia con la stessa rassegnazione con cui affronterebbe una battaglia, e anche se alla fine si mostra felice per l’amore dei due sposi, continua a temere in segreto di essere messo in secondo piano da Watson, ora che lui ha la sua famiglia e la sua casa. Il nostro signor Holmes ha il cuore tenero!
3. Una personalità borderline in potenza: Marie Schrader (Breaking Bad)
Ci ha fatti impazzire, ma forse più per il nervoso che per l’adorazione!
Diciamoci la verità, la sorella di Skyler non è un vulcano di simpatia, anche se nel corso delle varie stagioni abbiamo capito che è essenzialmente una brava donna… A modo suo!
Marie Schrader ha una psicologia particolare, che gli autori della serie accennano spesso ma non approfondiscono, lasciandoci intendere che nella vita vera non tutto ha una risposta definita: non sappiamo molto, per esempio, dei motivi per cui è diventata una cleptomane, e anche il suo rapporto con il marito non è sempre chiaro.
Affermare che sia affetta da borderline forse è eccessivo, però di sicuro ha sintomo preoccupante. Pensiamo al sentimento di velata rivalità che avverte nei confronti della sorella: è palese che le vuole molto bene, eppure a volte si comporta in modo strano con lei; in ogni momento è pronta ad arrabbiarsi esageratamente per qualsiasi litigio, e quando scopre che Walt è lo spacciatore ricercato per tanto tempo da Hank corre da Skyler e le sputa addosso parole assai forti… “Mio marito sta andando ad arrestare il tuo” le comunica.
D’accordo, considerato tutto ciò che Marie ed Hank hanno subito per colpa delle azioni criminali di Walter potrebbe trattarsi di una reazione giustificata, però forse quella frase non è casuale.
Passiamo poi alle sue abitudini cleptomani, che forse non hanno nulla a che vedere con un disturbo da personalità borderline, oppure potrebbero essere un’espressione di tale disagio: Marie soffre evidentemente di complessi di inferiorità, e magari il fatto di rubare è per lei un modo inconscio per mettersi alla prova, per dimostrare di essere abile e capace di appropriarsi dei beni altrui. Le sedute di psicanalisi che comincia a frequentare a un certo punto le ridanno un po’ di autostima, e infatti dopo poco guarisce.
Che ci sia qualcosa che non va in questa donna è ovvio, però tutti noi abbiamo delle zone oscure nella mente, perciò in fondo la sua situazione non è così grave: un normale sostegno psicologico dovrebbe bastarle per tenersi in equilibrio.
4. L’autolesionismo puro: Frank Gallagher (Shameless)
Qual è il modo più efficace per distruggere se stessi?
Tagliarsi, crearsi ferite fisiche di ogni tipo? No, poichè esistono cose peggiori dei mali del corpo.
Drogarsi e alcolizzarsi fino a diventare un relitto umano? Può darsi, e infatti il nostro Frank non disdegna mai una buona dose di veleno. Ma non è abbastanza, visto che di solito le dipendenze patologiche derivano da altri fattori distruttivi anzichè essere la causa scatenante del disagio.
No, la maniera migliore che Frank ha per spezzare se stesso è il tormento psicologico, e soprattutto la privazione di qualsiasi forma di amore. Mi spiego: apparentemente il signor Gallagher può sembrare sia scevro da ogni preoccupazione o patema mentale sia indifferente alla famiglia e ai rapporti personali, ma come saprete tutto ciò non è che la maschera costruita da un uomo patetico (nel senso più pregnante del termine) per nascondere la verità.
Perchè la verità è che Frank non si è mai sentito davvero in grado di provvedere ai figli, di avere una casa e un lavoro come tutte le persone realizzate; è convinto di essere un rifiuto della società, e come tale si comporta. Si odia al punto di cercare quotidianamente di eliminarsi, mettendo a repentaglio la sua salute con stupefacenti e alcol… E quando irrompe nella vita dei familiari causando loro terribili delusioni lo fa innanzitutto per punire se stesso, per dimostrare una volta in più di essere un fallito, uno che rovina sempre ogni cosa.
