5. Making A Murderer
Parliamo ancora di Netflix. Non solo serie tv sui supereroi, non solo avventure empatiche oppure biografie, non solo teen drama oppure thriller: su Netlix arriva anche la realtà più nuda e cruda. Il genere è il recente true crime (chiamato anche docu-serie), un genere che prende i più famosi casi processuali della storia per analizzarli e per soffermarsi sulla vicenda umana dell’individuo protagonista. Stiamo parlando nello specifico di Making A Murderer, documentario che ripercorre la vita e la vicenda legale di Steven Avery. Steven è un cittadino della contea di Manitowoc, nel Wisconsin. Non è molto integrato con la comunità in cui vive ed ha dei piccoli problemi con la legge, niente di particolarmente grave. Tutto sommato si può dire che sia una persona normale, con una vita normale. Almeno fino al 1985. Una sua concittadina, Penny Beernsten, vittima di una aggressione, identifica Avery come il colpevole e per questo viene condannato a 32 anni di carcere per stupro e tentato omicidio. Steven si dichiara innocente, ma nessuno gli crede e finisce in prigione. Ci rimane 18 anni, fino a quando la sua innocenza viene provata con il DNA. Una volta libero, Steven decide di fare causa al dipartimento dello sceriffo chiedendo 36 milioni di dollari di danni per ciò che ha subito, sia per l’inferno che ha dovuto vivere e sia per la negligenza della polizia nelle indagini sul suo caso. Fino a qui sembra una storia di mala giustizia come tante altre purtroppo, non particolarmente interessante ad essere sinceri. Ma non è finita qui. Dopo 18 anni passati in carcere Steven crede di avere tutto il diritto di sentirsi finalmente libero, ma il fatto è che non sa che l’inferno che ha appena passato è solo l’inizio. Nel novembre 2005 infatti Steven torna dietro le sbarre, questa volta con l’accusa di omicidio di primo grado. Netflix si prende un altro enorme rischio e sceglie di raccontare una storia che trasporti il pubblico all’interno di uno dei casi più disturbanti della cronaca recente. Presentato in anteprima al DOC NY Film Festival, Making A Murderer è la risposta di Netflix alla docu-serie della HBO The Jinx, incentrata sugli ultimi trent’anni del milionario serial killer Robert Durst. A capo di questa ricerca in dieci episodi durata altrettanti dieci anni due registe, Laura Ricciardi e Moira Demos, che in dieci anni hanno seguito l’evolversi pieno di colpi di scena della vita di Avery: un arco temporale che va dal 1985 al 2005 e che è ancora in corso.Supportata ovviamente da materiale reale come filmati della polizia, reperti audio, interviste, scene del processo, Making A Murderer (il cui primo episodio è stato reso disponibile gratuitamente su YouTube), è una serie che diventa anch’essa parte integrante dell’indagine e mette lo spettatore in una condizione tutt’altro che passiva, consegnandogli un prodotto niente affatto inscatolato e pronto per essere fruito, ma una finestra attendibile sul mondo reale, su di un tempo reale, sulla vita di un uomo in continuo bilico tra innocenza e colpevolezza. La struttura ad episodi crea una sensazione di angoscia e scuote qualcosa nella coscienza dello spettatore, andando a colpire uno dei pilastri su cui si basa la nostra società, e cioè la fiducia nel sistema giudiziario. Steven è colpevole oppure è innocente? Al di là dell’esito della vicenda il documentario mostra la realtà di ciò che è successo, prendendo una posizione ben precisa che starà a voi scoprire: la giustizia deve perseguire la verità, e l’arte ha il compito di raccontarla. Making A Murderer è un documentario molto coinvolgente, in un modo quasi doloroso ed andrebbe visto anche solo per la quantità del lavoro che c’è dietro. Senza contare che la qualità complessiva e la natura stessa del prodotto lo rendono una delle produzioni originali migliori offerti da Netflix. Tanto per cambiare.