La peggiore forma di autolesionismo di questo personaggio risiede nell’ostinazione con cui si allontana dalle persone che potrebbe amare e dalle quali sarebbe riamato; il suo problema non è tanto l’incapacità di cambiare, quanto la mancanza di volontà. Perchè sente di non meritare la redenzione, nè la felicità.
5. Una casalinga disperata ad Approdo del Re: Cersei Lannister (Game of Thrones)
Quando trascorri intere giornate ordendo complotti che quasi sicuramente andranno in fumo o ti porteranno un sacco di guai, significa che nella tua testa c’è qualcosa di davvero sbagliato.
Cersei è una donna depressa, frustrata e ossessiva, che continua a ripetere di agire per il bene della famiglia e dei figli ma in realtà cerca solo di tenersi impegnata per non sprofondare nel baratro più cupo.
A dimostrarlo chiaramente sono gli avvenimenti della sesta stagione: innanzitutto Cersei è divenuta vittima dei suoi stessi intrighi, dato che aveva contattato l’Alto Passero per liberarsi dei giovani Tyrell e poi è stata la prima a cadere nella trappola di quei disgustosi fanatici; insieme a lei è affondata anche Margaery, è vero, ma valeva realmente la pena di soffrire così tanto per una guerra tra regine? Se si fosse rassegnata a rinunciare al potere e a stare tranquilla in attesa di diventare nonna, probabilmente non le sarebbe accaduto nulla di male. Ma non ha voluto, perchè sapeva che se si fosse allontanata dalla Fortezza Rossa, se avesse lasciato vagare la mente al di là delle schermaglie di corte, la sua vita sarebbe stata vuota, e lei inutile (e questo è proprio uno dei sintomi principali del disturbo borderline).
Pensiamo poi alla diversa reazione che le due prigioniere hanno manifestato nella medesima situazione: entrambe hanno avuto l’astuzia di fingersi pentite, ma mentre Cersei ha dovuto subire la Walk of Shame, Margaery è arrivata un passo più avanti ed è riuscita a scampare la punizione peggiore. In effetti la ragazza ha avuto il sangue freddo di concertare un piano per tirare se stessa e possibilmente il fratello fuori dai guai, laddove la nostra leonessa è stata capace solo di rinchiudersi nel palazzo a inveire tra i denti e a ripetere a Jaime “siamo Lannister, nessuno può sconfiggerci“.
Magari questa differenza deriva dal fatto che Cersei ha avuto quasi sempre tutto a portata di mano, invece Margaery e la sua famiglia hanno dovuto insinuarsi subdolamente nelle grazie dei reali per conquistarne il posto; forse la bella Tyrell è semplicemente più avvezza a cavarsela senza chiedere aiuto, quando la regina madre è stata abituata fin dall’infanzia ad affidarsi al padre, al gemello e al denaro per ottenere protezione.
… Oppure l’apparente mancanza di mordente di Cersei è da imputare a un animo oppresso, piatto e ormai stanco di lottare.
6. Quando l’insicurezza è frutto degli abusi: Daryl Dixon (The Walking Dead)
Parliamo ora di Daryl, o meglio del Daryl delle prime puntate, quello che non aveva ancora conosciuto l’amicizia di Rick e degli altri.
Un ragazzo violento, impulsivo, emotivamente instabile (quando scopre che il fratello è rimasto ad Atlanta, incatenato su un tetto, passa in una frazione di secondo dalla furia omicida alle lacrime) e dotato di un’autostima talmente bassa da considerare se stesso una specie di appendice di Merle.
Con il passare del tempo e con la lontananza dal fratello maggiore diventerà l’uomo che tutti amiamo.
Ed è a metà della terza stagione, quando il suo percorso di crescita è già cominciato ed è giunto a un punto cruciale, che scopriamo cosa in passato l’ha spezzato, segnandolo per sempre: apprendiamo infatti che non solo la madre morì quando lui era molto piccolo, ma anche che il padre era solito picchiare e maltrattare entrambi i figli… Daryl porta ancora addosso le cicatrici della sua crudeltà.
Unendo i pezzi del puzzle possiamo capire l’origine esatta di tutti i problemi del nostro arciere: la perdita prematura della mamma e la conseguente mancanza del contatto con una figura femminile importante gli hanno conferito quel carattere vagamente infantile che lo rende turbolento come un bambino da tenere a bada; guarda caso sarà in seguito all’incontro con Carol, la madre per eccellenza, che potrà iniziare ad agire e pensare come un adulto.
L’indifferenza del fratello da lui adorato al pari di un dio, che forse gli ha sempre voluto bene ma non gli ha mai regalato attenzioni, gli ha causato i mille complessi di inferiorità che lo tormentano, malgrado cerchi di nasconderli sotto una corazza di falsa sicurezza.
Infine, gli abusi subiti dal padre lo hanno fatto diventare schivo, quasi timoroso di essere toccato… E con ogni probabilità l’hanno reso incapace, almeno per il momento, di instaurare un rapporto fisico con un’altra persona.
Nonostante tutti i progressi fatti nel corso degli episodi, Daryl rimarrà sempre un personaggio borderline, nel significato letterale: egli cammina sulla linea di confine tra bene e male, ordine e anarchia, pietà e vendetta, luce e ombra.
7. Il colore della pelle: Zelena (Once upon a time)
Come sappiamo, la Perfida Strega dell’Ovest era un tempo una bella e dolce fanciulla, divenuta verde a causa di un potentissimo attacco d’invidia.
Il suo viso è diventato di un colore orrendo e la sua anima si è riempita di sentimenti maligni… E il tutto a causa del rifiuto di Tremotino, il quale ha rigettato la richiesta di attenzioni dell’allieva e l’ha allontanata, beffandosi di lei.
Dato che si tratta di una fiaba comprendiamo l’espediente del cambiamento di colore della pelle come metafora per indicare l’invidia che distrugge il cuore, tuttavia è evidente che sotto deve esserci anche dell’altro, poichè in genere le ragazze non si trasformano in mostri “solo” per una delusione affettiva.
La verità è che Zelena vedeva in Tremotino molto più di un insegnante, un padre, un amico o un innamorato: il maestro rappresentava infatti l’identità di lei, il suo vero e unico io. Per anni la fanciulla ha cercato il proprio posto nel mondo, il colore della propria pelle, senza mai trovarlo; soltanto Tremotino è riuscito a dirle chi è sul serio, ovvero una strega dotata di grandi capacità e l’allieva del mago più potente della Foresta Incantata.
Ferendo i suoi sentimenti lui le ha strappato via quel minimo di sicurezza che aveva appena raggiunto, perciò è naturale che Zelena reagisca in maniera spropositata a tale violenza.
Da questo momento in poi il suo aspetto fisico sarà per sempre trasfigurato, così come la sua personalità: diverrà una donna rancorosa, vendicativa e mai davvero soddisfatta di se stessa.
8. La rivincita della psicosi: Ed Nygma (Gotham)
Quando una mente cade nella follia, a chi deve esserne imputata la colpa (se di colpa si può parlare, trattandosi di una malattia…)? Alla mente stessa, che è “guasta“, oppure alle persone e agli eventi che hanno suscitato la pazzia?
Beh, dipende dalle situazioni. Perché se è vero che una patologia nervosa può essere presente in nuce nella psiche da molto prima che venga provocata, è altrettanto vero che l’essere umano ha una resistenza limitata agli stimoli negativi, e che presto o tardi una mente stressata finisce per cedere.
Nel caso del nostro Nygma, diremo i sintomi preoccupanti da lui mostrati fin dall’inizio (propri tanto del borderline quanto di altri disturbi della personalità) e divenuti via via più gravi, sino a sfociare nella follia, sono da imputarsi tanto a un disagio preesistente quanto al trattamento che l’ambiente in cui vive gli ha sempre riservato: che abbia dei modi inquietanti e una tendenza lievemente ossessiva nei confronti della ragazza che gli piace è evidente, e che si senta troppo insicuro per tentare un approccio con lei lo è altrettanto, ma dobbiamo riconoscere che i colleghi e coloro che lo circondano ce la mettono tutta per tirare fuori il suo lato peggiore. Lo disprezzano, lo guardano come se fosse un alieno un po’ schifoso solo perché ha una strana passione per gli enigmi, e lo sottovalutano… Finché egli non ucciderà un poliziotto, ma questo è un altro discorso.
9. L’ossessione per il controllo: Norma Bates (Bates Motel)
Se volessimo addentrarci nei meandri della follia di madre e figlio ne usciremmo più paranoici di Freud stesso, anche perché la sindrome borderline è solo il meno grave dei loro problemi.
No, ci limiteremo a sottolineare uno dei tanti aspetti della psicosi di Norma: come tutte le personalità borderline, la sua è carica di insicurezza; questo paradossalmente la spinge a cercare di avere tutto sotto controllo, compresa la vita di chi le sta accanto. Così facendo si sente meglio, perché percepisce il proprio potere di prevaricazione sugli altri e lo scambia per autostima.
Dato che un marito non si farebbe mai trattare da schiavo (a meno che non fosse un completo smidollato) va da sé che Norma non sarà mai felice con un uomo dotato di carattere, perciò il suo bisogno di comandare si rivolge automaticamente al figlio. Questi da un lato è una parte di lei, è sangue del suo sangue e quindi è l’unico degno di fiducia, e dall’altro è un ragazzino costretto a obbedire alla mamma, il che lo rende facilmente manipolabile.
Norma non sopporta che qualcosa le sfugga di mano. Finché non sarà il caro figliolo a sfuggire al suo controllo, e in un modo piuttosto drastico.
10. I soldi non fanno la salute mentale: Marissa Cooper (The O.C.)
Spendiamo ora qualche parola per la bionda protagonista di The O.C., giusto per sottolineare che i ragazzi affetti da patologie nervose non sono solo quelli cresciuti in condizioni precarie; anzi, parrebbe che l’anoressia, la bulimia, la depressione e non ultima la sindrome da personalità borderline siano assai diffuse tra i giovani di buona famiglia, che “hanno tutto” ma forse sono sottoposti a uno stress maggiore e devono soddisfare aspettative più alte rispetto agli altri.
Quanto a Marissa, la sua indubbia incapacità di attraversare l’adolescenza indenne è dovuta sia a cause serie che a motivi futili: forse il fatto di essere ricca e bellissima e di non aver mai dovuto lottare veramente per ottenere qualcosa provoca in lei una sorta di noia, di insoddisfazione che la porta a essere isterica o a distruggersi solo per avere un po’ di sollievo dalla dorata monotonia cui è abituata.
D’altro canto però non dobbiamo considerarla soltanto un’ochetta viziata, poiché non lo è: al contrario è spesso in grado di mostrare una sensibilità profonda, e non possiamo negare che nella sua famiglia si siano verificati degli episodi tanto gravi da sconvolgere chiunque (pensiamo a che tipo è sua madre…).
La serie si apre con i problemi di autocontrollo di Ryan e per molto tempo tutti pensano che sia lui quello forse più borderline dal punto di vista emotivo e psicologico; però la smentita dagli altri personaggi non tarda ad arrivare, e Marissa è di certo meno palesemente ma più intimamente compromessa del fidanzato.
11. Il mal di vivere: Cassie Ainsworth (Skins)
È bella, dolce, buona e sensibile; Cassie potrebbe conquistare il cuore del più duro tra gli uomini, le basterebbe essere se stessa e smettere di nascondersi nel ruolo di ragazza stramba che le è stato appioppato (o che si è cucita addosso).
Ciononostante in lei è presente una sorta di profondo male di vivere che la porta a manifestare diversi sintomi tipici del disturbo da personalità borderline: depressione, tendenze suicide e autolesioniste e, in parallelo, una grave forma di anoressia.
I problemi di Cassie sono da attribuire per lo più all’ambiente familiare nel quale è costretta, troppo superficiale per la sua sensibilità delicata, e alla consueta crudeltà adolescenziale con cui i compagni di scuola la trattano; tuttavia a rovinarla davvero è la mancanza di autostima, una condizione quanto mai spiacevole che, lo stiamo scoprendo proprio in questo articolo, sembra essere la causa della maggior parte dei disagi delle persone.
La bassa autostima è il motivo principale per cui la ragazza si è ammalata di anoressia: perché, lo rivela lei stessa, rifiutarsi di mangiare fino a svenire è un modo per conquistare una sorta di potere sugli altri… Quando si sente male tutti si agitano, si preoccupano, le regalano attenzioni inusitate. Rischiare la morte per inedia le conferisce l’opportunità di influenzare le azioni e i sentimenti di chi le sta intorno.
Eppure, a giudicare dal finale della seconda stagione di Skins, parrebbe che l’unica vittima di tale potere sia proprio lei: quando Chris ha un collasso e muore in sua presenza, in Cassie scatta uno strano meccanismo di senso di colpa ingiustificato (poiché è evidente che il decesso dell’amico sia stato solo una terribile disgrazia) e di irritazione, come se considerasse la scomparsa di Chris un’offesa personale. Perciò decide di partire all’improvviso, abbandonando tutti i suoi affetti, in una sorta di punizione autoinflitta… O magari di vendetta nei confronti di chissà cosa.
12. L’illusione del giustiziere: Dexter Morgan (Dexter)
Tutti noi conosciamo questo fantastico personaggio, perciò non ci dilungheremo in chiacchiere.
Limitiamoci a fare un paragone tra lui e John Kramer, protagonista della famosa saga cinematografica dell’orrore Saw; a parte l’evidente amore di entrambi per il sadismo, i due hanno in comune la convinzione che uccidere (o torturare) chi secondo loro non merita di vivere sia un atto legittimo: Dexter fa piazza pulita di assassini e criminali vari che le autorità ufficiali non riescono a catturare, mentre l’Enigmista mette alla prova le persone colpevoli di non dare alla vita l’importanza dovuta. Il primo non concede scampo, il secondo sì, ma è complicato.
Questo spirito da giustizieri rende Dexter assai figo e Jigsaw uno dei cattivi più filosofici e poetici del cinema… Però è tutta un’illusione: l’illusione di chi crede di essere dio e di poter giudicare la condotta altrui, senza capire che nessun essere umano potrà mai essere una divinità, poiché nessuno può prevedere le conseguenze delle proprie azioni. Eliminare un pericoloso omicida sembra un gesto utile, ma ciò che per qualcuno è una benedizione potrebbe causare guai infiniti a qualcun altro. Ognuna delle nostre scelte è in grado di turbare l’equilibrio del mondo, e chi non possiede la totalità della conoscenza non dovrebbe proclamarsi difensore di una giustizia più alta.
L’enigmista è un vecchio sconvolto dalla perdita del figlio non ancora nato e dalla notizia di essere prossimo alla morte; Dexter non è che un uomo qualunque, dotato per puro caso di capacità fisiche e mentali più sviluppate rispetto ad altri, che annaspa nell’incertezza come tutti e, di fatto, non sa niente.
E nella sua mente c’è di sicuro qualcosa che non va: non si tratta di bassa autostima, bensì di un sintomo diverso del disturbo borderline… L’eccessiva esaltazione di sé, l’arroganza di ritenersi capace di distinguere il bene dal male in senso assoluto.
13. La fame insaziabile: Dorian Gray (Penny Dreadful)
Dorian è l’emblema dell‘insaziabilità, è colui che ama cose fondamentalmente buone quali la bellezza, il piacere sessuale e la giovinezza al punto di divenirne schiavo: pur di non perdere il vigore di un uomo nel fiore dell’età e la perfezione del suo corpo appena sbocciato è disposto a vendere letteralmente la propria anima al diavolo, e si addentra così in profondità nell’esplorazione delle sensazioni della carne da arrivare a considerare il dolore una forma di piacere.
Uno dei sintomi forse meno noti del disturbo borderline è l’irrequietezza, l’incapacità di trovare pace, la ricerca spasmodica di qualcosa che anziché avvicinarsi sembra sfuggire… Così Dorian trascorre nottate infinite rigirandosi tra le lenzuola con ragazzi e ragazze, solo per giacere in un vuoto piattume la mattina seguente. E si incide la pelle con lame affilate, provocandosi ferite che non gli danno nemmeno la “soddisfazione” di restargli addosso, poiché la maledizione cui è legato lo fa guarire subito.
Alla cara Vanessa (Eva Green) va giusto il merito di aver scosso la sua apatia colma di desideri insaziabili: spezzandogli il cuore gli ha fatto provare un’emozione nuova, riempiendo il suo deserto con un sentimento autentico. Doloroso, ma almeno sincero.